Lucio Cillis per la Repubblica
PILOTI
I piloti Alitalia sono circa 1.500. E in queste ore ce ne sono 350 pronti a voltare le spalle alla compagnia. Un addio che ha il sapore della fuga per comandanti considerati tra i migliori al mondo.
Una scuola, quella italiana, molto apprezzata ma messa all’angolo dalle ultime vicende della ex compagnia di bandiera: la revisione del contratto dei naviganti che si sta discutendo al tavolo sindacati-azienda potrebbe chiudersi al ribasso. E gli stipendi, che oggi sono già al di sotto della media di compagnie come easyJet, Air Berlin, Etihad o Air Lingus, potrebbero finire schiacciati sotto il peso dell’ennesima crisi. Ecco perché le domande dei piloti inviate ad altri gruppi aerei, in queste ore fioccano.
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Tra loro ci sono fior di professionisti che stanchi di vedere le proprie carriere bloccate da anni, o stufi di lavorare nella vana attesa di un passaggio al grado superiore, sono pronti al grande passo. Anche se a volte il gioco non vale la candela: i colleghi di Iberia, ad esempio, in media guadagnano meno di quelli Alitalia.
In ogni caso oggi circa il 20% di loro sta raccogliendo dati e inviando i curricula in giro per il mondo: un dato non ufficiale ma che trapela nei briefing che si tengono tra colleghi. Che parlano di 200 richieste inviate a Cargolux Italia, colosso mondiale che si occupa di trasporto merci con base anche a Milano Malpensa.
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Altre lettere sarebbero state spedite a Norwegian il cui amministratore delegato nei giorni scorsi ha fatto una “capatina” a Roma proprio per tastare il polso dei piloti italiani, cercando di convincerne il più possibile a passare sotto la livrea bianca, rossa e blu. Ce ne sarebbero circa un centinaio disposti a cambiare divisa subito, visto che la base principale, secondo quanto comunicato nel corso degli incontri, resterebbe nella gran parte di casi proprio nel nostro Paese.
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Altri 50 piloti, in ordine sparso, sono decisi al cambio di compagnia e puntano all’Asia e alla Cina. I motivi di questa fuga, sono principalmente due. Il primo: le crisi cicliche di Alitalia che, caduta in disgrazia nel 2006, non si è più rialzata e oggi rischia il disastro. Il secondo stimolo per dare un taglio al passato bianco, rosso e verde sono i soldi: i concorrenti sono tanti, agguerriti ma non hanno professionisti a sufficienza e scalpitano per invadere Europa o Asia. In questo gruppo non ci sono soltanto compagnie del Nord Europa, come Norwegian, che col suo lungo raggio low cost fa paura alle grandi.
Anche i marchi asiatici e cinesi, in particolare, fanno la fila per accaparrarsi i capitani: in pista ci sarebbero la Hainan e la Tianjin Airlines, per non parlare delle linee aeree del Golfo Emirates, Qatar e della stessa Etihad che da anni fa shopping in casa Alitalia e che ha bisogno per il network di circa 300 persone da mettere subito in cabina di pilotaggio. Sono tutte compagnie pronte a pagare a peso d’oro i piloti. La paga, dunque, è ottima: si va dal 20% in più fino al raddoppio nel caso di Etihad che accanto allo stipendio da 18mila/19mila euro al mese (praticamente netti visto anche il diverso peso fiscale) mette sul piatto anche corposi benefit come l’alloggio e la scuola per i figli.
E quanto incassa un pilota Alitalia? Il contratto in vigore prevede introiti maggiori a fronte di un impegno orario più elevato. Con 80 ore mensili volate – poco meno del massimo consentito dalle norme - si guadagna tra il 50 e il 60% in più rispetto al pilota che vola 50 ore. E quindi si va dai 6.500 euro lordi per un neo-capitano con 65 ore di volo mensili, fino al doppio per una figura simile ma con 24 anni di esperienza alle spalle. Con 80 ore gli incassi salgono rispettivamente a 8.500 e 16.000 euro lordi.
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Cifre nettamente più basse per un pilota “semplice” all’inizio della carriera, che incamera a fine mese (80 ore) da 7.600 a 11mila lordi, se con 24 anni di anzianità. Il confronto con le altre realtà è quindi impietoso: le cinesi sono le più aggressive e cercano figure professionali a metà carriera. Pagano bene, fino a 20mila dollari. Anche più, a volte, di quanto offrano i tre big del Golfo.
Ora Alitalia ha fiutato lo scippo in arrivo dalle concorrenti e ha messo in campo una contromisura per arginare il fenomeno e favorire il ricambio generazionale con stipendi più modesti: la scuola cadetti ha iniziato a sfornare piloti freschi di corso dopo la riapertura del 2015. Le nuove leve cominciano ad affacciarsi in cabina. Abbassando nettamente il costo del lavoro. In questo senso dalla prospettiva di Fiumicino, non tutti i mali vengono per nuocere.
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