Reed Johnson per “Wall Street Journal”
wrestling indigeno
Palmas, Brasile. La destrezza è stata tramandata dagli antenati indiani. Ricardo Waerokrá ha infilzato con una freccia il bersaglio a forma di pesce, a distanza, ma non è soddisfatto perché non ha colpito precisamente la testa. E’ a capo del villaggio dei Xerente e uno dei 2.200 atleti che partecipano ai primi “Wold Indigenous Games”, olimpiadi indigene che dal 23 ottobre al 1° novembre riuniscono le civiltà più antiche e più a rischio di estinzione del pianeta, tra brasiliane, americane, canadesi, neozelandesi, russe, mongoliche, paraguaiane, guatemalteche. Solo la tribù brasiliana Krahô si è rifiutata di partecipare, perché crede che i giochi sfruttino l’identità indigena.
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corsa dei tronchi
A parte il tiro con l’arco, le categorie comprendono tiro della lancia, wrestling, corsa con i tronchi, tiro alla fune, canottaggio, xikunahati (una specie di calcio). L’evento precede i giochi estivi di Rio 2016, ma è a basso costo e non gode della copertura televisiva né di potenti campagne di marketing. Tutti gli atleti ricevono una medaglia, indipendentemente dalla posizione in classifica. Non esistono sponsor né test anti-doping.
Spiegano i fratelli Carlos e Marcos Terena, co-fondatori della Commissione Intertribale brasiliana: «Nei nostri giochi non si elegge il campione indiano, non c’è intento commerciale, non vendiamo nulla. La medaglia è per tutti, e va alla qualità della vita».
Ogni delegazione può mandare un massimo di 50 atleti e sono rappresentati oltre 70 gruppi etnici. L’età minima per partecipare è 16 anni, ma non c’è età massima. Tenendosi in Brasile, ci sarà un sacco di calcio, sia nella versione convenzionale sia nella versione indigena (xikunahati), dove si gioca principalmente con la testa.
Il pubblico entra gratis e, oltre allo sport, sulla grande area verde si terranno simposi e colloqui sui diritti degli indigeni, dieta, nutrizione, alcolismo, prostituzione. Le strutture costruite per ospitare gli atleti sono temporanee e sostenibili, migliaia di alberi vengono piantati per sostituire quelli usati per costruire le canoe. Gli organizzatori pensano che il mondiale indigeno possa tenersi ogni quattro anni, scegliendo la sede a rotazione fra i paesi partecipanti.
Oggi gli indigeni brasiliani sono 900.000, hanno la terra ma non possiedono fiumi, foreste e risorse minerarie, il che li rende poverissimi. Dall’America Latin all’Iran, dal Pakistan all’Africa, gli indigeni vivono gli stessi problemi. Attraverso lo sport le loro tradizioni sopravviveranno, l’amicizia si consoliderà, così come il legame con la terra.