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    COPYRIGHT? COPY-WRONG! - WIKIPEDIA BLOCCA TUTTE LE PAGINE ITALIANE IN PROTESTA CONTRO LA DIRETTIVA SUL DIRITTO D'AUTORE CHE VERRÀ VOTATA IL 5 LUGLIO DAL PARLAMENTO EUROPEO. E IL GRILLINO VITO CRIMI (COME IL RESTO DEL M5S) SI SCHIERA CON L'ENCICLOPEDIA: ''UN BAVAGLIO ALLA LIBERTÀ DELLA RETE'' - PARLA UN PROFESSORE DEL POLITECNICO DI MILANO CHE HA FIRMATO UNA LETTERA CONTRO LA DIRETTIVA: ''DANNEGGIA TUTTI, SOPRATTUTTO STARTUP, LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE E CITTADINI''


     
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    Vito Crimi

    @vitocrimi

    Pieno sostegno alla comunità italiana di #Wikipedia, la più grande enciclopedia online libera e gratuita, che ha deciso di oscurare le sue pagine internet per protesta contro la direttiva europea sul copyright. Un vero e proprio bavaglio alla libertà della Rete. #SaveYourInternet

     

     

    1. COPYRIGHT: WIKIPEDIA ITALIA SI BLOCCA CONTRO DIRETTIVA UE

     (ANSA) - Wikipedia Italia si blocca per protestare contro la direttiva sul copyright che verrà votata il prossimo 5 luglio dal Parlamento europeo in seduta plenaria. "Se promulgata, limiterà significativamente la libertà di Internet - si legge sul sito italiano -. Anziché aggiornare le leggi sul diritto d'autore in Europa per promuovere la partecipazione di tutti alla società dell'informazione, essa minaccia la libertà online e crea ostacoli all'accesso alla Rete imponendo nuove barriere, filtri e restrizioni.

     

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    Se la proposta fosse approvata, potrebbe essere impossibile condividere un articolo di giornale sui social network o trovarlo su un motore di ricerca. Wikipedia stessa rischierebbe di chiudere". Proprio ieri la popolare enciclopedia online si era attivata con un banner per difendere la libertà di espressione sul web.

     

    "La comunità italiana di Wikipedia - si legge sul sito - ha deciso di oscurare tutte le pagine dell'enciclopedia. Vogliamo poter continuare a offrire un'enciclopedia libera, aperta, collaborativa e con contenuti verificabili. Chiediamo perciò a tutti i deputati del Parlamento europeo di respingere l'attuale testo della direttiva e di riaprire la discussione vagliando le tante proposte delle associazioni Wikimedia, a partire dall'abolizione degli artt. 11 e 13, nonché l'estensione della libertà di panorama a tutta l'UE e la protezione del pubblico dominio".

     

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    La direttiva Ue - spiega ancora Wikipedia - ha già incontrato la ferma disapprovazione di oltre 70 studiosi informatici, tra i quali il creatore del web Tim Berners-Lee (qui), 169 accademici (qui), 145 organizzazioni operanti nei campi dei diritti umani, libertà di stampa, ricerca scientifica e industria informatica e di Wikimedia Foundation. Già ieri, con un banner presente su ogni pagina dell'enciclopedia libera, la comunità di Wikipedia aveva preso posizione in modo netto in difesa di una Rete aperta e contro la proposta di nuova direttiva UE sul copyright. La decisione è stata assunta dai volontari attivi sui wiki per sensibilizzare i deputati del Parlamento europeo in vista del voto del 5 luglio a Strasburgo.

     

     

    1. LA RIFORMA UE DEL COPYRIGHT? DANNEGGERÀ LE START UP. PARLA IL PROF. ZANERO (POLITECNICO MILANO)

    Michele Arnese per www.startmag.it

     

    “Chi ci perde? Le startup, le piccole e medie imprese europee e i cittadini. Tutti coloro che (teoricamente!) dovrebbero essere rappresentati dal Parlamento Europeo”.

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    Parola di Stefano Zanero, professore associato del dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria al Politecnico di Milano.

     

    Zanero è l’unico italiano fra i 70 esperti di Internet che hanno firmato una lettera aperta al presidente del Parlamento dell’Unione europea Antonio Tajani: si «compie – scrivono i 70 esperti e accademici – un passo senza precedenti verso la trasformazione di Internet da piattaforma aperta per condividere e innovare a strumento per la sorveglianza e il controllo automatico degli utenti».

     

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    Professore, come è nato l’appello? E perché l’ha firmato?

    L’appello è stato scritto da vari autori sotto l’egida della EFF (la Electronic Frontier Foundation, benemerita associazione statunitense che si occupa di difendere le libertà digitali). Condividendo lo spirito ed ogni parola della lettera aperta, ho deciso di sottoscriverla quando gli amici della EFF me l’hanno chiesto.

     

    Quindi non è necessaria una riforma del diritto d’autore?

    La questione che la lettera affronta non è il diritto d’autore in sé (su cui potremmo disquisire a lungo). Anzi, la lettera inizia mettendo subito in chiaro che in quanto creatori ed autori di software e altri contenuti protetti dal diritto d’autore, siamo sensibili alla tematica.

     

    Allora che cosa contestate?

    Ciò che contestiamo radicalmente sono due dei metodi che sono stati inseriti in questa specifica riforma, in quanto insensati e pericolosi.

     

    Veniamo ai 2 articoli più rilevanti. L’articolo 11, “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale”, prevede l’introduzione di una link tax, ossia una tassa sui link, dicono i critici. I diritti di copyright verrebbero estesi così agli snippet, ossia le anteprime degli articoli composte da titolo, immagine e sommario create automaticamente dai social network e dagli aggregatori di notizie quando pubblicano un link. E’ davvero un beneficio per gli editori?

     

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    Partiamo dal presupposto che il concetto di “link” è alla base del funzionamento del web, che è poi l’unica parte di Internet che molte persone conoscono. Questo articolo va incontro a una posizione spesso esposta dagli editori di giornali che è da un lato pericolosa (perché i meccanismi di riscossione renderanno complicato l’uso dei link nei propri contenuti, a meno che essi vengano pubblicati su grandi piattaforme che gestiscono direttamente questo “costo”), e dall’altro assurdamente controproducente: gran parte del traffico verso i giornali online oggi viene generato proprio dai contenuti pubblicati sui social network! Infatti, nei paesi dove iniziative simili sono già state sperimentate, c’è stata un’immediata marcia indietro degli editori.

     

    In base all’art 13, i siti web dovranno adottare misure “appropriate” per impedire che il materiale protetto da copyright appaia sulla loro piattaforma. In molti sostengono che la maggior parte delle piattaforme minori non potranno permettersi sistemi di controllo adeguati e ne potrebbe conseguire una limitazione alla limitazione alla libertà di espressione. Cosa ne pensa?

     

    Sicuramente quest’obbligo, se mantenuto, creerebbe enormi danni alle piattaforme minori: pensi che solo l’accesso a un database come AudibleMagic o simili costa decine di migliaia di euro al mese a livello d’ingresso. In altre parole, l’Unione Europea sta sabotando le sue stesse startup a favore dei giganti del web (al contrario di tutte le chiacchiere). E questo è solo il macroscopico e immediato danno economico.

    STEFANO ZANERO STEFANO ZANERO

     

    Ci sono altri tipi di danni secondo lei?

    I danni fondamentali di questa norma sono non economici: filtri automatici limiteranno la libertà d’espressione, trasformeranno il copyright in un filtro preventivo di tipo censorio, creeranno enormi problemi per sistemi come Wikipedia, per i portali di collaborazione sul codice sorgente. Il tutto per imporre un tipo di controllo che sappiamo già essere inefficace.

     

    Allora chiariamo: chi favorisce e chi sfavorisce secondo lei la normativa in fieri?

    L’articolo 11 non favorisce proprio nessuno: crea dei danni (micro) alle piattaforme, crea fastidi agli utenti, crea enormi ostacoli tecnologici alle start up, e creerà anche danni incommensurabili agli editori. Mi viene da citare il compianto maestro Giancarlo Livraghi (uno dei primi a occuparsi di libertà digitali in rete in Italia, con la sua ALCEI) e il suo libro sul “potere della stupidità”: chi fa danno agli altri per averne un vantaggio è malvagio; chi invece danneggia gli altri e se stesso, è stupido. Ed è molto meglio trattare con i malvagi che con gli stupidi: uno può trovare un compromesso, a volte.

     

    E l’articolo 13 chi favorisce?

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    L’articolo 13 regala ai produttori di contenuti ciò che hanno cercato per anni di ottenere per le vie legali (senza riuscirci), ovvero di considerare le piattaforme che ospitano UGC (contenuti generati dagli utenti) come responsabili del filtraggio preventivo, anziché come “puri trasmettitori” di informazione come sono considerati gli ISP (service provider). E’ evidente che per questi rappresenta una “vittoria”. Tuttavia, se si considera che la norma sostanzialmente impone qualcosa di vicino allo status quo dei meccanismi di protezione da copia implementati, ad esempio, da YouTube, proprio non si comprende come questo possa rappresentare una soluzione al problema del cosiddetto value gap.

     

    E’ vero che le grandi piattaforme come Google e Facebook con l’attuale impostazione sono di fatto soddisfatte?

    Soddisfatte non direi, ma sicuramente sono sostanzialmente già vicine a rispondere a ciò che la normativa chiede (o almeno così pare: ma sono certo che riapriremo una lunga stagione di contenzioso nella quale i fornitori di contenuti cercheranno di ampliare i limiti della norma il più possibile).

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    E allora chi ci perde?

    E’ chiaro: le startup, le piccole e medie imprese europee e i cittadini. Tutti coloro che (teoricamente!) dovrebbero essere rappresentati dal Parlamento Europeo.

     

     

     

     

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