Stefano Semeraro per “la Stampa”
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Oggi si vola, o almeno ci si prova. Erano 70 anni che l' Italia non piazzava tre giocatori al terzo turno di Wimbledon. Il primo, Thomas Fabbiano, è atterrato ieri: fine corsa senza troppi rimpianti contro Fernando Verdasco, veterano dell' armada spagnola che rifiuta la pensione. Adesso tocca alle due frecce tricolori che veleggiano fra i primi 20 del mondo: Fabio Fognini, da ieri virtualmente numero 9, e Matteo Berrettini, numero 20.
THOMAS FABBIANO
Tutti e due belli, tutti e due in fondo abbastanza possibili. Anche sull' erba più sacra del mondo che quest' anno, seccata da un sole poco british, è lenta, giocabile, amica. Due vittorie significherebbero due italiani insieme negli ottavi. Nei tornei dello Slam è già successo sette volte, a Wimbledon mai. Una piccola rivoluzione, una svolta del nostro tennis che da sempre tiene i piedi ben piantati sulla terra (battuta), insomma, è a portata.
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Fognini in due turni ha giocato dieci set, rimontando contro Tiafoe e Fucsovics, usando i nervi, oltre al talento, come per tanti anni gli riusciva quasi solo in Coppa Davis. La caviglia è un puntaspilli, l' orgoglio un pungolo. Gli tocca Tennys (no, non è un refuso) Sandgren, americano made in Tennessee, di fede trumpiana, numero 94 del mondo, coriaceo ma masticabile. Fabio lo ha battuto due volte su due, sempre sulla terra, ma è l' erba che vuole, che gli serve per scollinare nell' unico Slam che lo ha sempre respinto. «Voglio questa benedetta seconda settimana a Wimbledon», dice. «E' l' unica che mi manca dei quattro Slam. Ho qualche problema a caricare, non sono al meglio, sto però dimostrando che anche senza aver giocato tornei di preparazione sono competitivo anche sull' erba: una superficie che mi piace, anche se non ci ho mai vinto molto».
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Fognini-Roma-2019
Berrettini quest' anno il pollice verde l' ha già usato vincendo a Stoccarda, arrivando in semifinale la settimana seguente ad Halle. Ha l' allungo del peso massimo, un metro e 96, 90 chili. L' uno-due, che gli è riuscito quest' anno anche sulla terra - vittoria a Budapest finale a Monaco - è la sua specialità. La sua scala per il paradiso di un ottavo da giocare - forse - contro Mister Federer, è il n.24 Atp Diego Schwartzman, El Pegue, il più tascabile (1 e 70) dei top 100 che lo ha sconfitto due mesi fa a Roma. «Una delle forze di Matteo è che tutte le volte che perde impara e mette a frutto la volta dopo», dice coach Santopadre, che il «beretta» lo conosce bene. «Federer quest' anno l' ho sfiorato due volte, al Foro e ad Halle», ammette Matteo. «Stavolta non vorrei mancarlo». Nel giorno in cui qui si giocano tutti gli ottavi, il Manic Monday, il lunedì pazzo di Wimbledon. Per fare parte, non solo da spettatori, di quella educatissima follia.
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