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    WOODCOCK NON MOLLA LA PRESA SUL PATONZA: RINVIO A PRE-GIUDIZIO….


     
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    PISCITELLI E WOODCOCK NON MOLLANO LA PRESA SUL PATONZA Fulvio Bufi e Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

    HENRY JOHN WOODCOCKHENRY JOHN WOODCOCK

    La Procura di Napoli rilancia e chiude l'inchiesta per corruzione contro Silvio Berlusconi. Due giorni dopo la decisione del giudice che aveva negato il giudizio immediato per i tre milioni di euro che il Cavaliere avrebbe versato all'ex senatore Sergio De Gregorio, i pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock avviano la procedura per la richiesta di rinvio a giudizio. Processo ordinario, ma tempi stretti per evitare il rischio di prescrizione. I magistrati sono convinti di essere pronti a dimostrare la fondatezze delle accuse e dunque procedono.

    Berlusconi è accusato in concorso con lo stesso De Gregorio e con il faccendiere Walter Lavitola. Secondo il capo di imputazione sarebbe stato lui «l'istigatore prima e autore materiale poi, nella sua posizione di leader dello schieramento di centrodestra, all'epoca all'opposizione del governo presieduto da Romano Prodi, operando in esecuzione di una più ampia strategia politica di erosione della ridotta maggioranza numerica che sosteneva l'esecutiva in carica, strategie denominate convenzionalmente «Operazione libertà» e tesa ad assicurarsi il passaggio al proprio schieramento del maggior numero di senatori tra quelli che avevano votato la fiducia al predetto esecutivo Prodi».

    WOODCOCK dal Corriere della SeraWOODCOCK dal Corriere della Sera

    Lavitola avrebbe invece avuto il ruolo di «intermediario e autore materiale di specifiche e plurime consegne di denaro in contanti al fine di orientare e comunque pilotare le manifestazioni di voto parlamentare di De Gregorio, pubblico ufficiale in quanto eletto senatore nelle liste dell'Italia dei Valori - costituendosi in tal modo in capo allo stesso un illecito mandato imperativo contrario al libero esercizio del voto previsto dall'articolo 67 della Costituzione e quindi contrario ai doveri di ufficio - promettevano prima e consegnavano poi al predetto pubblico ufficiale la somma di denaro di complessivi tre milioni di euro.

    SILVIO BERLUSCONI E SERGIO DE GREGORIOSILVIO BERLUSCONI E SERGIO DE GREGORIO

    Somma in concreto poi erogata per un milione di euro sotto forma simulata e mascherata di contributo partitico e mediante bonifici bancari e per i restanti due milioni in modo occulto e «in nero», comunque mediante frazionate consegne in contanti ad opera di Lavitola, somme tutte intenzionalmente erogate in modo dilazionato e cadenzato nel tempo, in modo da assicurarsi l'effettivo e progressivo rispetto del patto criminale intercorso e versate quale effettivo corrispettivo delle promesse manifestazioni di voto contrarie alle proposte della maggioranza di governo da parte di De Gregorio e messe in atto in quattro sedute del Senato: il 2 agosto, il 20 dicembre, il 21 dicembre del 2007 e il 24 gennaio 2008».

    SERGIO DE GREGORIO SILVIO BERLUSCONISERGIO DE GREGORIO SILVIO BERLUSCONI

    I magistrati chiudono il primo capitolo di indagine, ma proseguono gli accertamenti per il reato di finanziamento illecito. Era stato proprio De Gregorio, in alcuni interrogatori del dicembre scorso, ad ammettere di aver percepito i soldi per indebolire il governo Prodi. Sono stati poi gli accertamenti degli investigatori della Guardia di finanza, guidati dal colonnello Nicola Altieri, a mettere in relazione le consegne di denaro - in alcuni casi addirittura all'interno degli uffici di Palazzo Madama - con il voto parlamentare.

    BERLUSCONI A SAN GREGORIO ARMENOBERLUSCONI A SAN GREGORIO ARMENO

    Al momento di negare il giudizio immediato il giudice ha ritenuto non ci fosse l'evidenza della prova su questo scambio illecito e ha evidenziato come «il comportamento del De Gregorio così come contestato, non appare univocamente determinato dalla corresponsione del denaro quanto piuttosto dalla volontà di acquisire sempre maggiore credibilità agli occhi del Berlusconi sì da poter ipotecare la prossima candidatura al Senato una volta terminata "l'esperienza Prodi"».

    L'accusa è invece convinta che la correlazione sia supportata da elementi concreti e ha deciso di chiudere il fascicolo con la massima urgenza per arrivare prima possibile all'udienza preliminare. La parola torna adesso alla difesa di Berlusconi che si era opposta al rito abbreviato e si era aggiudicata il primo round. E la partita ricomincia.

     

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