Riccardo Coletti per La Stampa
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È il giorno delle accuse e delle smentite. Delle scuse russe per cercare di sminuire, negare, giustificare l'ennesimo attacco missilistico in pieno giorno in centro città. Il centro commerciale Amstor di Kremenchuk fuma ancora. Dalle sue macerie sono stati estratti 20 corpi carbonizzati, 58 feriti, ma all'appello mancano 36 dispersi. «Donne e bambini; comuni civili in un centro commerciale di una città tranquilla e pacifica. Ecco chi sono le vittime di uno degli attacchi terroristici più sconsiderati della storia d'Europa - denuncia Volodymyr Zelensky nel suo discorso notturno alla nazione -. Questo non è un errore, un attacco missilistico fuori bersaglio, è un atto deliberato».
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A rispondere alle accuse, in diretta dalle tv russe, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov: «Dovete capire che più armi occidentali saranno spedite in Ucraina e più noi saremo costretti a bombardare i depositi dove vengono stoccate». La versione russa parla di un centro di stoccaggio armi colpito. Secondo i media vicini a Putin l'incendio si sarebbe esteso solo dopo al centro commerciale. Oltretutto «vuoto e dismesso». «Sono gli occidentali a voler prolungare le sofferenze dei civili, sono loro ad allungare le sofferenze di chi vive sotto i bombardamenti del regime neonazista ucraino».
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Propaganda, un messaggio tv che pare l'ennesima giustificazione all'escalation russa di questa guerra. Mosca sembra voler accelerare a tutti costi, forse per anticipare l'arrivo delle armi occidentali. Severodonetsk è caduta, deserta e sotto il controllo russo. «A Lysychansk si combatte strada per strada - racconta al telefono Valerij Shibiko, sindaco della città -. I russi hanno ucciso 11 civili in fila a un centro di distribuzione dell'acqua.
Qui è un vero inferno». Un inferno fatto di attacchi missilistici e colpi d'artiglieria. Di mezzi blindati che scortano l'avanzata delle truppe. «Gli occupanti hanno preso di mira l'unica strada che ci collega con Bakhmut. Sparano anche sui convogli che portano aiuti umanitari». Anche solo telefonare al primo cittadino è un'impresa. La linea cade continuamente, per poter scambiare poche battute servono 6 chiamate. La chiosa ha un che di drammatico: «Nessuno deve provare a venire in città: è troppo pericoloso.
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Stiamo lavorando per le evacuazioni». Il suo telefono si fa muto. Irraggiungibile. Se Lysychansk è la prima linea. Terra dove tuonano i fucili d'assalto a Sloviansk il fragore è quello dei missili. Almeno 4 attacchi distinti hanno colpito siti strategici alle porte della città. Una ex fabbrica ha bruciato per ore. Si parla di un morto e decine di feriti.
L'obbiettivo di Mosca pare sempre più chiaro: costringere gli ucraini alla ritirata. Per farlo serve un costante lavoro di logoramento fatto di cannonate e raid aerei. Se la ritirata da Severdonetsk è stata annunciata, le altre si svolgono tutte sotto traccia. Verso Sud, verso la direttrice di Donetsk gli ucraini hanno abbandonato l'ex confine che si frapponeva ai territori occupati. Zaytsevo è uno di quei paesini terra di nessuno. L'esercito di Zelensky lo ha abbandonato da un paio di giorni.
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Il posto di frontiera è un cumulo di macerie fumanti e lamiere. Solo il filo spinato ed i varchi lasciano intuire che lì, sino a qualche giorno fa, c'era una frontiera trasformata in avamposto. zI russi non si sono ancora fatti vedere - racconta Ivan, 60 anni ed una dacia a due passi dalla linea di confine -. Io resto qui. È casa mia e non me ne vado». La sua è una vita furi dal mondo. «Sento la guerra. La sento tutti i giorno e tutte le notti, ma non voglio sapere altro. Ho l'orto da coltivare e le vacche da accudire». Vive in una strada deserta fatta di case e cascine abbandonate.
Vive in una terra contesa che ad ora pare non interessare a nessuno. Si combatte un po' più a sud, a Zaitseve ed a ovest, intorno Pivnichne. Intanto in tutto il Donbas sono riprese le evacuazioni. I feriti più gravi vengono portati via dalla croce rossa internazionale. Professionisti del soccorso internazionale e volontari come Holena. La sua laurea in medicina è stata stampata da poco. «Mi sono laureata a novembre - racconta -.
il videomessaggio di volodymyr zelensky al festival di glastonbury 1
Ho finito di studiare in Spagna e poi sono corsa a casa». Ora è parte dell'equipaggio di un camion medico con targa polacca che può trasportare sino ad otto feriti in barella. «Ho visto di tutto in questa guerra - annota -. Vecchi con ferite da schegge. Bambini con fratture esposte». Poi ci sono i Russi che non hanno avuto rispetto nemmeno per i corridoi umanitari. «Siamo andati 5 volte oltre le loro linee per recuperare i feriti. Ci hanno bloccato per ore. Prima non volevano farci passare dietro le loro linee, poi una volta caricati feriti e profughi ci hanno minacciato armi in mano». Il volto di Holena si fa teso, il labbro inferire le trema e lo sguardo si perde nel vuoto.
Putin Lavrov missili russi su un centro commerciale di kremenchuk, ucraina 1