Mario Ajello per “il Messaggero”
NICOLA ZINGARETTI LUIGI DI MAIO
Virginia Raggi s' è impaurita. Ha chiamato Di Maio, ha parlato con Crimi. Ha chiesto se davvero il movimento la voglia scaricare come ricandidata sindaca di Roma, per puntare su un nome condivisa con il Pd per il Campidoglio nel 2021, e quelli l' hanno rassicurata: «Ma tranquilla, Virginia...». In realtà, nei 5 stelle, ai vertici del partito, come confermano anche fonti Pd, il ragionamento con Zingaretti è avviato.
E si sviluppa così: Roma non può restare fuori dal mosaico delle alleanze per le Comunali dell' anno prossimo che dem e grillini vogliono condividere - parola di Di Maio - per vincere insieme a Napoli, Torino, Milano. E anche nella Capitale. Dove appunto c' è il problema Raggi, e la sua accelerazione - accettata più che sponsorizzata dai big - a riproporsi per altri cinque anni al Campidoglio, ammesso che qualcuno la voti.
LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI BY EDOARDOBARALDI
La sola ipotesi che si sia cominciato a trattare sul suo ritiro, o che si pensi di farlo a breve, ha messo la Raggi in allarme. La reazione che la sindaca ha avuto ieri è questa: «Per quanti anni Roma è stata governata dal Pd? Chi ha portato al depauperamento il Servizio giardini, io? Chi è che non ha bandito le gare né programmato interventi sul verde, io? Noi abbiamo invertito la rotta e riportato legalità e trasparenza.
Quando ho detto di essere pronta a ricandidarmi l' ho fatto perché intendo continuare su questa strada, è evidente che questa è la mia visione ed è anche la visione del M5S su Roma, che intende muoversi così». Un doppio stop, impaurito, della sindaca insomma, rivolto sia ai suoi sia al Pd: io non mi ritiro e guai a voi se cercate di spostarmi.
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
L' idea che possa essere sacrificata sull' altare dell' accordone con il Pd, spinge Virginia a scatenarsi contro il Pd: «Le altre forze politiche hanno già dato ampiamente prova di quello che sanno fare in questa città, quindi non credo ci siano margini per ragionamenti diversi se si vuole continuare nella direzione che abbiamo intrapreso, e io voglio farlo».
LO SCOMPIGLIO Le indiscrezioni del Messaggero stanno dunque provocando scompiglio. E non solo riguardano il Piano A che sta molto a cuore al Nazareno, quello della sostituzione della candidatura Raggi con una figura che non può essere lei (Zingaretti l' ha definita «una sciagura per Roma»), ma anche un Piano B che sarebbe accettare di correre con due candidati diversi ognuno con la propria casacca di partito e poi, dopo che Virginia sarà arrivata terza al primo turno, concordare il sostegno grillino in favore del candidato dem arrivato al ballottaggio.
Virginia Raggi
Due piani, due operazioni, entrambe in campo e la prima già in cottura. Riuscirà la Raggi a fermarla, come per ora è decisissima a fare?
Al Nazareno si spera nella carta Grillo. Si punta su Beppe, il primo e più convinto assertore dell' accordo con i dem a tutti i livelli, nazionale e locale (al punto da digerire perfino la candidatura rosso-gialla di Ferruccio Sansa per la Regione Liguria, da lui non voluta affatto e a ragione visti gli esiti disastrosi che ha avuto). Grillo e solo lui, si ragiona nel Pd, può convincere Virginia - con cui è in ottimi rapporti e a cui ha anche dato l' endorsement per la ricandidatura: «Daje, Virgi'!» - a fare il passo indietro e a non mettere Roma, il simbolo dell' Italia, nella situazione di rappresentare l' anomalia rispetto al percorso politico che si vuole imboccare per vincere prima nelle grandi città e poi nel 2023 nelle elezioni politiche.
zingaretti di maio
Al di là delle prudenze di facciata, de delle rassicurazioni pubbliche alla Raggi, anche nei 5 stelle la carta Grillo è quella ritenuta più capace di sbloccare la situazione. E Beppe, di situazioni così difficili tra alleati, ne ha sbloccate già diverse. E' l' unico in grado di parlare con tutti e di essere ascoltato da tutti nell' ambito del potere rosso-giallo. Inutile dire che anche Conte, anche se il premier dalla questione Roma si tiene ancora lontano, come se Roma non fosse la Capitale, non può che naturalmente vedere di buon occhio una candidatura non divisiva ma comune tra i due partiti della sua maggioranza per la città guida del Paese che egli rappresenta.
Virginia Raggi
E c' è Zingaretti, il leader romano per eccellenza, che su Roma si gioca la faccia. Non può accettare la Raggi - più il Pd con tutti i suoi municipi che il centrodestra sta facendo un' opposizione durissima a Virginia - come candidata condivisa e non può neppure lasciare Roma fuori dal quadro dell' accordone. Al Nazareno, si prega dunque in San Beppe.
TORINO AI GRILLINI, ROMA AL PD
Fabio Martini per la Stampa
Tutto ebbe inizio l'ultimo giorno di luglio, durante un colloquio riservato del quale nulla trapelò: sta di fatto che da quel giorno le cose cominciarono a marciare meglio tra Pd e Cinque stelle.
Era il tardo pomeriggio di venerdì 31 luglio, Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio parlarono a lungo e tra le altre questioni discussero anche delle città chiamate al voto nella primavera del 2021. Cinque città-chiave: Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna. Certo, elezioni lontane. E in un contesto modificabile da mille variabili.
zingaretti di maio
Eppure in quella occasione i due hanno accennato a qualcosa che somiglia ad una divisione delle grandi città per sfere d'influenza. Con un accordo di massima di questo tipo: se ci saranno le condizioni per un'alleanza organica, i Cinque stelle si riservano un "diritto" di prelazione nella proposta per il sindaco di Torino e di Napoli, mentre al Pd analogo "diritto" spetterebbe per Roma e per Milano.
E Luigi Di Maio conferma oggi la sostanza di quel pourparler riservato con un concetto mai espresso prima: «Per le Comunali sarà necessario un tavolo nazionale con le forze di governo». Certo, per ora siamo ad un'intesa a futura memoria e chi la definisce una "Jalta giallorossa" sembra non avere il senso delle proporzioni.
virginia raggi foto mezzelani gmt 025
Dunque tutto è ancora fluido, eppure dai contatti preliminari emergono trend che potrebbero fare tendenza. La prima novità è la corsa ai Rettori. In una stagione nella quale la politica fatica ad esprimere leadership carismatiche, potrebbe diventare un trend la ricerca da parte dei partiti di governo di tecnici di spessore.
A Napoli i primi contatti - sia sul fronte Pd che Cinque stelle - convergono sul ministro dell'Università Gaetano Manfredi che come rettore della Federico II, è stato l'artefice del salvataggio in zona Cesarini di un ateneo sull'orlo del collasso ma anche del decollo del polo universitario di San Giovanni a Teduccio, che ha un'eccellenza internazionale nella Apple Academy.
Più di un anno fa Giuseppe Conte, allora presidente del Consiglio del governo giallo-verde, intervenne alla consegna dei diplomi, affiancando il suo amico Manfredi e alcune settimane dopo, quando il quadro politico cambiò, chiamò il rettore a fare il ministro.
FOTOMONTAGGIO – LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI
Manfredi può dunque diventare il "Conte di Napoli". La simpatia del presidente del Consiglio lo aiuterà? Napoli è la città che più sta a cuore ai Cinque stelle. Perché è la città di Roberto Fico e, in qualche modo anche di Luigi Di Maio che vi ha studiato e lavorato. È naturale che i due vogliano interferire nella scelta di un candidato di coalizione, ma la stessa ambizione - eguale e contraria - la coltiva il governatore De Luca, dopo il plebiscito del 21 settembre. E De Luca ha sempre coltivato un ottimo rapporto personale con Manfredi.
E d'altra parte la "caccia al rettore" potrebbe coinvolgere anche Torino, dove non da oggi, l'unica personalità in campo come credibile candidato di uno schieramento progressista è per l'appunto il rettore del Politecnico Guido Saracco. A Bologna sta conquistando la pole position un personaggio che sembra destinato ad affiancare Stefano Bonaccini come "emiliano glamour": l'assessore alla Cultura, il quarantenne Matteo Lepore.
sassoli
Avversato dai notabili del partito, Lepore si presenta come innovatore («questa città non ha bisogno di accordi al ribasso, altrimenti si addormenta e di certo non viene a votare noi») ed è ben visto da un cartello eloquente: le Sardine, le Cucine popolari, la Lega delle Coop e molto defilato l'arcivescovo Zuppi.
E Roma, dopo la "cura Raggi"? In alto mare. Goffredo Bettini, per anni artefice di sindaci e amministrazioni che hanno lasciato il segno, si tira fuori: «Stavolta non me ne occupo, mi cercheranno». Per ora si sono mobilitati (senza successo) gli altri notabili del partito. Dario Franceschini lo ha chiesto a David Sassoli. Risposta: niente da fare. Un emissario è andato a far visita al capo della polizia Franco Gabrielli. Stessa risposta. No anche da Roberto Gualtieri ed Enrico Letta.
E quanto a Milano, i Cinque stelle pesano poco (8,5% alle Europee), il sindaco Giuseppe Sala può farne a meno e infatti fa l'Amleto: «Il 2021 è ancora molto in là e sarà una campagna elettorale più breve e diversa».
zingaretti di maio