ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
Stefano Folli per “la Repubblica”
C'è una matassa che si sta ingarbugliando senza che vi sia ancora piena coscienza del pasticcio. Forse perché riguarda uno degli argomenti più noiosi e ricorrenti delle cronache politiche: la legge elettorale, che in Italia è un cantiere sempre aperto. In realtà stavolta la questione riguarda l'intreccio con il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari.
Un intreccio favorito e assecondato con qualche leggerezza da chi, nella maggioranza, avrebbe dovuto aver ben presente la distinzione tra una legge ordinaria (il sistema elettorale) e una costituzionale (il numero dei parlamentari in rappresentanza del popolo). Rischioso mescolare insieme piani e tempi così diversi.
nicola zingaretti
Nell'intervista di domenica a questo giornale, lo stratega numero uno dell'alleanza Pd-M5S, Goffredo Bettini, ha avuto il coraggio di tirare il segnale d'allarme. Se lo ha fatto, vuol dire che si è reso conto del disastro incombente. E si capisce: c'era un accordo nella coalizione di governo per cui la riforma elettorale doveva essere approvata almeno in un ramo del Parlamento prima del referendum del 20-21 settembre.
Bettini e Zingaretti
Il Pd aveva dato il via libera a un'operazione temeraria come il taglio di 230 deputati e 115 senatori pensando di ottenere in cambio un sistema proporzionale, corollario dell'intesa strategica con i Cinque Stelle. Per la verità il voto favorevole del partito di Zingaretti era legato all'inizio a una revisione complessiva degli equilibri istituzionali e della rappresentanza.
nicola zingaretti giuseppe conte
Ma non se ne è fatto niente, come era prevedibile. Sul tavolo è rimasta da ultimo la legge elettorale, nel tentativo di evitare almeno gli effetti distorsivi del cervellotico taglio (concepito per "risparmiare", secondo il mantra dei Cinque Stelle): la prospettiva di un Parlamento a macchia di leopardo, in cui alcune parti d'Italia sono rappresentate più di altre e qualcuna non lo è per nulla.
Quando è saltata anche l'intesa sulla legge elettorale, tipico esito di una coalizione più fragile delle proprie ambizioni, è crollato il castello di carte. Nel Pd si sono resi conto che gli unici beneficiari dell'operazione sono i Cinque Stelle. Il taglio che il referendum deve convalidare è farina del loro sacco e loro ne trattano tutti i benefici. Il 21 settembre, a spoglio ultimato, sarà il movimento grillino a dichiararsi vincitore e non si potrà dargli torto.
zingaretti di maio
Il Pd, senza riforma elettorale, avrà giocato il ruolo del portatore d'acqua. Il Parlamento risulterà scardinato nelle sue funzioni istituzionali: non perché non si possa ridurre il numero di deputati e senatori, ma per la buona ragione che l'amputazione è fatta per motivi demagogici - per dare una lezione alla "casta" - e senza considerare le conseguenze che ne derivano.
A cominciare dal piano elettorale, poiché il Paese si troverà davanti a un vuoto che non si sa quando sarà colmato. Dopo due anni di governo dai risultati discutibili, i Cinque Stelle potranno vantare un successo non solo d'immagine, in cui si rispecchia la loro scarsa o nulla considerazione della democrazia rappresentativa.
nicola zingaretti dario franceschini
Tutto questo, s' intende, se vinceranno i "sì". Nessuno si azzarda a prevedere il contrario, ma è vero che ormai nel Pd i favorevoli al taglio sono pochi e dubbiosi. I più realizzano il pericolo su cui si è espresso Bettini. Un pericolo ampiamente prevedibile. E forse ormai è troppo tardi per cambiare idea, visto che ci si è consegnati al patto di governo con Conte e i 5S.
Armata PD - Renzi Zingaretti zingaretti NICOLA ZINGARETTI ALL ARGENTARIO