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Estratto dell'articolo di Sandro De Riccardis per "La Repubblica"
carabinieri trovano pistola nel fiume
Una pistola che spunta all’improvviso su un autobus colmo di studenti che tornano a casa. Un colpo esploso che ferisce al volto uno di loro, un ragazzino di diciassette anni che si ritrova sanguinante col proiettile conficcato tra la lingua e la mandibola. Per quei momenti di panico, lo scorso 22 novembre a Asola, in provincia di Mantova, poco distante dall’istituto scolastico Giovanni Falcone, finisce al carcere minorile del Beccaria a Milano un altro giovanissimo di sedici anni, accusato di lesioni gravi.
Non è chiaro cosa abbia provocato il gesto del ragazzo, italiano di seconda generazione e residente a Canneto sull’Oglio come la vittima, che sull’autobus Asola-Rivarolo Mantovano aveva le cuffiette e stava ascoltando musica. Una discussione, poche parole scambiate tra i due, ed ecco il ragazzino che tira fuori la Beretta 6,35 e spara in faccia all’amico. In pochi attimi, ad Asola scoppia il caos: studenti che fuggono, sirene di ambulanze e gazzelle dei carabinieri che arrivano a pochi metri dalla scuola, mentre il ferito viene portato in ospedale.
«È stato un incidente, non sapevo che la pistola fosse carica — si è difeso l’indagato, davanti ai carabinieri di Asola e del nucleo investigativo di Mantova — Non avevamo litigato, volevo solo fargli vedere la pistola che avevo appena trovato per caso in un canale, vicino alla strada. Il colpo è partito per caso. È un mio amico, non volevo fargli del male».
Una difesa ribadita anche davanti al gip del tribunale per i minorenni di Brescia, che ha accolto la richiesta di arresto del pm Lara Ghirardi. Ma le tante testimonianze raccolte dai carabinieri del reparto operativo di Mantova sono concordi nel descrivere un fare minaccioso del giovane, che, dopo aver sparato, scappa approfittando del caos sull’autobus, ormai fermo, e si libera dell’arma.
La vittima, che ha iniziato subito a perdere molto sangue, viene trasportata immediatamente in ospedale a Mantova, dove è sottoposta a un delicatissimo intervento chirurgico. È così che diventa chiaro che il colpo non era stato esploso da una scacciacani, come era stato ipotizzato in un primo momento, ma da una vera e propria pistola: dal viso del ferito viene infatti rimossa l’ogiva del proiettile di piccolo calibro, rimasto conficcato sotto la lingua e che ha causato anche la rottura di tre denti oltre che la frattura della mandibola stessa. Pochi centimetri e la ferita sarebbe stata letale.
[...] Figlio di operai, con un percorso difficile a scuola, abbandonata nei mesi scorsi, il sedicenne si è convinto alla fine a portare i carabinieri sul luogo dove ha abbandonato la pistola. [...]
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