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    A BRUXELLES GIORGIA RISCHIA DI PRENDERE IL MURO – PRIMA DI PARTIRE PER IL CONSIGLIO EUROPEO, MELONI MOSTRA IL VOLTO DURO E, IN SENATO, NON ESCLUDE DI “METTERE IL VETO” SUL NUOVO PATTO DI STABILITÀ. TRADOTTO: ORMAI SA CHE È DIFFICILE OTTENERE LA FLESSIBILITA’ RICHIESTA – PER LA DUCETTA LE TRATTATIVE SI FANNO DIFFICILI ANCHE SUL BILANCIO COMUNE UE: GERMANIA E OLANDA ESCLUDONO RISORSE AGGIUNTIVE PER LE POLITICHE MIGRATORIE E PER LE IMPRESE – IL VERTICE NOTTURNO IN HOTEL TRA MELONI, SCHOLZ E MACRON


     
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    1 – PATTO DI STABILITA’ L'ITALIA MINACCIA: “PRONTI A METTERE IL VETO”

    Estratto dell’articolo di Francesco Olivo per “la Stampa”

     

    giorgia meloni in senato 2 giorgia meloni in senato 2

    Non esclude nessuna scelta, «nemmeno il veto». Giorgia Meloni è in Senato, poche ore prima di prendere un aereo per Bruxelles. Nella capitale belga non si negozierà direttamente il Patto di stabilità (a decidere sarà l'Ecofin della prossima settimana), ma l'ultimo Consiglio europeo che comincia oggi si preannuncia difficile, con temi che vanno oltre l'ordine del giorno. Così, la premier decide, secondo una strategia non certo inedita degli inquilini di Palazzo Chigi, di mostrare il volto duro, o quantomeno, non escluderlo.

     

    Per il governo in realtà, i negoziati «sono chiusi al 90%», dice una fonte che sta seguendo il dossier, «speriamo di strappare qualcosa in queste ore, ma il quadro è pressoché deciso». […]

     

    giorgia meloni in senato 4 giorgia meloni in senato 4

    A Palazzo Madama Meloni arriva presto per il dibattito sulle sue comunicazioni in vista del vertice Ue e, secondo un copione già andato in scena il giorno prima alla Camera, la parte più interessante è rappresentata dalla replica a braccio della premier e delle dichiarazioni di voto dei suoi oppositori.

     

    Il negoziato sul nuovo Patto di stabilità è arrivato a un punto praticamente conclusivo, come si evince dalle parole della premier, che alterna segni di soddisfazione (una premessa della narrazione che seguirà la firma) e una certa fermezza. «Vediamo qualche spiraglio, si sta portando avanti una trattativa complessa. Noi rivendichiamo che la revisione del Patto di stabilità e crescita tenga conto di una strategia che l'Europa si è data. Non avrebbe senso se l'Europa non tenesse conto di quello che siamo stati incentivati a fare riguardo a una serie di investimenti su alcuni materie».

     

    giorgia meloni ursula von der leyen giorgia meloni ursula von der leyen

    Poi, stimolata anche da interventi come quelli di uno dei suoi predecessori, il senatore a vita Mario Monti, Meloni ha fatto capire che nella trattativa non c'è ancora nulla di deciso, né di scontato: «Le posizioni dei Paesi sono comunque distanti, dobbiamo fare una sintesi e poi una valutazione su quello che fa bene all'Italia. L'eventualità di un veto? Non escludo nessuna delle scelte, se non si trova un accordo noi torniamo ai precedenti parametri. Io farò tutto quello che posso per far ragionare i miei omologhi. Quello che stiamo proponendo è utile non solo a noi, ma ad una strategia».

     

    Il dibattito sul Patto di stabilità è l'occasione per Meloni per tornare a rimarcare la sua linea in politica estera, che non ha mai rinunciato a un dialogo con i Paesi di Visegrad: «La posizione più distante da noi è quella della Germania, non dell'Ungheria. Ma è legittima», sottolinea. «Riconoscere il valore di questi investimenti serve all'Europa intera, altrimenti si fanno cose miopi. Siamo ancora lontani dalla soluzione ma siamo soddisfatti dell'ultima bozza», aggiunge. […]

     

    2 – BILANCIO UE MURO DEL NORD

    Estratto dell’articolo di Francesco Olivo e Marco Bresolin per “La Stampa”

     

    GIORGIA MELONI OLAF SCHOLZ E EMMANUEL MACRON ALL'HOTEL AMIGO DI BRUXELLES GIORGIA MELONI OLAF SCHOLZ E EMMANUEL MACRON ALL'HOTEL AMIGO DI BRUXELLES

    A un certo punto del pomeriggio nei corridoi dell'Europa Building ha iniziato a circolare una voce: l'Italia ha minacciato il veto sui negoziati di adesione dell'Ucraina se non ci sarà in parallelo un'apertura alla Bosnia-Erzegovina ed è pronta a bloccare gli aiuti per Kiev se non ci saranno risorse per le politiche migratorie e per le imprese.

     

    Meloni come Orban, insomma, dato che il premier ungherese è il principale ostacolo alla doppia intesa sull'Ucraina (per cercare di convincerlo, la Commissione ha offerto in extremis lo sblocco di 10 miliardi di fondi congelati). Lo "spin" relativo all'Italia, proveniente da fonti diplomatiche, è stato subito smentito, ma l'episodio ben descrive il clima che si respirava […]

     

    giorgia meloni giorgia meloni

    La strada per Meloni è tutta in salita perché non sarà facile riuscire a portare a casa le risorse aggiuntive per quelle che l'Italia considera le sue priorità. Come se non bastasse, la bocciatura dell'accordo con l'Albania da parte della Corte Costituzionale di Tirana ha rovinato la festa alla premier, già pronta a esultare per l'endorsement di Von der Leyen.

     

    Nella notte poi i nodi sono stati affrontati in un vertice improvvisato all'hotel Amigo, tra Meloni e Macron. La premier si è intrattenuta per più di un'ora e mezza con il presidente francese a cena, con un bicchiere di vino. Al tavolo accanto, Olaf Scholz, seduto con il suo staff davanti a una birra. Il colloquio è andato avanti ben oltre mezzanotte.

     

    Il piatto forte del summit è la revisione del bilancio comune dell'Unione europea: per rispondere alle nuove esigenze, la Commissione aveva proposto uno scostamento di 66 miliardi, che nell'ultima proposta sul tavolo sono già scesi a 22,5 miliardi. Troppo pochi per l'Italia.

     

    GIORGIA MELONI OLAF SCHOLZ E EMMANUEL MACRON ALL'HOTEL AMIGO DI BRUXELLES GIORGIA MELONI OLAF SCHOLZ E EMMANUEL MACRON ALL'HOTEL AMIGO DI BRUXELLES

    Ancora troppi per i "frugali", con Germania e Paesi Bassi in testa: Olaf Scholz e Mark Rutte sono disposti a versare contributi aggiuntivi esclusivamente nel fondo per l'Ucraina, finanziato con 17 miliardi a fondo perduto (più 33 miliardi di prestiti). Non per le altre partite care a Roma.

     

    Nella sua proposta di giugno, Von der Leyen aveva suggerito di aumentare di 12,5 miliardi le risorse per le politiche migratorie (2 per la gestione delle frontiere e 10,5 per la dimensione esterna). Ma nella proposta di compromesso sono già scese a 8,6, di cui 6,6 per la dimensione esterna, da ripartire tra le tre rotte principali: Turchia, Balcani e Nordafrica. […]

     

    Sul fronte immigrazione, poi, c'è da sciogliere il nodo Albania.

    giorgia meloni in senato 1 giorgia meloni in senato 1

    Proprio ieri Von der Leyen ha definito in una lettera «un esempio» l'accordo tra Roma e Tirana, ma meno di un'ora dopo è arrivato il verdetto della Corte costituzionale. La missiva della presidente della Commissione «poteva averla scritta Meloni - dice uno dei fedelissimi della premier - certo, bisogna vedere i fatti, ma le parole sono una novità molto importante».

     

    […]

     

    Tornando alla trattativa sul bilancio, sembra confermato l'azzeramento della piattaforma "Step" per sostenere la competitività delle imprese: i 10 miliardi proposti da Von der Leyen sono diventati 1,5 e finiranno esclusivamente all'industria della Difesa.

     

    giorgia meloni antonio tajani giorgia meloni antonio tajani

    Nel caso in cui non dovesse andare in porto la richiesta di avere più fondi, Meloni ha pronto un piano B: chiedere maggiore flessibilità per poter utilizzare senza cofinanziamento nazionale i fondi di coesione (quelli dunque destinati alle Regioni) per sostenere le imprese. Una partita tutt'altro che scontata e che rischia portare a problemi con le stesse amministrazioni locali. Lo spostamento potrebbe infatti costringerle a rinunciare ad alcuni progetti.

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