Nadia Ferrigo per “la Stampa”
AMAZON
Come si può accostare il dramma di migliaia di famiglie in fuga dalle guerre con un travestimento di Carnevale? L' annuncio comparso - e poi ritirato - su Amazon è stato contestato dagli iscritti al portale di vendite online, che hanno criticato sia la scelta della ditta inglese di accostare il dramma dei migranti a una festa dedicata ai bambini, sia la mancanza di controllo da parte del sito sugli articoli in vendita.
A uno sguardo più attento però si capisce che i bimbi sono sì profughi, come si legge anche nella descrizione, ma i costumi si riferiscono alle due guerre mondiali. In inglese «profugee» si traduce anche con «sfollato», «rifugiato», mentre accanto viene riportata un altro vocabolo, questa volta in tedesco - «weltkrieg» - che si traduce appunto con «guerra mondiale».
magazzino amazon
Come si può notare sia dal loro abbigliamento piuttosto datato - vestito lungo e ballerine di vernice per lei, camicia gilet e cappello per lui - i bimbi interpretano sì i protagonisti di un dramma, ma entrato a far parte della storia e spesso fatto rivivere con recite scolastiche e rappresentazioni storiche.
La ditta inglese, infatti, non è l' unica a proporre costumi del genere: basta una rapida ricerca per scoprire che si possono acquistare anche abiti da «povero contadino vittoriano» e «profugo della Seconda guerra mondiale», in questo caso con giacca e pantaloni verde bottiglia, borsa a tracolla, in stile Anni Quaranta. Certo è che in questo caso l' azienda precisa che «il completo è ideale per rappresentazioni scolastiche e feste a tema».
jeff bezos fondatore di amazon
Dopo le polemiche, riprese anche da Famiglia Cristiana, Amazon ha deciso di rimuovere l' annuncio precisando di non avere nessuna responsabilità.
Come spiegato dall' ufficio stampa del colosso dello shopping online non c' è un controllo preventivo dei prodotti messi in vendita, ma la gestione è affidata alle aziende. Nel caso di lamentele o violazioni, come è successo con i costumi di Carnevale, l' annuncio viene rimosso.
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Sulla questione è intervenuto anche Oliviero Forti, responsabile dell' ufficio immigrazioni di Caritas. «Siamo scossi da quel che accade ogni giorno, ed è legittimo chiedere anche alle aziende più sensibilità - commenta - Anche se il costume era già in vendita da tempo, poco cambia: come si è scelto di mettere in commercio un abito di cattivo gusto, così si può chiedere che venga tolto».