MATTEO MESSINA DENARO
Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Diciotto anni fa, un piccolo mafioso di provincia raccontò alla procura di Palermo un segreto grande sui mesi delle stragi Falcone e Borsellino. Il segreto di alcuni incontri fra il capomafia a cui faceva da autista, Vincenzo Milazzo, e due agenti dei servizi segreti. Quel racconto è rimasto chiuso in un cassetto.
E adesso che i pubblici ministeri di Caltanissetta hanno ritrovato il verbale, quel mafioso diventato collaboratore di giustizia non si trova più. Armando Palmeri, così si chiama, sembra scomparso nel nulla. Al domicilio conosciuto dal servizio centrale di protezione non c’è. I vicini di casa non lo vedono da mesi. E’ l’ultimo giallo nelle indagini sulle stragi.
toto riina
«Non abbiamo mai smesso di cercare la verità», dicono i procuratori aggiunti Lia Sava e Gabriele Paci. Una nuova ricostruzione di quei mesi terribili ha portato a un ordine di arresto per Matteo Messina Denaro, latitante ormai dal 1993.
Gli investigatori della Dia di Caltanissetta hanno consegnato l’ordinanza del gip Alessandra Giunta alla madre del boss, nella casa della sorella, a Castelvetrano: in salone, campeggia un ritratto stilizzato del padrino con una corona di re in testa; in altre stanze, sue foto inedite da giovane. Qualche mese fa, Riina diceva in carcere: «Suo padre l’ha dato a me per farne quello che dovevo fare».
michele santoro
L’erede del capo di Cosa nostra. Adesso, è accusato di essere tra i mandanti delle stragi Falcone e Borsellino. A Castelvetrano, nell’ottobre 1991, si tenne la prima riunione in cui Riina annunciò la sua strategia.
«Dopo Falcone, Borsellino e Martelli – ha spiegato il pentito Francesco Geraci - si parlò anche dei giornalisti Santoro, Biagi e di Pippo Baudo, per le cose che dicevano in Tv, questo mi raccontò Messina Denaro». A febbraio, il rampollo di Riina fu mandato a Roma per studiare la fattibilità di un attentato a Falcone e Costanzo.
«In quei mesi del 1992 – raccontava Palmeri sei anni dopo – il capomafia di Alcamo vide per tre volte due uomini dei servizi. Ero io ad accompagnarlo, lo aspettavo fuori. Milazzo mi disse che gli proponevano di adoperarsi per la destabilizzazione dello Stato, con atti terroristici da compiere anche fuori della Sicilia».
pippo baudo a ballaro
Ma il boss non voleva saperne di stragi. Dieci giorni prima dell’eccidio di via d’Amelio rivide i due uomini. Qualche giorno dopo, Messina Denaro lo attirò in un tranello e uccise prima lui, poi la sua compagna, che era incinta. «La cattura di Messina Denaro – dice il sostituto procuratore Maurizio de Lucia – è l’impegno della direzione nazionale antimafia».
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