Giorgio Burreddu per www.corrieredellosport.it
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Un anno fa, con la pandemia che infuriava, l’idea di un tetto agli ingaggi in Formula 1 fu buttata sul tavolo, la data giusta sembrava il 2023. C’era già un sì di massima da parte dei team. Voci, più che certezze. Un anno dopo gli effetti della pandemia stringono la morsa al punto che la proposta potrebbe diventare realtà. Al fine di garantire un maggior equilibrio, la Federazione ha presentato la proposta: un massimo di 30 milioni di dollari in totale per entrambi i piloti della stessa scuderia, escludendo bonus e diritti di immagine personali.
E’ una soglia significativa, rivoluzionaria, e che avrà certamente ripercussioni. Al momento Lewis Hamilton prende (da solo) intorno ai 30 milioni di dollari, che vanno a toccare i 45 con tutti i bonus. E’ lui quello che guadagna di più, seguito da Max Verstappen che arriva a quota 25 milioni di dollari più bonus e sponsor personali.
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BUDGET CAP. Il fronte è caldo. In Ferrari, Sainz e Leclerc insieme superano i 20 milioni di dollari. Ma l’elenco dei 20 piloti impegnati in questo mondiale è ricco. Ricco di differenze. Dai 500mila dollari di Tsunoda ai 15 milioni di Ricciardo (più bonus, ovviamente). Passando per Valtteri Bottas, compagno di sua maestà Lewis, che di milioni ne prende 10. Se dovesse passare la proposta, a chi abbasserebbero l’ingaggio: a lui o a Hamilton? E’ chiaro che i big potrebbero storcere il naso, ma le vie della finanza sono infinite e da qualche parte è possibile che si riesca a compensare.
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Negli sport americani, dalla Nba al baseball, questo tipo di regole non sono una novità, già esistono, anche se le cifre restano altissime perché spalmate su più anni. Ma i tempi sono quelli che sono, durissimi, complessi anche per il Circus, che senza pubblico e con le difficoltà economiche rischia di dover ridimensionare lo show business. Come si dice: the show must go on. E dunque si andrà avanti, magari con il budget cap, notizia fatta circolare dalla FIA e da Liberty Media. La discussione tra le istituzioni-corse e le associazioni piloti non mancheranno, questo è sicuro.
ARTISTI. Già lo scorso anno si era deciso di mettere il freno alle innovazioni, congelare telai e motori utilizzando gli stessi della stagione precedente. Anche lì: è arrivato il budget cap che ha imposto ad ogni team di non spendere più di 175 milioni di dollari a stagione, abbassati a 145 milioni per il 2020/21. Ma il tetto agli stipendi è una specie di rivoluzione copernicana, e non è detto che non possa coinvolgere (o trascinarsi dietro) anche altri sport. «Noi siamo come i pittori», aveva detto Hamilton qualche giorno fa.
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La F1 come arte. E come l’arte inserita in un sistema industriale che dunque ha un prezzo. Tazio Nuvolari firmò un contratto con l’Alfa Romeo che sapeva di meraviglia e smeraldo, Michael Schumacher secondo Forbes aveva raggiunto un miliardo di dollari (solo 40 milioni dagli sponsor). I tempi sono cambiati, e certo il covid ci ha messo il carico sopra. Ma la velocità non è per tutti, così come il rischio in pista. Cose che hanno un costo. Difficile metterci un tetto.
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