1 – DAGONOTA
conte trump
A Palazzo Chigi non è affatto piaciuta la lettera di Giuseppi su ‘’La Stampa’’. C’è chi l’ha definita un autentico autogol istituzionale. Qualcun altro parla di invidie e gelosie verso SuperMario. Lo sfogo del Rosi-Conte avrebbe sorpreso (è un eufemismo) persino il Colle.
In casa 5Stelle, idem con patate. Grillo, poi, non ha ancora trovato un‘Alka Seltzer per digerire il discorso di Conte all’assemblea pentastellata della scorsa settimana e gliel’ha detto: meno democristiano, più assertivo, non puoi stare sempre nel mezzo, devi prendere i tuoi rischi, svegliati! che siamo vicini alle Amministrative di ottobre e i malumori nel movimento crescono, se perdi le comunali rischi davvero di tornare a fare l’azzeccagarbugli da Alpa.
massimo giannini a dogliani
Sulla “Stampa” di oggi c’è la paginata di Massimo Giannini che disintegra la politica estera dello schiavetto di Casalino ma dimentica di aggiungere un lato oscuro dell’ex premier allorché, come autorità delegata ai Servizi, autorizzò il capo del DIS, generale Gennaro Vecchione, di ricevere nel silenzio romano di Ferragosto William Barr, asserendo che come ministro della Giustizia degli Stati Uniti era anche a capo della CIA.
WILLIAM BARR JOHN DURHAM
Una supercazzola utile per ingraziarsi Donald Trump dell’endorsement alla sua persona («spero che Giuseppi resti primo ministro!»), impegnatissimo com’era a farsi riconfermare al Palazzo Chigi.
2 – MIO CARO CONTE AVETE SBAGLIATO POLITICA ESTERA
Massimo Giannini per "La Stampa"
giuseppe conte gennaro vecchione
Caro Presidente Conte, La ringrazio per la Sua lettera e per la Sua attenzione.
Capisco le ragioni che la spingono a replicare ai contenuti del mio editoriale. Ma mi corre l' obbligo di replicare a mia volta, per ribadire i fatti che Lei considera «falsità» e che invece, purtroppo, non lo sono.
Scrivo «purtroppo» perché le questioni di cui stiamo parlando riguardano non già le baruffe chiozzotte tra i partiti di casa nostra, ma la politica estera del Paese, che è materia delicata ed essenziale a definirne il profilo e a tutelare l' interesse nazionale.
trump Conte
Il primo «fatto» è il severo giudizio di Mohammed bin Zayed, emiro di Abu Dhabi, sulla «sostanziale inutilità» dei due incontri ufficiali avuti con Lei a proposito della Libia e sulla sua ferma volontà di non replicarne altri. Per bollare come «falsità» questo mio resoconto Lei spiega che dopo quei due incontri ha avuto con lo Sceicco «ulteriori colloqui», a conferma dell'«eccellente rapporto personale instaurato».
Io non so se dopo il marzo 2019 vi siano state conversazioni telefoniche tra voi: non ce n' è traccia nelle comunicazioni ufficiali di Palazzo Chigi. Ma so per certo e ribadisco quello che ho scritto, e che mi è stato riferito da una fonte primaria e autorevolissima che, sul terreno, ha istruito e segue da sempre il dossier libico-emiratino.
giuseppe conte mohammed bin zayed al nahyan
Il secondo «fatto» è il blitz del 17 dicembre 2020 per liberare i 18 pescatori mazaresi sequestrati dai libici. Qui non ci dividono «falsità», come Lei dice, ma semplicemente opinioni. La mia rimane quella che ho scritto: il volo improvvisato a Bengasi e le modalità con le quali è stato organizzato il rilascio dei sequestrati, con tanto di photo-opportunity pretesa da Haftar, restano una pagina opaca della nostra storia diplomatica.
CONTE CON HAFTAR
Comprendo il "movente": dopo aver respinto «altre richieste non accoglibili» (sono parole Sue) quella foto era evidentemente l' unica che ritenne di accogliere per raggiungere il risultato, cioè il rilascio dei pescatori. Fu dunque un gesto di realpolitik. Ma l' evidenza rimane: come ho scritto, fu comunque un episodio imbarazzante.
GIUSEPPE CONTE E DONALD TRUMP
Detto tutto questo, Caro Presidente Conte, La voglio rassicurare sugli ultimi due punti della Sua lettera. Da parte mia non c' è nessuna intenzione di denigrare chi c' era ieri per lodare chi è arrivato oggi. Lei ha guidato l' Italia in una stagione infausta, soprattutto per la nostra collocazione geopolitica. Sa meglio di me che sulla credibilità del Paese che Lei rappresentava nei consessi internazionali hanno pesato fortemente le sbandate filorusse della Lega e le intemerate filocinesi dei Cinque Stelle.
GIUSEPPE CONTE KHALIFA HAFTAR
Diciamo che non solo la tela delle relazioni transatlantiche, ma più in generale tutta la politica estera (in particolare con il Suo primo governo gialloverde) ha subito strappi di ogni tipo.
Come dimenticare la missione del ministro degli Interni e vicepremier Salvini al Cremlino, quando il Capitano attaccò ferocemente Francia e Germania e concluse dicendo «qui a Mosca mi sento a casa mia, mentre in alcuni Paesi europei no»? Era il 16 ottobre 2018, e dopo il varo delle sanzioni contro Putin per l' annessione della Crimea e l' aggressione dell' Ucraina noi scaricavamo così Parigi e Berlino, per schierarci al fianco del nuovo Zar di tutte le Russie.
Putin Conte - vaccino show
E come dimenticare la missione del vicepremier e ministro dello Sviluppo Economico Di Maio proprio a Parigi, quando insieme all' allora suo scudiero Di Battista incontrò il leader dei gilet gialli Christophe Calencon e ne sostenne pubblicamente la battaglia, in nome «delle posizioni e dei molti valori comuni che mettono al centro delle nostre battaglie i cittadini»? Era il 5 febbraio 2019, e nel pieno di una protesta violenta che ogni weekend metteva a ferro e fuoco la capitale francese, noi prendevamo a schiaffi così l' alleato Macron.
giuseppe conte donald trump by osho
In tanta confusione identitaria, se me lo consente, Lei talvolta ci ha messo del Suo. Un esempio su tutti: l' atteggiamento un po' troppo appiattito su Trump, che del resto le valse un endorsement fondamentale per il Suo secondo governo. Era il 27 agosto 2019 e, subito dopo la pazza crisi del Papeete, The Donald cinguettò il famoso «spero che Giuseppi resti primo ministro!».
giuseppe conte vladimir putin
Un "abbraccio" non mortale ma certo soffocante, che forse spiega il ritardo col quale il 17 gennaio scorso sono infine arrivate le congratulazioni telefoniche con il neo-eletto presidente Joe Biden.
GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI
Ma a parte questo, Lei ha fatto quel che ha potuto. E di una cosa, decisiva per noi e per l' intero Occidente, Le do atto volentieri: ha tenuto la barra dritta sull' elezione di Ursula Von Der Leyen alla presidenza della Commissione Ue. Una mossa non scontata, persino miracolosa, nelle assurde condizioni politiche di allora, che ha messo all' angolo le destre populiste e sovraniste e ha cambiato il corso degli eventi in Europa.
intervento di massimo giannini (1)
Era il 16 luglio dello stesso 2019, e forse proprio quella svolta (che a Strasburgo i Cinque Stelle condivisero con i popolari e i socialisti europei) convinse definitivamente Salvini a rompere un mese dopo il patto di governo. Dunque, come vede, da parte mia nessuna denigrazione preconcetta e nessuna critica «a prescindere».
Infine, nella Sua lettera Lei parla di una «causa abbracciata» da me e «dall' intero gruppo editoriale». La citazione di Talleyrand sull' eccesso di zelo è bella, ma fa torto alla Sua intelligenza e alla Sua cultura. Per quel poco o tanto che ci conosciamo, dovrebbe aver capito che delle scelte fatte e della "linea" del mio giornale (sulle quali il mio gruppo editoriale non mi chiede e non mi ha mai chiesto conto) rispondo solo a me stesso e ai miei lettori.
mario draghi saluta biden consiglio europeo
E dovrebbe anche aver capito che in politica ho le mie idee, ma non abbraccio «cause» a priori, dove per cause si intendono capi di governo o leader di partito. Dunque, se oggi Lei per «causa» intende Mario Draghi, certo, Le confermo che apprezzo e stimo l' attuale premier.
Ma l' apprezzamento e la stima (come del resto capitava anche per Lei) non mi fanno velo quando ne giudico gli atti di governo. Per averne prova, vada a leggere gli ultimi editoriali che ho scritto, sui troppi silenzi di Palazzo Chigi, sui troppi ritardi nei vaccini, sui troppi errori nei viaggi consentiti all' estero, sulle troppe promesse mancate per la scuola.
GIUSEPPE CONTE E DONALD TRUMP
Concludendo, possiamo forse venirci incontro. Io prometto che non cadrò nella trappola dello zelo di cui scriveva Talleyrand, Lei prometta di non cadere nella Schadenfreude di cui parlava Schopenhauer. Non renderebbe un buon servizio al Paese. E soprattutto non La aiuterebbe nel compito impegnativo di cui si è fatto responsabilmente carico: e cioè (come Lei stesso mi scrive) «rifondare il Movimento 5 Stelle» e «renderlo pienamente idoneo a interpretare una nuova stagione politica». Segno evidente che finora non lo è stato.