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    “ABBIAMO CREATO UN PANICO SANITARIO” - IL CHIRURGO ONCOLOGO ERMANNO LEO: “ORA CHI HA ALTRE MALATTIE EVITA DI ANDARE IN OSPEDALE: COSÌ CRESCERÀ LA MORTALITÀ. MI CHIEDO COME MAI IN ITALIA, DOPO LA PRIMA FASE, NON DISPONIAMO STUDI CLINICI SU COME SIANO STATI TRATTATI I PAZIENTI: CON QUALI FARMACI E QUALI RISULTATI''


     
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    Adriana Bazzi per il “Corriere della Sera”

     

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    Non chiamiamola più «pandemia», ma «sindemia». Lo suggerisce Richard Horton, direttore di Lancet. Il problema, dice Horton, non è solo la diffusione del nuovo Coronavirus, ma il fatto che colpisce più duro dove ci sono situazioni di disagio sociale, povertà, malattie preesistenti, sommandosi (da qui il termine di sindemia ndr) a queste ultime. Ne discutiamo con Ermanno Leo, chirurgo oncologo di Milano.

     

    Cosa sta succedendo con la seconda ondata?

    «Partiamo dall' inizio. Questa pandemia è stata sottovalutata, complice anche l' Oms che non ha segnalato alla comunità scientifica i primi casi "strani" di polmonite in Cina, già nell' autunno 2019. Così il virus si è diffuso nel mondo. L' Oms dovrebbe essere un organismo indipendente, ma è finanziato soprattutto da privati. E forse andrebbe rifondato».

     

    CORONAVIRUS - OSPEDALE CORONAVIRUS - OSPEDALE

    L' Italia è stato uno dei primi Paesi colpiti. Come ci siamo comportati?

    «Mi chiedo come mai, dopo la prima fase, non disponiamo studi clinici su come siano stati trattati i pazienti: con quali farmaci e quali risultati. Se arrivo in ospedale, ora, in piena seconda ondata, non so come verrò curato».

     

    Ecco, la seconda ondata, con previsioni drammatiche per i prossimi giorni.

    «È così. E ci saranno danni collaterali molto importanti, non solo per chi ha il Covid, ma per tutti gli altri pazienti. Non abbiamo imparato niente dalla prima fase. Abbiamo creato un "panico sanitario"».

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    Che cosa intende?

    «Per dire: molti pazienti con tumori (già diagnosticati o in attesa di valutazione, ndr ) o con problemi cardiovascolari (il numero di ricoveri per presunti infarti è diminuito, ndr ) o con sintomi minori di ischemia cerebrale (non ictus, ma i cosiddetti attacchi ischemici transitori, ndr ) a volte non vanno in ospedale per timori di contagio. Questo significa un presumibile aumento della mortalità per questi pazienti, perché la tempestività degli interventi può salvare la vita. E la situazione adesso si aggraverà».

     

    Ci sono, poi, i pazienti con malattie croniche, che possono avere bisogno, per esempio, di terapie del dolore. Gli anziani malati, confinati in casa, a carico dei famigliari. E quelli in situazioni di povertà. Come assisterli? È questo il senso della «sindemia»?

    «Sì. Al momento queste persone sono abbandonate. Più o meno. È un fallimento della medicina territoriale. Ma c' è un' opportunità che questo coronavirus ci potrebbe offrire: la riscrittura di alcuni capitoli dell' assistenza sanitaria in Italia».

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