Alessandro Oppes per www.repubblica.it
PEDRO SANCHEZ
Ormai è scontro totale tra Barcellona e Madrid. La maggioranza indipendentista del Parlamento catalano ha dato il via libera (72 voti a favore, 63 contrari) alla risoluzione che segna l'avvio del processo di rottura dell'unità nazionale. L'obiettivo: "Creare uno Stato catalano indipendente sotto forma di Repubblica".
I separatisti la chiamano "desconnexió democràtica", un qualcosa che equivale a staccare la spina, progressivamente, attraverso la rapida approvazione di nuove leggi locali che servano a creare le strutture di un nuovo paese sovrano.
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Anche a costo di disobbedire alle norme legislative dello Stato spagnolo, alla Costituzione varata dalle Cortes nel 1978, e alle sentenze del Tribunale Costituzionale che nella mozione viene indicato in modo esplicito come "delegittimato e senza competenza" per via della sentenza del 2010 che bocciò una parte dello Statuto regionale già sottoposto a referendum, scatendando la rabbia secessionista.
Il voto del Parlament, accolto con cori a favore dell'indipendenza da parte di centinaia di manifestanti riuniti davanti alla sede del Parc de la Ciutadella di Barcellona, segna la più grave sfida alle istituzioni registrata in Spagna dopo il tentato golpe del tenente colonnello Tejero del 23 febbraio 1981. Il premier Mariano Rajoy, che da giorni insiste sulla necessità di una risposta "ferma ma proporzionata", ha già pronto il ricorso al Tribunale Costituzionale che nei prossimi giorni dovrebbe dichiarare nulla la risoluzione parlamentare.
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Il governo centrale ha l'appoggio dell'opposizione socialista (Pedro Sánchez verrà ricevuto domani alla Moncloa) e dei centristi di Ciudadanos guidati da Albert Rivera.
"Utilizzeremo tutta la forza della legge e della democrazia", ha detto Rajoy nella sua prima dichiarazione istituzionale in risposta alla sfida. Il Consiglio dei ministri si riunirà mercoledì in seduta straordinaria per studiare tutte le contromisure del caso. Ma la vera entità dello scontro in atto si comincerà a toccare con mano nel momento in cui le autorità catalane cominceranno a disobbedire alle leggi dello Stato.
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La prima a finire nel mirino della giustizia spagnola potrebbe essere la presidente del Parlament, Carme Forcadell, che due settimane fa conclude il suo discorso d'investitura con un clamoroso "viva la Repubblica catalana!": non si esclude che possa essedere dichiarata decaduta dall'incarico per aver consentito la votazione su una mozione illegittima come quella approvata oggi.
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Forcadell sarebbe solo il primo capro espiatorio, in attesa che nasca il nuovo governo catalano, che a più di un mese dalle ultime elezioni non è stato ancora costituito. Oggi Artur Mas, presidente uscente e candidato alla riconferma della lista maggioritaria di Junts pel Sí, pronuncia il suo discorso d'investitura. Ma è quasi certo che, almeno alla prima tornata, non verrà eletto. La frangia più radicale del fronte separatista, la Cup (Candidatura di unità popolare) ha fatto sapere infatti di non avere intenzione di sostenere un leader politico il cui partito, Convergencia Democràtica, è sotto inchiesta per una lunga serie di scandali di corruzione.
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