Francesca Caferri per La Repubblica
ahiida zanetti ult
«Tutte queste polemiche almeno sono positive per gli affari. Da qualche giorno non ho neanche il tempo di respirare: il mio sito Internet è sommerso dagli ordini e vuole sapere una cosa? La maggior parte sono di donne non musulmane! Finirà che dovrò ringraziare la Francia per la pubblicità ». Al telefono da Sidney, Australia, a un' improbabile ora della notte, la voce di Ahiida Zanetti è allegra e squillante, ma soprattutto incredula.
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Sono passati undici anni da quando questa signora di origini libanesi, musulmana praticante e velata, ha confezionato per la prima volta e brevettato la sua creatura, il burkini, un «costume da bagno integrale che si indossa come una tuta e ha un cappuccio incorporato per coprire la testa», raccontava a Repubblica. Otto da quando un' atleta del Bahrein ha sfilato alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino con una tuta creata da lei, catapultandola sotto i riflettori del mondo. Da allora Ahiida Zanetti non si è più fermata: «Dal 2008 - racconta - ho venduto 700mila burkini in tutto il mondo».
Come è iniziata la sua avventura?
«In maniera piuttosto banale.
Ho sempre amato nuotare. A un certo punto però avevo rinunciato, perchè non riuscivo a sentirmi comoda. Quando ho visto le mie nipoti affrontare lo stesso problema ho pensato di creare qualcosa per loro. Funzionava e così ho brevettato il modello. All' inizio facevo tutto da sola: sceglievo i tessuti, cucivo, imballavo. Ricordo le notti insonni fra i macchinari ad allattare i miei bambini. Poi il lavoro è aumentato e sono arrivata a mettere su una piccola fabbrica: ho otto persone che cuciono e due che tagliano per me, senza contare chi si occupa degli ordini, dell' amministrazione e del marketing. Ma a disegnare i nuovi modelli e controllare che tutto sia perfetto ci sono sempre io».
Cosa pensa delle polemiche di queste settimane?
«Credo che non siano giuste: il burkini è nato per dare alle donne che amano lo sport ma che vogliono vestire in maniera modesta, come me, una possibilità di scelta. Prima dovevamo andare in spiaggia con vestiti normali, magliette e pantaloni, con il risultato di non riuscire neanche a nuotare. Ora chi vuole ha un indumento fatto appositamente per i diversi sport, con tessuti che si asciugano e che lasciano respirare la pelle. Vietarlo significa limitare la libertà di scelta delle donne ».
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I francesi la vedono in maniera opposta...
«Chi indossa il burkini sceglie: di andare al mare ma di essere modesta. I francesi vedono in questa scelta e nel pezzo di stoffa che la rappresenta, un emblema di costrizione. Io ci vedo un emblema di libertà. E anche un semplice pezzo di stoffa. Trasformarlo in un emblema razzista mi pare eccessivo».
Però in Francia il clima non è molto favorevole ai musulmani in questo momento. Non sarebbe meglio evitare le tensioni e mettere il burkini nell' armadio per ora?
«No. Se non volessimo venire incontro al mondo in cui viviamo resteremmo chiuse in casa invece di andare a nuotare, o indosseremmo le camicie ampie delle nostre madri. Vorrei sapere quali valori avremmo insultato coprendoci: se qualche politico francese me lo spiegasse gliene sarei grata. Soprattutto per un motivo».
Quale?
« Così potrei creare qualcosa di specifico per il mercato francese, visto che sono così interessati alle mie creazioni. Se devo aprire un po' il costume sulle spalle o accorciare le maniche me lo facciano sapere: ho già fatto tante modifiche al modello originale. Oggi ci sono burkini da atletica, per taglie comode, ampi per chi preferisce le linee morbide, colorati e con le maniche a ¾ per le ragazzine. Sarò felice di studiare un modello apposta per i francesi». (ride)
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Ironia a parte e in attesa delle francesi: chi sono oggi le clienti tipo?
«Molte sono musulmane, ma tante altre sono donne che non amano scoprirsi troppo in spiaggia: infatti realizzo burkini anche con pantaloni semi-corti e senza cuffia.
In questi giorni la maggior parte degli ordini arriva da donne che finora non sapevano neanche dell' esistenza di un costume coprente e che lo hanno scoperto adesso ».
«Stati Uniti e il Canada, ma l' Europa sta crescendo: nell' ultimo anno le vendite sono salite del 40% fra Francia, Germania, Austria e Paesi Bassi».
Il burkini ha fatto di lei una stilista di successo: si aspettava le controversie?
«Il burkini ha fatto di me una donna felice, che fa quello che ama. Sulle polemiche dico solo che non si può imporre alle donne cosa indossare. Non ci sono riusciti neanche i Taliban. Dubito lo faranno i sindaci francesi».
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