DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Francesco Persili per Dagospia
“Viaggiavamo tanto tra festival e premi ma Alberto aveva una regola alla quale non poteva soprassedere: la domenica bisognava tornare a casa”.
A "Non è un Paese per giovani", il programma di Radio 2 condotto da Massimo Cervelli e Tommaso Labate, Paola Comin, addetta stampa e storica collaboratrice di Sordi, racconta l’Albertone privato a partire dalla “magnata alla romana” domenicale.
“All’una precisa si metteva a tavola per gustarsi quello che chiamava “piatto unico”, un trionfo di “pastasciutta, melenzane, polpettine, ricotta e una spolverata di parmigiano”. “Non si poteva disturbarlo mentre pranzava”.
Poi bicchierino, Domenica In e pennichella (“Mi prende come un torpore, mi si annebbia tutto, sento suoni di campane… (VIDEO!)
fenech baudo sordi domenica in
La casa di Alberto Sordi è un luogo dell’anima e un punto di ritrovo per ogni romano. “Faceva molte feste, dopo la morte della sorella è sceso un velo di tristezza”. Le finestre erano spesso chiuse? “Aveva mobili e dipinti antichi che avevano bisogno di essere protetti dalla luce. Aveva lavorato da ragazzino da un grande antiquario, e conosceva anche questi segreti”.
Non aveva scaramanzie particolari, né capricci da star. La sua preoccupazione era preservare la privacy, proteggere la sorella in qualsiasi maniera. Usciva pochissimo, non andava più allo stadio. Era abitudinario. “Avevamo 2-3 ristoranti che amava, andava sempre lì. Si svegliava sempre con “Unomattina” su Rai1 e mi chiamava: “Ma hai sentito le cretinate che ha detto? Ce l’aveva con lo chef Vissani. Ha detto che il pomodoro non serve, ma te rendi conto?”
I suoi amici del cuore? “Il compositore Piero Piccioni e lo sceneggiatore Rodolfo Sonego. Era legatissimo alla memoria di Vittorio De Sica (Mi diceva: “Ci sentivamo tutti i giorni. Certe volte prendo er telefono per chiamarlo ma Vittorio non c’è più”). Nacque un’amicizia vera con la signora Franca Ciampi e il marito Carlo Azeglio. Voleva molto bene a Carlo Verdone, le ultime cene sono state con lui e i fratelli Vanzina.
I film preferiti? “All’inizio girava 10-12 pellicole l’anno. Se li ricordava tutti, amava i primissimi, “Lo sceicco bianco”, “U Vitelloni”. Di “Un americano a Roma?” ricordava sempre che "non c’era sceneggiatura, andava a braccio". Amava moltissimo “La Grande Guerra” perché "dava la dimensione di quanto in un conflitto fosse sottile il confine tra vigliaccheria e eroismo. L’eroe non è mica Rambo, quello è un matto. L’eroe è chi vuole riportare la pelle a casa..."
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