Antonio Riello per Dagospia
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La Somerset House è un elegante edificio dell’epoca georgiana costruito nel 1776 dall’architetto William Chambers lungo la riva settentrionale del Tamigi. Ospita in queste settimane la mostra CUTE, curata da Claire Catterall. “Cute” è un termine difficilmente definibile ma potrebbe essere tradotto in italiano come “adorabilmente carino!” o, se preferite, “davvero coccolo!” (sempre in compagnia di almeno uno o due punti esclamativi!).
Più che una categoria estetica vera e propria è un sentimento visivo, profondamente legato alla cultura popolare nipponica. Una cifra che identifica fin dagli anni ’70 il Pop giapponese (e le sue derive internazionali). In sintesi: testa tonda, occhi grandi, aria buffa, lineamenti dolci e minuti, niente spigoli. Qualcosa che si ritrova facilmente nelle fattezze dei cuccioli di molte specie (i gatti vanno per la maggiore).
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Animali reali (e soprattutto immaginari) dotati di una forte carica ludica e che i fumetti e il cinema di animazione del Sol levante hanno trasformato in un trend globale. Cuori e cuoricini abbondano. Il verbo chiave è “adorare”. I colori dominanti: rosa, bianco, lavanda pallido (altre eventuali tinte sono rigorosamente de-saturati con il bianco).
Alcune emoticon e soprattutto molti personaggi dei videogame di grande popolarità (basta solo pensare per esempio a Sonic the Hedgehog) sono stati immaginati appunto per essere una chiara espressione della “Cutiness”. Il lato femminile decisamente è più importante di quello maschile. Detto in uno slogan, questo mondo in pratica e’ “testosterone-free”.
sean kerre
La mostra inizia cercando di definire le linee generali del discorso. All’ingresso una scritta la dice lunga: “CUTE: I am everything you want me to be”. Siamo poi idealmente proiettati in Giappone dove la parola usata originariamente per definire la faccenda è “Kawaii”. Un mondo di fantasia che ha anche il suo distintivo lato sonoro: si ascoltano musichette da discoteca non prive di una loro orecchiabilita’.
Si incrociano spazi dove una spaventosa quantità di pupazzi e peluche la fa da padrone. Il marchio “Hello-Kitty” domina indisturbato la scena (si ha l’impressione, di primo acchito, di essere capitati nella sala espositiva della azienda stessa). Oggetti di ogni classe merceologica sono stati sagomati e adattati a questo stile per un mercato particolarmente bulimico, fatto anche (e soprattutto) da adulti. Sovviene alla memoria anche il recente film Barbie: bambole, giocattoli e gadget sono infatti parte determinante di questo immaginario.
flannery silva
Ad un certo punto compaiono, in grandi teche, abiti tipicamente infantili - da scolaretta - ma con taglie da adulti. Un clima di ambigua seduzione (o morbosa fantasia) è, in qualche modo, percepibile. Sì, bisogna comunque ammetterlo, aleggia l’ombra di una forma (speriamo repressa) di cripto pedofilia. Inoltre tutto ciò è anche il segno - non incoraggiante – che diversi individui appartenenti alle generazioni X e la Y (compresa parte della Z) non vogliono diventare adulti e continuano, più o meno morbosamente, a crogiolarsi in una finta infanzia prolungata quasi all’infinito.
Potrebbe apparire come la manifestazione estetica una disperata lotta - magari non proprio “titanica” - per provare a fermare il Tempo. Ma forse, in fondo, è solo paura delle responsabilità che la vita adulta inevitabilmente comporta. E, ultima nota di perplessità: secondo i canoni di questo sistema estetico, Kim Jon-un, l’imprevedibile e feroce dittatore della Corea del Nord, risulterebbe un tipo “assolutamente adorabile!”.
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Una seconda parte indaga come l’Arte Contemporanea ha cercato di dialogare con questo fenomeno, il cui ambiente più congeniale è senz’altro l’articolato universo dei videogame. Subito si nota che manca all’appello Takashi Murakami, la presenza più ovvia e naturalmente prevedibile, ma comunque la compagine degli artisti presenti è robusta e aggiornata.
Cosima von Bonin, artista tedesca, ha in mostra una sua bella installazione del 2018 (forse il lavoro piu’ interessante e meno banalmente contaminato). Nayland Blake, americano, espone una sua intrigante creazione: una bambola in ceramica nera vestita con una inquietante tutina bianca che richiama le fattezze di un coniglio. Bunny Rogers ha invece una statua su un piedestallo, il soggetto è una specie di alieno con il volto da geco (si tratta di una creatura che ha il suo habitat in un videogame chiamato Neopia).
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Un video dell’artista cinese Wong Ping richiama atmosfere infantili mescolate ad una grafica molto elaborata. Interessante e disturbante: una certa inespressa sessualità incombe prepotente. Sean-Kierre, originaria della Corea del Sud, propone un altro animale immaginario: una specie di dragone-chimera con l’aria allegra e giocosa.
Ed Fornieles, inglese, lavora nel campo dei video e degli NFT e ha creato degli esserini, noti come Finis, che proliferano nella rete e anche nelle gallerie d’Arte. L’opera più immersiva e sofisticata e’ stata prodotta da Hanna Diamond: una grande stanza avvolta da tende in tulle piena di cuscini e di video. Un luogo dove le fanciulle in visita dovrebbero sentirsi libere - almeno nell’intenzione dell’artista - di raccontarsi i propri sogni.
Sian Fan da parte sua ha installato una stazione digitale interattiva dove si può ballare e fare ginnastica al ritmo di motivetti “cute”. Flannery Silva elabora cin molta grazie motivi legati alle ballerine e alla danza. In generale l’atmosfera e’ leggera, giocosa e adolescenziale, siamo lontani dalle consuete tematiche socialmente impegnate (solo le “questioni di genere” hanno dichiaratamente una certa presenza).
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Alla fine del percorso si viene accolti da un enorme e copioso bookshop dove si può trovare e comperare di tutto. Non si capisce bene se è parte della mostra stessa, tanto assomiglia alla parte introduttiva. Ma probabilmente sono le segrete e fluide dinamiche di questa nicchia dell’immaginario visivo che non distinguono nettamente tra mercato e cultura. Per capirne di piu’ non è necessario comunque andare fino in Giappone, basta leggere “The Power of Cute” di Simon May oppure “Irresistible, how Cuteness wired our brains” di Joshua Paul Dale.
CUTE
Somerset House
Strand, Londra WC2R 1LA
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Fino al 14 Aprile 2024