Da gazzetta.it
daily express
Allarme calciatori. Secondo una ricerca svolta in Inghilterra su richiesta della Football Association e del sindacato dei giocatori (quindi decisamente seria), i calciatori professionisti hanno una percentuale di rischio molto superiore alla media di morire di demenza e di altre gravi malattie neurologiche. Come riporta il Daily Express in prima, hanno esattamente probabilità tre volte e mezzo superiori rispetto a persone della stessa fascia d'età. Lo studio, condotto dall'Università di Glasgow per 22 mesi sui casi di 7676 ex calciatori scozzesi, ha anche riscontrato un rischio cinque volte superiore per l'Alzheimer, di quattro volte per malattia neuromotorie come la Sla e di due volte per il Parkinson.
LE CAUSE
La FA ha già fatto sapere che istituirà una task force per cercare di comprendere meglio le cause di questi numeri impressionanti. Il sospetto è che possano dipendere dalle tante volte in cui i calciatori colpiscono il pallone di testa, soprattutto quelli di una volta che erano particolarmente pesanti. Ma questo nesso non è comunque riportato nella ricerca dell'Università di Glasgow. Dell'Inghilterra campione del mondo nel '66 sono tre i giocatori affetti da Alzheimer (Martin Peters, Nobby Stiles e Ray Wilson), a cui si aggiunge il caso di Jeff Astle, scomparso nel 2002 a 60 anni per encefalopatia traumatica cronica. L'attaccante era famoso per i suoi colpi di testa.
calcio inglese
SHEARER
Andrea Pettinello per www.foxsports.it
shearer
Troppi calciatori rischiano di soffrire di demenza una volta terminata la carriera, gli allenatori lo sanno e non fanno assolutamente nulla per tutelarli. A rivelarlo è Alan Shearer, che in un documentario che andrà in onda sulla BBC non solo si è sottoposto a test medici specifici per stabilire quali e quante fossero le possibilità di soffrire di demenza in futuro, ma ha anche cercato di sensibilizzare coloro che potrebbero presto avere a che fare con problematiche simili.
Tra partite e allenamenti, un giocatore può colpire il pallone con la testa tra le 800 e le 1500 volte a settimana: un dato troppo spesso sottovalutato. E fino alla morte di Jeff Astle avvenuta nel 2002 per una rara forma di demenza, gli esperti non avevano mai realmente preso in considerazione il fatto che colpire il pallone con la testa provocasse un danno gravissimo al cervello dei calciatori.
jeff astle
Prendiamo come esempio Fabrice Muamba, vivo per miracolo dopo esser collassato in campo nel bel mezzo di una partita per un arresto cardiaco. In seguito a quell'incidente, nel giro di poco più di 6 mesi, su tutti i campi di calcio (non solo quelli di Premier League) era obbligatorio che i paramedici a bordocampo avessero accesso a un defribrillatore. In quel caso ci si è mossi prontamente, risolvendo un problema fino a quel momento ignorato, ma quanto bisognerà aspettare prima che il rischio della demenza venga preso realmente in considerazione?
Dobbiamo assicurarci che il gioco del calcio non diventi uno sport in grado di uccidere. Finora non ci si è presi abbastanza cura degli ex calciatori e non lo si sta facendo nemmeno con i giocatori attuali. Servono risposte immediate, ma soprattutto serve maggior sensibilità e responsabilità da parte di chi, queste situazioni, le vive ogni singolo giorno della sua vita. Chiunque pratichi questa attività, e non deve per forza giocare in Premier League, potrebbe in futuro soffrire di questo tipo di problematica.
il calciatore jeff astle
Queste le parole con le quali Alan Shearer ha voluto introdurre il documentario che andrà in onda sulla BBC durante il prossimo weekend. L'obiettivo dell'ex attaccante inglese, nonché miglior marcatore della storia della Premier League, è quello di dar voce anche a quelle poche persone che nel corso di questi ultimi anni hanno cercato di sensibilizzare tutti coloro che ritenevano la demenza un problema marginale in uno sport come il calcio. In allenamento colpivo il pallone di testa tra le 100 e le 150 volte. Ogni giorno. Il che vuol dire una media di 1000/1500 colpi di testa a settimana. Allora non era un problema, ma oggi o un domani potrebbe esserlo. Ho già di mio una pessima memoria e non escludo che il tutto possa aggravarsi con il passare del tempo.
A far da ostacolo, però, ci si è messo recentemente Les Ferdinand, anche lui ex attaccante della nazionale inglese e oggi direttore sportivo al QPR, che ha spiegato di non aver intenzione di supportare la teoria di Shearer fino a che non saranno dei medici specializzati a confermare la veridicità delle sue parole. In attesa che il documentario di domenica sveli qualche retroscena, i pareri sull'argomento continuano a essere ancora troppo discordanti.
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