Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
CINA
Una copia alta dieci metri della Coppa del Mondo si staglia davanti all’arco trionfale che è l’ingresso della Evergrande Football School di Qingyuan, un centinaio di chilometri da Guangzhou (Canton). Un’iscrizione proclama: «La volontà comune crea la gloria». Le palazzine hanno lo stile dei college di Oxford, sormontate da torrioni con i tetti a punta. Questi edifici da favola ospitano 2.600 ragazzini dai 10 ai 17 anni che studiano e giocano al pallone.
Siamo nella scuola di calcio più grande del mondo. L’ha costruita a tempo di record (due anni) il presidente del gruppo immobiliare Evergrande, il miliardario Xu Jiayn, proprietario della squadra del Guangzhou (di Lippi e ora Cannavaro). Il signor Xu è uno dei personaggi che stanno cercando di esaudire il «sogno cinese» del presidente Xi Jinping: portare la Cina a essere una potenza mondiale anche nel football. Compito arduo: la Nazionale nelle classifiche internazionali arranca oltre l’ottantesima posizione.
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I bambini qui frequentano i corsi scolastici normali dalle elementari al liceo e ogni giorno ricevono un’ora di lezione con il pallone. Per farli giocare tutti, il signor Xu non ha badato a spese: i campi sono 50, metà in erba perfetta e gli altri in sintetico. Poi ci sono la piscina olimpionica, campi da basket e da tennis, palestre, laboratori, dormitori, mense.
È mattina presto, piove e nel caldo subtropicale gruppi di bambini in maglietta e calzoncini da gioco corrono verso le aule per le lezioni. La divisa in classe è la stessa della tenuta sportiva, così poi non si perde tempo a cambiarsi. Tutti a lezione a studiare letteratura e matematica a quest’ora, tranne chi marca visita. Davanti all’infermeria una fila di piccoli raffreddati, col mal di pancia o «infortunati».
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Il filosofo
Seduto su una panca in attesa della visita, Ye Wendi, dodicenne con la caviglia fasciata e una faccia da scugnizzo meridionale. Che cosa ti è successo? «Facevo la difesa a tre contro l’attacco a tre, un tackle, ho preso un calcione e ora la caviglia è gonfia e un po’ nera, ho deciso: meglio fare l’attaccante». Come va lo studio? «Così così, ma bisogna studiare, soprattutto l’inglese, altrimenti come si fa a capire l’allenatore? Io in inglese sono tra i primi dieci della mia classe, però non parlo tanto bene, vado meglio a leggere e a fare il test scritto. Ma così passo l’esame no?».
E le altre materie? «A me piace il calcio, quando ho il pallone un’ora passa in un secondo, quando sono in classe un minuto di lezione ti fa sentire più vecchio di un anno, ma funziona così». Una risposta da filosofo. Nei vialetti, statue di bronzo di calciatori, tra gli alberi e il verde curato con cura maniacale.
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Il personale non manca mai in Cina. «Siamo in 500 qui all’Evergrande, compresi 24 allenatori venuti dalla Spagna, abbiamo un accordo con il Real Madrid», ci dice la signorina Zou Yuanyuan dell’amministrazione. I 2.600 ragazzi sono suddivisi in due gruppi principali per il calcio: quelli più promettenti, circa 400, e quelli normali. Ci sono anche un centinaio di bambine: nel settore femminile la Cina è già forte.
«Gli spagnoli si dedicano ai migliori e intanto formano anche tecnici nostri che seguono gli altri», spiega Zou. I ragazzini arrivano da tutta la Cina, compreso il Tibet, pare che il campioncino della scuola sia un piccolo uiguro dello Xinjiang. Tenacia cinese e classe spagnola sono la ricetta di questo gigantesco vivaio. Arriviamo nella zona dei campi: una enorme pianura verde. Allenamenti e partitelle in corso. La più accanita oppone una squadra femminile a una maschile: le ragazze sono campionesse della loro categoria e non è facile per i maschi. Oltretutto, mentre i bambini cercano passaggi corti e geometrie, le avversarie la buttano sul fisico.
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I maestri del Real
Incontriamo uno dei 24 mister mandati dal Real Madrid, Julian Gonzalez: «Una scuola splendida, mai visto niente del genere. Questi ragazzi sono veloci, corrono molto, calciano bene, i fondamentali sono buoni». Quindi diventeranno campioni? «Guarda, c’è un problema...», Julian si porta le dita sulle tempie e sospira: «Sì, fanno tutto bene ma non pensano calcio, non riescono a capire l’importanza di muoversi senza la palla, di seguire l’azione del compagno. Ci vorrà un po’ di tempo».
Facchetti e spaghetti
Entriamo in una delle mense: ci sono la cucina classica cantonese e anche quella occidentale, scelta libera. Sulle pareti, murales di stelle mondiali: Messi, Maradona, Xabi Alonso, Buffon. Proprio sotto un gigantesco ritratto di Giacinto Facchetti (che però i piccoli cinesi non sanno identificare), uno è alle prese con un piattone di spaghetti italiani e fettina: «Mi chiamo Li Yuhe, ho 13 anni, mangio la vostra pasta perché è più buona dei noodles cinesi». Un compagno si intromette svelto: «Non è vero, lui si riempie di spaghetti perché spera di diventare forte come i giocatori italiani». Li Yuhe non si scompone.
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I due marescialli
Il rettore della Evergrande Football School, Liu Jiangnan, è un uomo illuminato, che saluta con familiarità gli allievi (non è consueto nelle scuole della Cina, dove il capo istituto è di solito un funzionario sconosciuto agli allievi).
Lei qui lavora per costruire il sogno di potenza calcistica annunciato dal presidente Xi Jinping? «Guardi, il calcio è importante non perché interessa ai dirigenti della nazione, ma perché piace al popolo. Ora che il tenore di vita in Cina è migliorato servono anche attività come il football, che è cultura e salute fisica, come tutto lo sport. Comunque, consideri che di scuole di calcio il governo centrale ne ha progettate 20 mila nei prossimi cinque anni: in un tempo non lontano anche la Nazionale diventerà forte».
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Cultura, bene, ma qui i bambini sognano di diventare professionisti del pallone, ci riusciranno? «Non conta, sono qui per fare una bella esperienza mentre frequentano la scuola, vogliamo che escano dalla nostra accademia come giovani preparati alla vita che sanno anche di calcio o come calciatori con una buona istruzione».
Il rettore si entusiasma quando ricorda Lippi, che è stato formalmente il primo preside della scuola quando allenava i campioni dell’Evergrande. Lo chiama «Shuai Li» che significa Maresciallo Li (versione cinese di Lippi). Come da noi si dice mister, per i tifosi cinesi l’allenatore è maresciallo. «Un grande personaggio di sport Shua Li, ora speriamo nel giovane Maresciallo Ca» (Ca sta per Fabio Cannavaro).
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Al tramonto, prima di andare in camerata a fare i compiti, i ragazzi giocano a pallone tra di loro nei vialetti asfaltati, senza allenatori, qualcuno senza scarpe: il modo migliore per imparare a calciare.
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