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    AL GOVERNO ITALIANO CONVIENE LEGALIZZARE LA MARIJUANA? - LA SITUAZIONE NEGLI STATI UNITI, LE CONSEGUENZE IN CALIFORNIA, I COSTI PER LO STATO E LA CRESCITA NEI CONSUMI DI “EASY JOINT” - L’INCHIESTA DI MILENA GABANELLI


     
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    Milena Gabanelli e Andrea Marinelli per www.corriere.it

     

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    La mattina del primo gennaio, in California, lunghe file di consumatori hanno atteso anche un’ora per acquistare legalmente, e per la prima volta, marijuana a scopo ricreativo nei negozi con regolare licenza. A renderlo possibile è stata la Proposition 64, a favore della quale si è espresso il 53% degli elettori dello Stato l’8 novembre 2016, giorno dell’elezione di Donald Trump.

     

    All’inizio del 2018, ventuno anni dopo aver aperto la strada negli Stati Uniti alla marijuana medica (approvata il 5 novembre del 1996 con il cosiddetto Compassionate Use Act), la California è diventata dunque l’ottavo Stato in America a legalizzarne l’uso ricreativo, affiancando Alaska, Colorado, Maine, Massachusetts, Nevada, Oregon e Stato di Washington, dove i cittadini si sono espressi tramite referendum fra il 2012 e il 2016, negli anni della presidenza Obama.

     

    IL PUGNO DURO DELL’AMMINISTRAZIONE TRUMP

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    Proprio per prendere le distanze dalle politiche permissive della precedente amministrazione e per fermare l’ondata di legalizzazione degli ultimi anni, appena tre giorni dopo l’entrata in vigore della Proposition 64 l’amministrazione Trump ha emesso una direttiva per abolire le linee guida varate nel 2013 dall’ex presidente Obama, che limitavano l’interferenza federale nel processo di legalizzazione degli Stati e invitava giudici e polizia federale a non adottare interventi repressivi negli Stati in cui la marijuana era stata legalizzata.

     

    Il memo diffuso dal ministro di Giustizia Jeff Sessions ha esplicitamente invitato tutti gli Stati a tornare alla vecchia legge del 1970, il Controlled Substances Act, che proibiva coltivazione, distribuzione e possesso di marijuana. In un Paese in cui la marijuana ricreativa resta comunque illegale a livello federale, la decisione di Sessions, ha scritto Massimo Gaggi sul Corriere della Sera, ha «aggiunto incertezza, dando ai rappresentanti a locali la possibilità di intervenire con ampi margini di discrezionalità. Se non è una dichiarazione di guerra alla nascente industria della cannabis poco ci manca».

     

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    L’ENTRATA IN VIGORE IN CALIFORNIA

    Intanto in California, almeno all’inizio, non sarà facile acquistare marijuana legalmente: i negozi dovranno ottenere sia una licenza statale che una municipale, e la precedenza è stata dati ai dispensari che già fornivano cannabis per fini medici.

     

    Lo Stato, infatti, ha varato un complesso regolamento di 276 pagine che si aggiunge ai diversi regolamenti di ogni municipio e contea e che ha permesso ad appena 90 negozi di cominciare le vendite già il primo gennaio. A Los Angeles e San Francisco, a causa della lenta approvazione dei regolamenti locali, la vendita è stata per esempio ritardata, mentre altre città più conservatrici — in particolare Fresno, Bakersfield e Riverside — hanno approvato dei regolamenti per proibirla a livello locale.

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    LA LEGGE CALIFORNIANA

    Secondo la Proposition 64, le persone con più di 21 anni potranno possedere fino a un’oncia di cannabis, ovvero 28 grammi, e potranno coltivare un massimo di sei piante privatamente, a patto che abbiano ottenuto una licenza. Per i dolci e le torte a base di marijuana i grammi scendono a 8. I negozi, oltretutto, non potranno vendere nulla fra le 22 e le 6 del mattino.

     

    Nonostante le norme stringenti, o forse proprio a causa di queste, il nuovo mercato della marijuana rischierà di offrire involontariamente un’opportunità di riciclaggio di denaro sporco: in un Paese in cui quasi tutte le transazioni sono effettuate elettronicamente, per la cannabis tutto va fatto usando denaro contante. Essendo il commercio di marijuana ancora proibito a livello nazionale, infatti, le banche temono rappresaglie delle autorità federali.

     

    I COSTI

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    Nonostante questi primi impedimenti, si stima che il mercato della marijuana ricreativa in California toccherà i 7 miliardi di dollari annui già nel 2020. Lo Stato, inoltre, punta a guadagnarne uno in tasse e a risparmiare 100 milioni nella lotta all’attività di spaccio. Secondo il sito specializzato greenstate.com, la marijuana ricreativa legale non sarà economica, ma in media costerà circa 8 dollari in più rispetto al mercato nero: 3,5 grammi si potranno acquistare per circa 58 dollari.

     

    Un’analisi di Marketwatch sostiene però che i costi si potrebbero ridurre fino al 50% se il mercato seguirà quello che è successo in Colorado e nello Stato di Washington, i primi due Stati a vendere marijuana ricreativa legalmente.

    MARIJUANA MARIJUANA

     

    QUALI SONO I RISCHI E QUALI I VANTAGGI DELLA LEGALIZZAZIONE?

    Proprio per questo Colorado e Stato di Washington si sono trasformati in laboratori, diventando protagonisti di numerosi studi e ricerche. Il più completo è quello annuale realizzato dalla Drug Policy Alliance, organizzazione no profit che si batte contro la cosiddetta «guerra alla droga». Dallo studio del 2016, l’ultimo disponibile, emergono quattro punti fondamentali:

     

    1) l’uso fra gli adolescenti non è aumentato: in Colorado, per esempio, è calato del 3,8% fra il 2009 e il 2015;

     

    2) gli arresti per marijuana sono calati facendo risparmiare agli Stati milioni di dollari (in Colorado sono calati del 46% fra il 2012 e il 2014);

     

    marijuana light marijuana light

    3) gli incidenti stradali per alterazione non sono aumentati (-18% in Colorado fra il 2014 e il 2015, -8% nello Stato di Washington fra il 2013 e il 2014);

     

    4) il fisco ha incassato 220 milioni nello Stato di Washington, mentre il Colorado, nei primi tre anni, è arrivato a mezzo miliardo di dollari.

     

    In entrambi gli Stati le tasse arrivano al 37%, mentre in California l’imposta statale sarà del 15%, a cui si aggiungeranno le tasse locali e l’Iva: a Oakland, per esempio, l’aliquota cittadina arriverà al 10%, che sommate a Iva statale e locale (6% e 3,25%), farà salire il totale al 34,25%.

    BARRETTA ALLA MARIJUANA BARRETTA ALLA MARIJUANA

     

    NEL RESTO DEL MONDO

    Nel resto del mondo, la marijuana è legale nei coffeshop olandesi (fuori dalla porta, tuttavia, il possesso di cannabis resta vietato e tollerato solo al di sotto dei 5 grammi) e in Uruguay, primo Paese ad averla legalizzata nel 2013. Se in America il mercato è stato liberalizzato e sono spuntati rivenditori di marjuana in tutti gli Stati che ne hanno legalizzato il commercio, in Uruguay sono solo le farmacie a venderla, ad un prezzo inferiore rispetto a quello dello strada: 1,30 dollari invece di 3, anche se i consumatori devono registrarsi prima presso il governo e potranno acquistare un massimo di 10 grammi alla settimana tramite impronta digitale.

     

    A maggio erano 3.500 le persone registrate su una popolazione 3,4 milioni, 6.700 si erano segnati per coltivarla in casa ed erano stati aperti 57 club privati. Fra le mille farmacie del Paese, solo 30 si sono registrate per vendere marijuana. I dati, tuttavia, sono ancora pochi per fare un bilancio.

     

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    COSA SUCCEDE IN ITALIA

    In Italia il consumo di marijuana è ancora illegale, benché decriminalizzato, ma è possibile acquistare la cosiddetta cannabis light prodotta e venduta, fra gli altri, dall’azienda italiana EasyJoint, che contiene meno dello 0,6% (il limite di legge consentito) di thc — il principio attivo responsabile degli effetti psicoptropi — ed è quindi legale. Nei primi sei mesi, EasyJoint ha fatto registrare un boom di vendite: dicono di aver venduto 14 tonnellate di canapa.

     

    Uruguay marijuana Uruguay marijuana

    Per quanto riguarda la marijuana ricreativa, alla Camera è stata in discussione per oltre due anni una proposta di legge bipartisan sulla legalizzazione (depositata dall’intergruppo parlamentare e sostenuta per lo più da membri di Pd, Sel e M5S) per l’uso ricreativo, ma si è arenata ed è stata «sterilizzata» alla fine del 2017: ne sono state approvate solo alcune parti relative all’uso terapeutico, che hanno di fatto messo a norma la situazione già esistente senza introdurre novità.

     

    Ad oggi, dunque, il medico può prescrivere medicinali di origine vegetale a base di cannabis per la terapia del dolore e altri impieghi medici. La ricetta deve essere monouso, dovrà essere indicata la durata del trattamento, che non potrà superare i tre mesi, e i farmaci a base di cannabis prescritti dal medico saranno a carico del servizio sanitario nazionale, tramite uno stanziamento di 1,7 milioni di euro.

     

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    Tutto il processo di coltivazione, preparazione e distribuzione alle farmacie resta affidato allo Stato, con il monopolio dello stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze che però non basta a soddisfare la richiesta: arriverà a produrre 150 chilogrammi di cannabis entro due anni, e in caso di necessità potrà essere autorizzata l’importazione dai Paesi Bassi, unico Paese europeo ad esportare un massimo di 200 chilogrammi. Anche la somma di 350 chili annui è però unanimemente giudicata troppo bassa per rispondere alla domanda di farmaci.

     

    LA PROPOSTA SMONTATA

    marijuana lights marijuana lights

    Prima che fosse sterilizzata e di fatto sepolta, la proposta di legge era stata smontata anche dall’economista Marcello Esposito, professore di International Financial Markets all’università Cattaneo di Castellanza.

     

    «Nella legalizzazione della cannabis ci sono sostanzialmente tre obiettivi che si potrebbero voler perseguire: protezione dei consumatori; risparmio dei costi di repressione; maggiori introiti fiscali», ha scritto Esposito. «Il problema è che questi tre obiettivi non sono ottenibili tutti insieme. Se ne possono ottenere solo due per volta, sacrificando il terzo».

     

    SERRE MARIJUANA 1 SERRE MARIJUANA 1

    In poche parole, spiega l’economista, «massimizzare gli introiti fiscali e proteggere i consumatori significa sconfiggere la competizione del mercato illegale. Questo non si può ottenere se non intensificando le azioni repressive delle Forze di Polizia.

     

    Massimizzare gli introiti fiscali e rinunciare alla repressione si può ottenere solo estendendo la platea dei consumatori del mercato legale oltre il perimetro di coloro che si servono presso l’attuale mercato illegale. Infine, se si vuole spazzare via il mercato illegale e risparmiare sui costi di repressione, è necessario azzerare l’incidenza fiscale sulla cannabis legalizzata. Ma in questo caso ne deriva che gli introiti fiscali si azzerano». Secondo Esposito, infatti, una tassazione finale al consumo del 75% del prezzo di vendita — come quella del tabacco — non sarebbe sostenibile per eliminare il mercato nero.

     

    Un parere sulla proposta di legge lo ha espresso anche la Direzione Nazionale Antimafia, alla Camera dei Deputati: «Nei limiti e con le precisazioni fornite, la legalizzazione della cannabis è un approdo logico e coerente del sistema a fronte dei deludenti risultati ottenuti con una politica della criminalizzazione».

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    LE ELEZIONI POLITICHE DEL 4 MARZO

    La questione è tornata d’attualità con le elezioni politiche del prossimo 4 marzo. A riportarla all’attenzione degli elettori è stata la lista +Europa di Emma Bonino, che in un post su Facebook ha annunciato di voler «autorizzare l’auto-coltivazione fino a 5 piante; regolamentare la produzione e la vendita con norme precise, con chiare indicazioni sul livello di Thc e con un efficiente sistema di sanzioni; garantire la cannabis terapeutica alle persone che soffrono di determinate patologie con il monitoraggio del ministero della Salute».

     

    MARIJUANA TERAPEUTICA MARIJUANA TERAPEUTICA

    Ancora una volta, l’obiettivo della lista che fa a capo a Emma Bonino non è promuovere l’uso della cannabis ma, piuttosto, regolamentarlo «per sottrarre profitti alle mafie e alla criminalità collegata alla produzione e allo spaccio e per ridurre il sovraffollamento delle carceri».

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