DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
1. VISA E MASTERCARD SONO I GRANDI CENSORI DEL NOSTRO TEMPO, ANCHE SE NESSUNO LI HA INVESTITI DI QUESTO RUOLO. IL PORNO È SOLO IL PRIMO PASSAGGIO?
DAGONEWS
Il giornalista-attivista Cory Doctorow su Twitter lancia un allarme relativo alla grande inchiesta del New York Times che ha spinto Pornhub a cancellare milioni di video di account non verificati, visto che alcuni contenevano violenza e sesso con minorenni.
Ma non sono stati gli articoli del quotidiano a scatenare la mossa clamorosa: è stata la decisione di Visa e Mastercard di bloccare i sistemi di pagamento di Pornhub (che possiede anche YouPorn e RedTube) a mettere il pepe al culo ai milionari che controllano i siti da una fittizia sede in Liechtenstein, convincendoli a radere al suolo anni e anni di archivi, zozzi ma perlopiù innocenti, così da eliminare anche il materiale illegale.
''E' chiaro che tutti vogliamo la cancellazione di video con scene di vera violenza o pedopornografia'', dice Doctorow, ''ma ci dovremmo preoccupare della crescente monopolizzazione dei processi di pagamento. Chi ha in mano le transazioni finanziarie, ha in mano internet. E tutte le transazioni passano attraverso Visa e Mastercard''. Già, perché anche i network ''indipendenti'' tipo Paypal si interfacciano comunque con le carte di credito degli utenti (non a caso negli ultimi anni hanno cercato di usare direttamente i conti correnti). Chi è blacklisted da Visa, per esempio, non può operare su Paypal.
Il problema è che nessuno ha investito Visa e Mastercard del ruolo di polizia di internet. Quando Facebook o Twitter chiudono account o cancellano contenuti, sono costretti a risponderne o quantomeno motivare le scelte, a volte anche davanti al Congresso.
Doctorow sottolinea come i primi a essere colpiti dalla scelta di PornHub sono i lavoratori del sesso indipendenti dalle grandi case di produzione, che usavano il network proprio per pubblicizzare contenuti ''di nicchia'' e non commerciali, con protagonisti di etnie e gusti sessuali poco rappresentati dall'industria dominante.
C'è un vecchio detto: l'industria del sesso è una early adopter, una pioniera dei media. Si cita spesso l'esempio dei VHS, dei dvd e di internet, che hanno fatto il botto grazie al mercato del porno. In realtà la questione è più sottile, secondo Doctorow: ''E' chi ha un punto di vista non accettato dal pensiero dominante che si deve dare da fare con piattaforme nuove, visto che quelle tradizionali gli sono precluse. Il porno è arrivato nelle case perché la maggior parte dei cinema non proiettava film per adulti. Il VHS ha avuto successo perché era più facile da copiare e distribuire rispetto alla pellicola. E internet ha permesso alle persone di fruire del porno senza il costo sociale di essere visti nella sezione 'per adulti' delle videoteche''.
Conclude Doctorow: ''I pornografi non sono early adopters, sono leading indicators, ovvero tracciano la strada. E la loro guerra contro i nuovi censori è una grande prova generale per estendere questo trattamento ad altre categorie: siti giornalistici, editori indipendenti, servizi di incontri. Le grandi aziende dei pagamenti sono state già arruolate e hanno dimostrato di saper eseguire gli ordini''. Oggi è per una giusta causa, per quanto abbia danneggiato molti innocenti. Domani si potranno chiudere siti, silenziare dissidenti, cancellare archivi online con un solo cenno di Visa e Mastercard. Quello di PornHub è un precedente gravissimo, non possono essere due servizi finanziari senza volto a decidere quale contenuto è legale e quale non lo è.
Credevamo che fossero Facebook, Apple e Google i ''colli di bottiglia'' del sistema, le grandi entità che decidono cosa può esistere online e cosa no. Con il caso PornHub scopriamo che sono due società meno visibili, ma che sono in grado di tenere per le palle anche i giganti della Silicon Valley e delle scatole offshore.
2. FACEBOOK E GOOGLE, RICETTA PORNHUB?
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Facebook e Google-YouTube cambieranno strategia sulla pubblicazione di contenuti seguendo l'esempio di PornHub? L'accostamento è audace, ma in Silicon Valley ci si incomincia a chiedere se alle reti sociali, destinate a perdere l'irresponsabilità per i contenuti diffusi, garantita loro dalla Section 230 di una legge del 1996, non convenga ispirarsi alle scelte del sito porno più diffuso sul web. Per evitare guai peggiori, PornHub ha appena scelto di eliminare oltre 10 dei 13,5 milioni di video offerti al pubblico: ha cancellato tutti quelli ricevuti da utenti non noti e verificati che partecipano al loro Model Program o sono registrati come content partners.
children of pornhub inchiesta del new york times
I fatti: il sito porno fondato 13 anni fa ha creato una vasta library di video accettando - come le altre reti sociali - i contributi di tutti gli utenti. Poi, due settimane fa, un'inchiesta di una grande firma del New York Times , Nicholas Kristof, ha denunciato la presenza su PornHub di molte riprese di minorenni o persone non consenzienti. Scandalo, denunce. Visa e Mastercard hanno smesso di fornire i loro servizi al sito. Stretta tra rischi giudiziari e blocco dei canali di finanziamento, la multinazionale del sesso digitale ha cambiato rotta. Lunedì ha annunciato una nuova politica di selezione dei contenuti: via dagli archivi i filmati non verificati.
Secondo il sito tecnologico Motherboard, i video offerti da PornHub sono così scesi da 13,5 a meno di 3 milioni. Mossa tardiva ma apprezzata dallo stesso Kristof, mentre adesso il sito porno si vanta di aver introdotto «requisiti e criteri di verifica severi che piattaforme come Facebook, YouTube, Instagram, TikTok, Twitter e Snapchat devono ancora istituire». Solo una provocazione? Certo, le altre reti non producono un materiale socialmente pericoloso come la pornografia.
Ma gli abusi, le distorsioni, la diffusione di bullismo, diffamazioni, fake news e teorie cospirative, stanno spingendo tanto i democratici quanto i repubblicani Usa a cancellare quell'irresponsabilità per i contenuti che gli stessi autori della norma oggi giudicano superata: era stata introdotta per aiutare un'industria nascente a crescere senza troppi vincoli, ma oggi quelle società sono diventati giganti con un'enorme capacità di influenzare l'opinione pubblica. Prima o poi arriveranno regole che ora anche Trump pretende a gran voce.
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