“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Yanet Aguilar Sosa per “El Universal”
Addentrarsi nella cultura del trasporto urbano messicano è come entrare in un mondo cifrato di arte e musica, nell’antropologia decorativa di peluche, scarpe perdute e “marimbas” (le cassette in cui si tengono gli spicci) e nell’iconografia religiosa dei santi patroni del cammino, da Gesù Cristo a La Santa Muerte.
Anche motti e frasi sono una porta di accesso al microcosmo dei “chimecos”: “Non c’è amore più puro e sincero di quello dell’autista di bus” oppure “Se tua figlia soffre e piange,, di sicuro è per amore di un conducente”. Il territorio estetico e visuale di questa cultura urbana ora è documentata nel libro “Subale, hay lugar” (Salga pure, c’è posto). Mettere piede sul primo gradino significa entrare in un ecosistema allucinante, un pianeta delle meraviglie, dove tutto, dal cruscotto ai sedili, diventa altare, luce e suono.
C’è chi è chauffeur letterario, scrittore di storie senza freno, convinto che un autobus non sia soltanto un mezzo che porta da un posto ad un altro, ma il mezzo per un viaggio in cui si ricevono dosi di poesia. Il volume gratuito su “www.subalehaylugares.com” include 600 fotografie, interviste e storie di una cultura viva e sorprendente.
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