Goffredo De Marchis per la Repubblica
RENZI E GENTILONI
C' era un clima strano in Consiglio dei ministri. E Marco Minniti sembrava il più disorientato di tutti: per lo strappo organizzato dai colleghi renziani e per non essere stato informato e inserito nel gruppo, che lasciando la sedia vuota nella sala di Palazzo Chigi, doveva fotografare la propria opposizione alla conferma di Ignazio Visco. Come se anche lui, il ministro dell' Interno, fosse finito nella lista dei nomi da bruciare per il prossimo incerto governo, "complice" di una scelta che la commissione d' inchiesta sulle banche si incaricherà, nei desideri dei fedelissimi del segretario, di dimostrare come la più sbagliata possibile.
Andrea Orlando dice di non aver notato niente di strano fra gli altri ministri presenti, «ma certo si avvertiva l' atmosfera di un momento di svolta». Una nuova rottura dentro il Pd, una distanza tra il partito e il governo sempre più profonda, un' esplosione del centrosinistra dagli esiti ancora inimmaginabili. Ma il premier fa sapere: «Domani (oggi ndr) a Portici, alla conferenza programmatica, abbraccerò Matteo». E il segretario gli fa eco: «Il caso è chiuso. Sicuramente ci sarà l' abbraccio con Paolo».
GENTILONI RENZI VELTRONI
Il caso però è solo rimandato alla sera del 5 novembre quando la Sicilia scrutinerà i suoi voti per il rinnovo dell' assemblea regionale. In caso di fallimento Dario Franceschini e Andrea Orlando, basiti per la diserzione ma non certo a disagio per non esserne stati coinvolti, chiederanno un cambio di rotta. Fino a un mese fa la soluzione all' implosione del centrosinistra, poteva essere il lancio della candidatura di Paolo Gentiloni per la premiership. Da mettere in pista all' indomani del voto sull' isola.
Forse quel tempo è già superato. Orlando, ai suoi collaboratori, spiega che forse è troppo tardi pure per un' alleanza con la sinistra di Bersani e D' Alema. «Se in Sicilia vanno troppo bene, saranno ingolositi e proveranno davvero ad andare da soli». Tanto più con la probabile leadership di Piero Grasso, un nome certamente di peso, in grado di impensierire il Pd. Il rapporto con il presidente del Senato è definitivamente compromesso.
Luigi Zanda gira con la sua lettera di dimissioni in tasca. L' ha mostrata ad alcuni e la reazione è quella di chi rimane a bocca aperta. Una riga di testo: «Caro Luigi a far data da oggi non sono più iscritto al gruppo del Pd al Senato ». Persino le disdette alle pay tv sono meno laconiche, meno fredde.
gentiloni e renzi
Un quadro dei rapporti a sinistra desolante e devastante. Se Franceschini e Orlando preparano le armi per il 6 novembre, Renzi è sicuro che non troveranno il sostegno necessario in direzione. Ma il ministro della Giustizia, dal palco della conferenza programmatica circondato dalle locomotive borboniche del museo di Pietrarsa (un' altra stazione, come la Leopolda, come quelle del viaggio in treno), cerca di arare il terreno usando la massima sincerità.
«Se ci mettiano l' eskimo sopra la grisaglia non funzionerà. La retorica della gente non avrà risultati se non ascolteremo davvero il nostro popolo». Ai suoi amici napoletani Orlando dice che «il mercato del grillismo è saturo e a volte Renzi dà l' impressione di voler essere proprio Grillo, non solo di fargli concorrenza sui voti».
L' operazione poteva riuscire nella fase espansiva del renzismo, quella del 40 per cento, non in un fase di debolezza quando i grillini «non voteranno mai Pd, noi non guadagneremo quei voti e perderemo pure i nostri».
ORLANDO E FRANCESCHINI
Attaccare il governo adesso non aiuterà il Pd, dicono ancora i critici della segreteria. I ministri assenti spiegano che se avessero voluto mandare un vero segnale si sarebbero dimessi. E Luca Lotti aveva parlato con Gentiloni giovedì annunciandogli il suo impegno a Modena, Maurizio Martina doveva organizzare la conferenza a Portici, Maria Elena Boschi ha le febbre a 40.
«Ora che ci penso anch' io mi sento la gola in fiamme», scherza Orlando.
VELTRONI
Nel 2008, ricordano gli uomini di Franceschini e Orlando, ci si illuse che dopo la caduta del secondo governo Prodi si poteva recuperare consenso nelle urne.
Fu un errore perché il centrodestra stravinse. Gentiloni può essere ancora una risorsa per recuperare la situazione. Lo diranno gli avversari interni di Renzi dopo il 5 novembre? Prodi e Veltroni daranno loro una mano? Il primo per ora non vuole intervenire ma chi ha parlato con lui continua a raccoglierne la preoccupazione: «Così si sgretola tutto». Il secondo ieri con un tweet ha elogiato Grasso come un vero rappresentate del Pd che voleva. E che ora non vede più.
orlando renzi franceschini