Monica Serra per “la Stampa”
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«Non vali niente», «Non sei capace», «Zitta tu che tanto questo non lo sai fare». Frasi che all' inizio sembrano quasi insignificanti ma che «possono fare male anche più di uno schiaffo». Sono queste parole, prima ancora di arrivare alle botte, ai maltrattamenti, agli abusi, a costituire il campanello d' allarme di una relazione malata. Il primo segnale di pericolo è la «svalorizzazione», come la definisce la dottoressa Alessandra Simone, a capo della Divisione anticrimine della Questura di Milano, che da anni combatte gli uomini violenti a colpi di ammonimenti e misure di prevenzione.
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E con un obiettivo ambizioso: quello di riuscire a intervenire non solo sul piano giudiziario, ma rieducando gli uomini violenti «prima che sia troppo tardi». Per farlo, nel tempo, la Questura milanese ha elaborato e affinato protocolli pilota, che sono poi stati adottati su tutto il territorio nazionale.
Dottoressa Simone, i dati della Direzione centrale polizia criminale parlano di un aumento dei femminicidi in Italia a fronte di una riduzione degli omicidi in generale.
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«Tra gennaio e settembre 2020 si sono verificati 211 omicidi, a fronte dei 244 dello stesso periodo dello scorso anno. Ma i femminicidi in ambito familiare sono passati da 68 a 77. A Milano e provincia c' è stata una contrazione: 7 gli omicidi in tutto, a fronte dei 18 nello stesso periodo dello scorso anno. I femminicidi sono stati 3: due avvenuti tra le mura domestiche. Ma i numeri non contano. Ogni singolo omicidio merita attenzione e segna il fallimento di tutti»
Come si combatte la violenza sulle donne?
«Da anni ormai abbiamo adottato il protocollo Zeus. La procedura ruota attorno all' ammonimento del questore: una misura di prevenzione, introdotta nel 2009 per il reato di stalking e nel 2013 per la violenza domestica. In quest' ultimo caso la misura può essere richiesta da chiunque, anche da un vicino di casa della vittima che resta anonimo fino alla fine del procedimento».
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Quando arriva la segnalazione che succede?
«Valutiamo precedenti segnalazioni, interventi della polizia nella stessa casa, ascoltiamo i testimoni».
Cosa succede quando il partner viene ammonito?
«Viene diffidato e invitato a seguire un percorso terapeutico, al Centro italiano per la promozione della mediazione, diretto dal professore Paolo Giulini, con cui nel 2018 abbiamo firmato il protocollo. Si tratta di un percorso di acquisizione della consapevolezza del disvalore sociale e penale del loro comportamento. Questi uomini vengono seguiti da psicologi e criminologi. Ogni due mesi facciamo una riunione operativa per parlare dei casi più critici, e fare il punto sui progressi».
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Funziona?
«Da quando abbiamo iniziato al 14 ottobre, in tutto sono stati 320 gli ammoniti invitati al Cipm. Di questi 252 si sono presentati: 129 erano stati diffidati per stalking e 123 per violenza domestica. Solo 25 di questi uomini ci sono ricaduti dopo la fine del percorso».
Nei casi più gravi si può arrivate ad applicare anche la sorveglianza speciale, prima prevista solo per i reati di mafia?
«Si, viene decisa dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale, bastano i gravi indizi di colpevolezza, non è necessaria la condanna. Nel 2020 abbiamo fatto 41 richieste di sorveglianza speciale. Di questi uomini solo uno ha violato le prescrizioni».
Quali sono le maggiori difficoltà nell' approcciarsi alle vittime?
«Ci sono molte donne che si ostinano ad andare avanti nel tentativo di salvare il partner e nella convinzione che possa cambiare. Che il rapporto non sia finito. E quindi alternano momenti in cui capiscono e sono disperate a momenti in cui vedono noi invece come nemici. La cosa più importante è non accettare mai il fatidico ultimo incontro, spesso è in questa circostanza che si consumano le tragedie».
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La violenza di genere è innanzitutto un fatto culturale?
«Si. Infatti è fondamentale combatterla innanzitutto nella famiglia e a scuola. Se già educassimo i bambini e i ragazzi all' eguaglianza tra i sessi, potremmo finalmente eliminare la violenza di genere dal nostro vocabolario».
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