Michele Masneri per “Vogue Italia”
calvin klein al pines
Suona il telefono, è Calvin Klein, prefisso 310, da Beverly Hills. Chiama prima dell’ora concordata perché poi ha degli impegni. «Sono Calvin Klein» fa un po’ impressione da sentire perché è come dire «sono la Mercedes, sono Google»; lui, 75 anni il 19 novembre, è vispissimo e contento, ha appena prodotto un librone per Rizzoli International che si intitola come lui ed è un coffee table memoir già fondamentale, antropologia degli ultimi 40 anni tra intimo e profumi e una giovinezza ansiosa e magra e già “classica”.
Ha erotizzato le nostre adolescenze partendo da Obsession, dal bianco e nero di Kate Moss.
clavin klein
Aveva quindici anni. Mi piacque subito, era l’epoca delle supermodel, tutte molto formose, con dei corpaccioni, ma io volevo una donna più androgina, senza quei seni giganti, e lei era perfetta, era il contrario. Inoltre, non mi piaceva usare volti troppo utilizzati dagli altri. Si presentò la prima volta con delle foto fatte da un suo sconosciuto fidanzato italiano, tale Mario Sorrenti. Erano scatti pazzeschi. Lui la fotografava di continuo.
Lei usò le immagini private scattate da Sorrenti durante una vacanza.
No, è peggio di così (risata). Sono stato io che li ho spediti in vacanza. Sorrenti non era nemmeno fotografo allora. Ma io li ho mandati una settimana alle Isole Vergini, gli ho pagato tutto. Sono partiti soli, senza truccatori o assistenti, solo loro due. Sono tornati a New York con queste foto straordinarie che raccontano la storia di una vera ossessione d’amore (quegli scatti, con Kate Moss sdraiata su un divano nero sgarrupato, o a seno nudo come nella foto di apertura, sono in effetti autobiografia degli anni Novanta, nda).
Com’era New York ai tempi suoi?
calvin klein il pacco ritoccato di justin bieber
Molto eccitante, soprattutto negli anni 70 e primi anni 80. Ovviamente c’era lo Studio 54, ma in generale tutta la città era una festa continua, un sacco di gente interessante che passava da un ristorante a un club, tutti volevano avere il loro party. Lo Studio 54 era una mecca del sesso, della libertà e della fantasia. Ma anche del lavoro. Lì fui approcciato alle tre di notte da un industriale che mi chiese se mi interessasse disegnare dei jeans, e naturalmente dissi di sì.
calvin klein
I jeans furono i primi di una lunga serie di proficui poster scandalosi a Times Square.
Nel 1980 venne Brooke Shields con la famosa frase “non c’è niente tra me e i miei Calvin”. Le foto erano di Richard Avedon, lo slogan di Doon Arbus, la figlia di Diane. “Vogue” rifiutò di uscire con la pubblicità, le tv cancellarono lo spot, le femministe mi diedero il premio Pig of the Year (la foto è nel libro, un piccolo porcellino). Tutto questo mi tonificò molto, e cominciai a pensare all’intimo maschile.
Le famose mutande che provocavano tamponamenti (per i più piccini, la nobilitazione della mutanda è recente e si deve a questo signore. Prima di lui, i maschi ricchi compravano le Perofil nella scatola cartonata, i poveri gli slip anonimi al mercato).
Correva l’anno 1982.
Calvin Klein e Ralph Lauren
Era la prima volta che l’intimo maschile poteva essere sexy. Per la pubblicità prendemmo un atleta, Tom Hintnaus, con un fisico incredibile. Stavo guidando per Sunset Boulevard, vidi questo ragazzo che faceva jogging, lo fermai, mi presentai, lo convinsi a fare un servizio fotografico. «Ti portiamo a Santorini», gli dissi, e partimmo con Bruce Weber che fece questi scatti molto erotici di lui appoggiato a una ciminiera bianca, una cosa super fallica. I poster vennero strappati dai muri, i rapper cominciarono a mostrare l’elastico delle mutande, seguiti dai ragazzi.
Lei si è sposato due volte. Con due donne.
Sì, la seconda volta in Italia.
CALVIN KLEIN E TOMMY STREET
Come mai?
Viaggiavamo sempre tanto per i tessuti, con Kelly che era la mia assistente all’epoca, allora decidemmo di sposarci lì. A Roma, nel 1986, officiante il sindaco. Ricordo il Campidoglio deserto, una scena surreale, solo noi due e i testimoni (si risale al sindaco, Nicola Signorello, DC in purezza, esperto in monopetto lucidi, se qualcuno ha delle foto le produca immediatamente, nda).
lara stone per calvin klein
È pentito di aver venduto la sua azienda nel 2002?
Assolutamente no. Faccio altre cose, viaggio, parlo nelle università. Tutti conoscono il marchio, ma non sanno chi c’è dietro. Gli ultimi tre anni li ho dedicati a questo libro. Ho una vita meravigliosa. Ho anche una ricca vita sociale, tra New York e Los Angeles.
Cos’è cambiato nella moda rispetto ai suoi tempi?
Be’, Internet. È stata una rivoluzione. Consideri che noi abbiamo creato un grande brand globale prima di Internet. Forse siamo stati gli ultimi. Oggi forse faremmo le stesse cose, ma raggiungere le persone è molto più facile con i social media.
Lei ne fa uso?
brooke shields calvin klein 3
Mah, poco (sospiro); ogni tanto posto qualcosa su Instagram, ma cerco di essere il più riservato possibile.
Però non è giusto: siete sempre stati assai trasgressivi, ma poi di voi si è sempre saputo pochissimo.
Certo (risata). Noi facevamo un sacco di pr con i giornalisti, ma poi la nostra vita privata era privata. Volevamo comunicare i nostri prodotti e le nostre creazioni, non noi. Per questo avevamo i media. Dei social media, ecco, non abbiamo mai sentito il bisogno.
calvin klein