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    MATTEO, VAFFANBANKA! - AZIONISTI E OBBLIGAZIONISTI DI BANCA MARCHE, CARICHIETI, CARIFE E POP ETRURIA HANNO PERSO TUTTO MA DOVRANNO PAGARE L’IMPOSTA DI BOLLO! - RENZI HA DETTO CHE I 4 ISTITUTI "AIUTATI" SAREBBERO FALLITI MA NON E' VERO: SAREBBERO STATI SALVATI DAI GRANDI GRUPPI BANCARI A COSTI PIU' ALTI


     
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    Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

    RENZI PADOAN RENZI PADOAN

     

    C’è un altro aspetto, clamoroso e diabolico, dietro il salvataggio delle quattro banche in crisi. I risparmiatori e gli investitori che hanno perso in una notte tutti i loro soldi - dopo che le azioni e le obbligazioni subordinate di Banca Marche, CariChieti, Carife e PopEtruria sono state azzerate - dovranno comunque onorare il debito col fisco. E attenzione: non scherziamo. La brutta sorpresa arriverà a fine anno, quando la banca invierà il mitico estratto conto a tutta la clientela, anche quelle ingannata.

     

    BANCA ETRURIA BANCA ETRURIA

    Le fregatura tributaria è doppia. Nonostante la perdita - 788 milioni di euro in bond e oltre 1,7 miliardi di azioni - non solo vanno pagate le tasse (tra poco vi spieghiamo quali), ma si perdono anche i benefici fiscali solitamente concessi sugli investimenti in rosso. Le tasse da versare - come rilevato ieri da Plus24 - sono, nel dettaglio, le imposte di bollo: una cifra pari allo 0,2% dell’ammontare investito e custodito in banca.

     

    In ballo ci sono centinaia di migliaia di euro e, magari, davvero poca roba «a testa» per i clienti degli istituti. Clienti ai quali, tuttavia, qualcuno dovrà spiegare perché lo Stato pretende di incassare una somma come «bollo» su un gruzzoletto che non esiste più. Uno scherzetto a cui saranno sottoposti anche i 180mila detentori di titoli (azioni e bond) di Veneto Banca e PopVicenza, il cui valore è stato drammaticamente tagliato nel 2015. La  mannaia fiscale ne colpisce 300mila.

    banca marche banca marche

     

    E poi  c’è un’altra beffa. Chi è rimasto scottato con le quattro banche «salvate» dal decreto del governo  non potrà usare il credito d’imposta del 26% sulla minusvalenza. Un paradosso. Ma l’azzeramento del valore deciso per legge - e con un tratto di penna da Bankitalia - non è una cessione del titolo sul mercato, ragion per cui, tecnicamente, il risparmiatore non contabilizza una perdita di valore anche se, in realtà, ha perso tutto. Il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, ha assicurato che studierà una soluzione, ma il discorso è assai complesso e le correzioni in corsa potrebbero trovare i soliti ostacoli a Bruxelles. Proprio con l’Unione europea l’esecutivo di Matteo Renzi dovrà negoziare eventuali aiuti-rimborsi, promessi a più riprese negli ultimi giorni.

    CASSA RISPARMIO FERRARA CASSA RISPARMIO FERRARA

     

    Con la legge di stabilità, dove è confluito il decreto salva banche, nascerà un fondo speciale. Ma la dote, nel giro di pochi giorni, è già scesa. Dai 300-350 milioni iniziali si è passati ad appena 100 milioni che potrebbero servire per dare spiccioli solo a chi aveva investito fino a 30mila euro: questo il parametro con cui  palazzo Chigi vuole individuare  i piccoli risparmiatori, lasciando a bocca asciutta una lunghissima lista di persone disperate. Tutto da capire come alimentare il fondo: l’utilizzo di denaro pubblico verrebbe cassato dall’Ue e dunque si tratta di un’ipotesi di fatto da scartare in partenza.

     

    Pure l’altra soluzione allo studio del governo, però, non è semplice: l’idea è girare ai risarcimenti un’eventuale quota degli incassi extra realizzati dalla bad bank, il cestino della spazzatura in cui sono finite le sofferenze (prestiti non rimborsati) degli istituti salvati. Gli «utili» della banca cattiva, in realtà, sono già  destinati a compensare i contributi versati dagli istituti sani per i salvataggi: il rischio, pertanto, è assistere a un duello tra i banchieri e i clienti «traditi».

    CARICHIETI CARICHIETI

     

    Insomma, un gran pasticcio e un popolo di risparmiatori infuriato. Fiutata la brutta aria, Renzi ieri ha usato toni drammatici per far ingoiare il rospo: «Senza decreto le banche sarebbero fallite». Bugia: le avrebbero salvate comunque, ma a costi più alti (12 miliardi invece di 3,6) a carico del sistema bancario. I banchieri  hanno fatto due conti e  imposto al premier la pista meno onerosa. E poi hanno ricevuto l’ennesimo regalo: la defiscalizzazione dei contributi volontari al Fondo di tutela di depositi. Va presa per i capelli Tercas e i colossi del credito battono cassa col governo. Che s’inchina come al solito.  

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