gianluca monni
Alberto Pinna per il “Corriere della Sera”
In Barbagia amicizie e amori, odi e vendette dalla notte dei tempi nascono nelle feste (in 50 paesi se ne contano più di 300). Si canta e si balla mano nella mano intorno a un fuoco ed è un legame per sempre. Si spara anche, e spesso non a salve. A Orune festa grande a dicembre per Cortes Apertas.
Niente festa sabato per Sant’Isidoro: Gianluca, ucciso venerdì alla fermata del pullman che doveva portarlo a scuola e i suoi amici erano nel comitato che organizzava. È uscito il bando: «Annullata». Ieri è stato interrogato per ore un minorenne di Benettutti, uno del gruppo del Goceano. Alla festa di Cortes Apertas, dove tutto sarebbe iniziato, c’era anche lui. Forse è il ragazzo che quella sera di dicembre aveva puntato la pistola contro Gianluca. E nel silenzio di Orune si apre uno squarcio, molti (sindaco compreso) chiedono a chi ha ucciso Gianluca Monni: «Se sei uomo, consegnati alla giustizia».
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Nelle case della Barbagia corti e cortili sono sul retro, le donne ci fanno pane e dolci, lavorano canestri e ricamano; in autunno aprono le porte. Chi viene da fuori è ospite, rispettato; ma deve ricambiare. Ma cosa è successo venerdì a Orune. E perché? Ecco come è andata (o come potrebbe essere andata), tra fatti successi, ipotesi, protagonisti reali e nomi di fantasia.
Gianluca Monni e Stefano Masala, storie cominciate a Cortes Apertas, la sera del 13 dicembre. Giubanneddu era venuto a Orune con gli amici di Nule, Benetutti e Burgos, in Goceano, separate dalla Barbagia di Orune e Bitti da un intreccio di valli strette e sentieri battuti da ladri di bestiame. Balli, canti, vino e birra a fiumi. Eleonora era lì. « Ehi tue... beni innohe (vieni qui)». Occhiate, complimenti, un bicchiere dopo l’altro sempre più grevi. Eleonora passava senza fermarsi. Gianluca non l’ha mai persa di vista. Quando Giubanneddu si è fatto avanti per importunarla gli ha sbarrato la strada. «Sta buono, torna a bere». Nervosismo, qualcuno cerca di metter pace.
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Altra birra, poi la scintilla, una mano verso Eleonora, altre mani a bloccarla. E gli schiaffi. «Gianluca era più forte, l’avrebbe potuto picchiare duro, non l’ha fatto». Giubanneddu umiliato, gli amici intorno a lui. Totoni si inchina e tira fuori una pistola, che tiene in un calzino, e la punta verso la testa di Gianluca. «Ma nessuno gli guarda le spalle, Francesco di Orune gli afferra il braccio, glielo piega e gli prende la pistola». Urla, spinte, pugni: il gruppo del Goceano — c’era anche Stefano — costretto a ritirarsi, a risalire in auto e a fuggire.
Gli schiaffi, la pistola «sequestrata». Che affronto! Ragazzi di Nule e di Orune frequentano a Nuoro gli stessi istituti, anche il Volta dove studia Gianluca. «Perché non la smettiamo? Loro chiedono scusa e voi restituite la pistola». Le trattative sono andate avanti per settimane. Incontri anche in campo neutro, un bar di Nuoro. «Noi abbiamo chiesto scusa, non basta che Giubanneddu è venuto col padre a Orune? Per noi l’argomento è chiuso». Ma la pistola non è mai stata restituita ai ragazzi del Goceano.
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Stefano Masala ha gli occhiali, somiglia vagamente a Gianluca, capelli rasati e passione per i cavalli. Ha 29 anni. «Ma è come se ne avesse 15, è un semplice, ride sempre, mai uno screzio, un litigio», dicono a Nule. «È malato, deve prendere cortisone più volte al giorno — si raccomandano i familiari nell’appello a “Chi l’ha visto” — ha difficoltà a camminare».
Diploma del professionale alberghiero, invano ha cercato lavoro. Ha l’auto, una Opel Corsa grigio scuro e porta in giro gli amici: «Ste’, andiamo a Orune?». «Mi accompagni a Ozieri?». Autista per qualche soldo. Non si perdeva una festa in Goceano e in Barbagia. È scomparso giovedì sera poco dopo le 20. Di lui c’è tutto su Facebook: «Mille cuori per un sorriso, a tutti i miei amici buona serata», l’ultimo messaggio. Uscendo ha detto ai suoi: «Ho una cosa importante da fare». Alle 22 era ancora a Nule, lo hanno visto sull’Opel, a fianco aveva un amico, minorenne, senza patente.
Venerdì mattina alle 7.30 a Orune da un’utilitaria grigio scuro scendono due col cappuccio. Uno soltanto imbraccia il fucile. Gianluca attende l’autobus per andare a scuola, è seduto sui gradini di casa della nonna, ha appena telefonato a Eleonora: «Ci vediamo subito». Tre colpi, schiaffi sul volto. L’auto è ripartita sgommando. Una Grande Punto? Una Opel Corsa? Fra testimoni (che ora sembrano ricordare) e telecamere si saprà presto.
delitto in barbagia
Comunque l’Opel non è mai ritornata a Nule. Sabato mattina è stata trovata distrutta dal fuoco 40 chilometri oltre, verso Pattada. Chi l’ha incendiata è andato via con un’altra auto: erano almeno quattro. Stefano lo cercano fra i boschi e nel lago sotto il monte Lerno. «Lo hanno usato come autista per andare a Orune. Gli altri erano senza patente. Ma lui era un buono, si è spaventato. Se i carabinieri lo avessero chiamato non avrebbe potuto nascondere la verità. E qui chi ha visto e non tace...» .