Lettera di Mikhail Baryshnikov a “Le Figaro”, pubblicata da “la Repubblica”
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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Tra poco saranno cinquant' anni che non vivo più in Russia: ho trascorso tutti questi anni della mia vita in una società libera, ma sono cresciuto in Lettonia, figlio di un ufficiale russo di quella che ai tempi era l'Urss. La mia famiglia prese parte a un'occupazione. Nonostante ciò, perfino la Lettonia occupata era più aperta e più europea della Russia di allora.
Di conseguenza, sono un prodotto dell'Europa, della Russia e, ovviamente, degli Stati Uniti. Per quello che valgono, le mie riflessioni sono influenzate da questa triplice ottica. Fin dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina ho provato uno sgomento enorme e la certezza che sarebbe stato un conflitto sanguinoso e tremendo. Ho capito subito che questa offensiva dell'esercito russo sarebbe stata più destabilizzante dell'"annessione" della Crimea e dell'insurrezione separatista nella regione del Donbass.
Gli ucraini sono sempre stati amici, vicini, membri di famiglia - e lo sono ancora. Il rapporto tra popolo russo e popolo ucraino è una relazione fluida tra lingue, culture e frontiere. I due Paesi sono straordinariamente intrecciati tra loro, ma nella consapevolezza e con l'apprezzamento di sottili differenze culturali.
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Non riesco proprio a comprendere come alcune persone possano fidarsi e seguire leader come Putin, nonostante i russi stessi abbiano sofferto, nel corso della Storia, per la sottomissione a regimi brutali e oppressivi. Non riesco proprio a spiegarmi come si sia arrivati a questo punto; probabilmente, su questo argomento si scriveranno decine di libri. Non dimentichiamo, tuttavia, che perfino nella società libera e democratica nella quale vivo una percentuale sconvolgente di americani pare credere in teorie contorte a proposito di un'elezione che si ritiene sia stata "rubata" nel 2020.
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Questo ci insegna che l'ignoranza della Storia e il fervore nazionalista non sono esclusivi di nessun Paese. In ogni caso, mi rifiuto di fare di tutti i russi un fascio. Penso che Putin abbia risonanza in coloro che hanno paura. Presumo che ciò procuri loro una sensazione di sicurezza, proprio come le leadership autoritarie fanno credere ai loro popoli di proteggerli. Certo, si tratta di un sentimento di sicurezza fittizio, perché in qualsiasi momento il protetto può diventare un perseguitato.
Da parte mia, non posso influenzare la politica o lanciare bottiglie Molotov, né sono competente al punto da dare consigli o pareri riguardo agli aiuti che Stati Uniti, Nato ed Europa potrebbero o dovrebbero inviare agli ucraini. Il meno che possa fare, tuttavia, è aiutare quanti più profughi possibile.
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Per questo motivo, mi sento onorato di essere stato invitato dai miei amici, lo scrittore Boris Akunin e l'economista Sergueï Guriev, a partecipare al lancio del fondo "True Russia" ( truerussia.org ). Ignoro se i cittadini russi vedranno questo soccorso umanitario, ma la magia del cyberspazio rende tutto possibile. Devono sapere quello che Putin sta facendo in loro nome.
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Non varrei molto come combattente ma, quando gli ucraini avranno vinto, per me sarà un onore andare a ringraziarli per come hanno combattuto. In verità, non si stanno battendo soltanto per loro: si stanno battendo per noi tutti, che crediamo nelle società libere e aperte.
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