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    CAZZONE MA NON ANTISEMITA! - BERLUSCONI E’ UNO DEI MIGLIORI AMICI DI ISRAELE: RIBALTO’ LA TRADIZIONE FILO-ARABA DELLA POLITICA ITALIANA


     
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    Mattia Feltri per "La Stampa"

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    «Vi racconto una barzelletta», disse Silvio Berlusconi raggelando la sala. «Un ebreo va dal rabbino e gli dice: durante la guerra ho nascosto uno dei nostri. Bravo, risponde il rabbino. Sì, ma gli ho fatto pagare 1000 dollari al giorno. Ah, risponde il rabbino, un po' tanto ma fa niente. Sì, ma ora dovrei dirgli che la guerra è finita?». Attimo di silenzio, risata collettiva della comunità ebraica romana. Era il marzo del 2008 e fu uno di quei momenti che devono aver consolidato Berlusconi nella certezza di essere sempre divertente. Con gli ebrei, poi, ha un rapporto formidabile.

    Nel '94 era stato accolto con diffidenza in ragione degli alleati, Gianfranco Fini ancora mussoliniano, Umberto Bossi ai confini della xenofobia. Il ministro degli Esteri di Gerusalemme rifiutò contatti coi ministri neofascisti di Roma ma subito Il Jerusalem Post obiettò che «il governo Berlusconi può essere il più filoisraeliano che ci sia mai stato in Italia».

    Berlusconi ribaltò la tradizione filoaraba italiana, fiorente nella Dc per tradizione cattolica e nel Pci per amore di Marx («L'emancipazione del denaro, dunque dal giudaismo pratico...»), e gira e rigira si leggono comunicati degli ebrei italiani in solidarietà al vecchio amico, se gli tirano in faccia una miniatura del Duomo, o se muore la cara mamma Rosa.

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    E fu proprio il nome di lei, tre anni fa, a echeggiare alla Knesset, il parlamento israeliano. Il premier Bibi Netanyahu raccontò di una donna che anni prima aveva salvato una ragazza ebrea, incinta e braccata. «Quella donna si chiamava Rosa, suo figlio si chiama Silvio ed è qui con noi». Berlusconi chiamò gli israeliani «fratelli maggiori» e Netanyahu chiamò Berlusconi «apostolo della pace».

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    Certo, ci sono state anche le gaffe, come la volta in cui Berlusconi suscitò imbarazzo presentandosi al Binario 21 della stazione Centrale di Milano per dire che le leggi razziali erano una vergogna, ma per il resto il Duce aveva «fatto bene». O qualche anno fa, quando disse che gli italiani raccontano storielle sull'Olocausto perché «sanno ridere anche di una tragedia, e si arrabbiarono tutti.

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    E però nella biografia di Berlusconi rimane prevalente, e di molto, il tratto filosemita che l'Anti Defamation League gli riconobbe nel 2003, assegnandogli il premio "Statista dell'anno". In sala erano in quattrocento, «il gotha della finanza americana», scrivevano le cronache. La motivazione sottolineava «il coraggio e la leadership dimostrati nello sforzo per sradicare l'antisemitismo e il razzismo dall'Europa».

     

     

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