DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Massimo Basile per la Repubblica - Estratti
La base del Partito democratico è con Joe Biden, senza distinzione di età. Afroamericani, ispanici, rappresentanti della classe operaia. Mentre l’”elite” gli sta voltando le spalle.
Dopo la settimana più difficile della sua campagna elettorale, seguita alla deludente prova nel duello tv con Donald Trump e le richieste di ritirarsi dalla corsa, il presidente ha incassato la solidarietà di una parte non scontata del partito.
A cominciare da Alexandria Ocasio- Cortez, 34 anni, l’ex barista di origine portoricana eletta a New York, leader dell’ala radicale e contestatrice del partito, star sui social, spesso critica verso Biden. Ma non stavolta.
«Ho parlato con il presidente - ha dichiarato scendendo le scale del Campidoglio - gli ho parlato con grande intensità e lui mi ha confermato che non si ritirerà. La questione è chiusa. Joe Biden è il nostro candidato e io lo sostengo».
Poche ore dopo, parlando a un evento elettorale, una delle rappresentanti afroamericane più anziane dei Democratici alla Camera, Maxine Waters, 85 anni, ha scatenato l’ovazione della platea, liquidando la vicenda del declino mentale di Biden con queste parole: «Joe non è vecchio, io lo sono più di lui, quindi chiudiamola qui».
Una radicale del partito di 34 anni e una veterana di 85 rappresentano le due ancore di salvezza del presidente, contro il quale si sono schierati altri esponenti progressisti. Almeno sei Democratici hanno chiesto un passo indietro.
Lo stesso hanno fatto l’ex consigliere di Barack Obama, David Axelrod, e il regista icona dei Democratici Michael Moore. I grandi giornali Usa da giorni hanno messo in secondo piano Trump, e attaccato Biden. New York Times , Washington Post e Wall Street Journal, mai così allineati, hanno inondato i siti di articoli in cui demoliscono lo stato psicofisico del presidente, puntano il dito sul suo cerchio magico parlando di trucchi e manipolazioni per nasconderne il declino mentale.
(...) Una dimensione nuova per i Dem che potrebbe spingere parte degli elettori a riavvicinarsi al vecchio Biden. Negli Usa i giornalisti godono ancora di considerazione, ma anche qui l’idea del fuoco congiunto su un solo bersaglio, per giunta anziano e un po’ malandato, può generare inattese solidarietà.
Lunedì Biden ha incassato il sostegno dei leader del Congressional Black Caucus, il gruppo dei rappresentanti afroamericani della Camera, molto influente all’interno del partito. «Biden - ha commentato Frederica Wilson, rappresentante della Florida - ha mostrato dedizione al servizio del nostro Paese e si è sempre impegnato per migliorare la condizione dei neri».
Gabe Amo, giovane eletto del Rhode Island, ha confermato il sostegno a Biden «per la sua storia di combattente a favore della classe operaia». Lo stesso hanno detto i leader del caucus dei rappresentanti ispanici, Nanette Barragán, eletta in California, e Adriano Espaillat, New York. Adesso spetta a Biden lanciare segnali rassicuranti, a cominciare dalla conferenza che chiuderà il vertice Nato. Quello sarà un altro momento di svolta.
“PERDERÀ CONTRO TRUMP”
Paolo Mastrolilli per la Repubblica - Estratti
Anche ammesso che Biden sopravviva alla fronda interna del Partito democratico per restare candidato alla Casa Bianca, cosa garantisce che la sua salute non peggiori nei prossimi quattro mesi, rendendo indispensabile la sostituzione?
E allora che possibilità realistiche resterebbero di cambiare cavallo all’ultimo minuto e fermare Donald Trump, per evitare i danni che minaccia di procurare alle relazioni transatlantiche? Per non parlare poi dei fondati dubbi che il capo della Casa Bianca, anche in caso di successo, riesca a garantire la sua leadership globale per altri quattro anni.
Queste considerazioni non vengono fatte ad alta voce, perché non sarebbe educato e non aiuterebbe a risolvere la crisi esplosa dopo il disastroso dibattito di Atlanta. Però dietro le quinte ne parlano tutti, al vertice Nato che si è aperto ieri a Washington. Con un senso di urgenza, perché il tempo stringe allo scopo di trovare le soluzioni, ma anche con un forte timore per cosa potrebbe accadere, se non venissero identificate in fretta.
Qualche giorno fa l’agenzia Bloomberg ha scritto esplicitamente che gli alleati di Bruxelles vorrebbero il cambio, e su questo punto la capitale belga va intesa insieme come centro nevralgico della Nato e dell’Unione europea, dove interessi e personaggi coincidono e spesso combaciano, nella speranza che il rilancio delle relazioni transatlantiche prosegua anche durante la prossima amministrazione.
Il sito Politico, ora di proprietà dei tedeschi di Axel Springer, ha scritto di aver sondato una ventina di leader collegati a vario titolo con il vertice di Washington, per un articolo titolato senza pietà: “ American allies fear Biden is finished and can’t beat Trump”, ossia gli alleati degli americani temono che Biden sia finito e non possa battere Trump.
Il nuovo premier polacco Donald Tusk è stato il più esplicito: «Hanno certamente un problema. Le reazioni sono state inequivocabili». Un ministro britannico ha chiesto apertamente ai finanziatori del Partito democratico di «agire per farlo ritirare, in modo da avere una candidato credibile per gli elettori». Mark Gitenstein, ambasciatore americano alla Ue, ha risposto di «non aver mai sentito alcun leader esprimermi direttamente o indirettamente preoccupazioni sulla sua età. Temono tutti per le elezioni, perché le distanze sono ravvicinate e per alcune cose dette da Trump».
Queste preoccupazioni sono aumentate negli ultimi giorni, per il dramma esploso all’interno del Partito democratico. Non mancano autorevoli fonti che guardano con timore non solo a cosa accadrebbe all’Alleanza nel lungo termine in caso di sconfitta di Biden, ma anche nel breve termine alla strategia elettorale.
Può darsi infatti che il presidente sopravviva alla fronda e vada avanti, ma alla sua età, e nelle sue condizioni, nessuno può garantire che fra qualche mese non avvenga un peggioramento improvviso che gli impedisca di proseguire la campagna. A quel punto potrebbe essere troppo tardi per rimpiazzarlo con un’alternativa credibile e la stessa vice Kamala Harris avrebbe difficoltà a costruire la sua sfida contro Trump.
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