Luigi Bisignani per “il Tempo”
DANIELE FRANCO
E' bastato un accenno a Mario Draghi nella mia lettera di domenica, che in tanti ti hanno chiesto di approfondire il ruolo del Presidente della BCE. A colpirli è stato il passaggio sul suo operato nella crisi del sistema bancario e quello sulla fine del governo Berlusconi decretata dal duo delle meraviglie Napolitano-Monti in seguito proprio a una lettera di Francoforte (o Roma?).
Gli osservatori più autorevoli convergono sul fatto che la vigilanza della BCE è in mano ai tedeschi che, dopo essersela disegnata a loro immagine e somiglianza, mettono paletti a qualsiasi aiuto alle nostre banche con valutazioni troppo rigide. Lo ha sottolineato con lucidità, ieri su 'La Stampa', anche il Presidente di Intesa-San Paolo Gian Maria Gros-Pietro. A parte alcune malversazioni su cui indaga la magistratura, il sistema bancario va aiutato e presto, perché ne risente soprattutto l'economia reale.
MARIO DRAGHI E ANGELA MERKEL
Quanto alla lettera che ha segnato la fine del governo Berlusconi, è interessante rileggere quanto ha scritto Renato Brunetta. Quello che colpisce in questa mai smentita ricostruzione è che a collaborare alla stesura della missiva della Bce fu un italiano, l'attuale Ragioniere Generale dello Stato Daniele Franco, ai tempi uomo di Banca d'Italia. Una lettera che Berlusconi riteneva dovesse rimanere segreta e che invece servì a far saltare il banco.
Secondo alcuni fu un atto dovuto da parte di 'Super Mario' ad Angela Merkel e Nicolas Sarkozy che diedero l'ok a quell' incarico europeo, solo pochi mesi prima, invece, nelle sue considerazioni finali da Governatore della Banca d'Italia, aveva elogiato la politica di bilancio del governo Berlusconi.
SARKOZY E MERKEL RIDONO DI BERLUSCONI
Draghi assieme a Giorgio Napolitano ha favorito alla direzione generale del Tesoro Vincenzo La Via, che Renzi oggi sostituirebbe volentieri, se non fosse per la difesa ostinata che ne fa il ministro Pier Carlo Padoan. I Draghi boys dovrebbero aiutare Renzi a rilanciare l'economia ma tutti sembrano guardare più a Berlino che a Roma. Il premier ha molto su cui riflettere.
2 - “BERLUSCONI DEVE CADERE CRONACA DI UN COMPLOTTO” ESTRATTO DEL LIBRO DI RENATO BRUNETTA
Da “il Tempo”
VINCENZO LA VIA
Ho un ricordo preciso di quando tutto ebbe inizio. Una voce gentile, amica. Proveniva dalla bocca di un professore, un collega stimato, seduto tranquillamente sul divano nel mio studio, al ministero il 4 agosto 2011.“Posso passare a trovarti? Ti dovrei parlare”, si era preannunciato al mattino il senatore Nicola Rossi. Pensavo venisse a salutarmi prima delle ferie come tante altre volte all’università di Roma, Tor Vergata.
Stranamente nessun convenevole, ma qualche circospezione sì. Mi dice e non mi dice, poi mi dice. Mi dice che in ambienti della Banca centrale europea e di Banca d’Italia si sta pensando a una risposta alla crisi dello spread italiano: una risposta dura, forte, che possa dare credibilità alla nostra politica economica, e che possa dare modo al governo Berlusconi di mostrarsi capace di una manovra aggiuntiva che tranquillizzi i mercati, spegnendo l’incendio che il vento della speculazione cominciava a soffiare sulla nostra Italia, sul nostro debito sovrano.
RENZI PADOAN
E allora? Che stava succedendo? Una lettera, questo avevo capito che stava arrivando, forse già pronta, forse in bozza. Rimuginai di tutto in quei cinque minuti. Mario Draghi avvertendoci, coinvolgendoci, voleva salvare il salvabile della sovranità italiana. Ma a che prezzo?
Eravamo stati tenuti fuori da decisioni che non erano di certo maturate in un mattino. Chi si era mosso sopra di noi? Mi reco nello studio privato del presidente Berlusconi. C'è Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza. Dico tutto. Il colloquio del pomeriggio con una fonte assolutamente attendibile, la quale annunciava l'intendimento, l'orientamento, la decisione, non si capisce ancora. Berlusconi coglie tutto al volo. Chiama Draghi e me lo passa. Io: “Ciao Mario”.
nicola rossi lap
Mario Draghi è un mio vecchio collega di università, mi conferma esattamente le indicazioni, gli intendimenti e mi dice che in Banca d’Italia a questa lettera (ormai era chiaro che di ciò si trattava), stava lavorando Daniele Franco. “Lo chiami?”, mi dice.
Ma certo. Lo conosco bene. In quel momento (nel 2013, governo Letta, sarà nominato Ragioniere generale dello Stato) era uomo Banca d’Italia, ma già mio studente alla facoltà di statistica all’università di Padova all’inizio degli anni ’70. Si erano già fatte le 20.30 o forse le 21.00, quando rientrato al ministero chiamo Daniele Franco, il quale dieci minuti dopo era già da me in piedi con delle carte in inglese in mano.
DRAGHI RENZI
Quelle carte. La lettera, una bozza di lettera. Quella lettera. Non so ancor oggi dove quelle carte fossero state materialmente elaborate, se in sede Bce o in altra sede, magari a Palazzo Koch. So solo che Daniele Franco quelle carte le ha e me le illustra, dandomi sostanzialmente le linee guida del documento che poi sarebbe stato conosciuto come “la” lettera della Banca centrale europea al governo italiano.
RENATO BRUNETTA COMPLIMENTA BERLUSCONI
Il punto centrale è l’anticipo del pareggio di bilancio dal 2014 al 2013 e la richiesta di una serie di riforme strutturali. La nostra promessa di realizzarle sarebbe stata valutata come premessa bastevole perché la Bce potesse continuare a comprare titoli del debito pubblico italiano, in un momento in cui tutti sembravano cederli.
BRUNETTA E BERLUSCONI
Io ascolto. Ascolto il dottor Franco e muovo alcune osservazioni. Certo, alcune delle riforme strutturali richieste erano importanti e serie, altre i soliti luoghi comuni. Forse era una soluzione? Forse. Ma anche no. Io avevo altre idee. Ero e resto convinto più che mai che non si aiuta un popolo e la sua economia a respirare strozzandolo.