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FLASH! – IL DOPPIO GIOCO DI JD VANCE: COME MAI IL VICE DI “KING DONALD” CHE SEMBRAVA SPAZZATO VIA…
1. QUANTI DUBBI SULL'ESITO FINALE DELLA PARTITA TELECOM ITALIA-TELEFONICA-SPAGNA
Dopo meno di cinque ore i 15 consiglieri di amministrazione di Telecom hanno mandato a casa Franchino Bernabè soffocando in gola l'alleluia che chiude le cerimonie religiose.
Adesso il manager che per sei anni ha guidato l'azienda può tornarsene tranquillamente a Vipiteno, il suo burroso comune d'origine, dove i 6.500 abitanti che ancora usano le vecchie cabine telefoniche, potrebbero eleggerlo sindaco e fargli godere in pace i 6,6 milioni della liquidazione.
A questo punto si apre l'altra partita che riguarda il futuro dell'azienda e a prendere le redini sono da ieri sera l'alessandrino-bocconiano Marco Patuano che da 23 anni lavora nei telefoni, e il presidente provvisorio Aldo Minucci, il 67enne dirigente delle Generali che occupa anche la poltrona più alta dell'ANIA, l'associazione degli assicuratori. à chiaro che si tratta di una soluzione provvisoria in attesa che il governo riceva dagli spagnoli di Telefonica tutte le garanzie necessarie per proteggere la Rete e per assicurare gli investimenti necessari. Forse ci vorrà qualche mese prima di arrivare all'organigramma definitivo dei "guerrieri" che dovranno scrivere la nuova storia di Telecom.
à probabile che nel frattempo si scateni la guerra dei candidati e i primi segni si vedono già oggi con i giornali che al nome di Massimo Sarmi aggiungono quello di Francesco Caio (candidato di Enrichetto Letta a Telecom rifiutato dagli spagnoli e girato alle Poste al posto di Sarmi) e di don Vito Gamberale, il manager che dopo aver costruito il "fenomeno" Tim si è buttato nella finanza).
Non ci vuole molta fantasia per immaginare che cosa potrebbe succedere nei rapporti tra un uomo fumantino e incazzoso come Gamberale e un "padron" come Cesar Alierta, il manager coriaceo che riesce a sorridere soltanto di fronte all'innocenza del suo amico di università Galateri di Genola.
Resta il fatto che al di là del nuovo vertice continuano a serpeggiare i dubbi sull'esito finale della partita Italia-Spagna. La conferma più eloquente arriva da un articolo del "Messaggero" in cui si descrivono i termini dell'accordo, lungo 43 pagine, che all'insaputa di Bernabè è stato sottoscritto da Telefonica, Generali, Mediobanca e Intesa per consentire agli spagnoli di portare avanti l'assalto al fortino disastrato di Telecom.
à stato il giornalista Rosario Dimito a prendere visione del contratto che prevede tra l'altro anche la possibilità per gli spagnoli di tagliare la corda qualora il governo italiano dovesse introdurre barriere insuperabili. E qui bisogna aprire una piccola parentesi che riguarda proprio il giornalista Rosario Dimito, protagonista insieme all'ex-consigliere Telecom Elio Catania, di una vicenda scoppiata prima della pausa estiva.
Forse qualcuno ricorderà che alla fine di luglio mentre stava per andarsene in Grecia sulla barca di un amico dell'IBM, Catania aprì la porta di casa sua ai militari del nucleo speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza che misero a soqquadro l' abitazione cercando le prove in base alle quali il manager, consigliere di Telecom, avrebbe fornito informazioni aziendali riservate al giornalista del "Messaggero".
Su quella vicenda per adesso è calato il silenzio, ma il risultato è stato devastante per Catania che in passato aveva gia' fatto parlare di sé per la gestione nelle Ferrovie e nell'azienda dei trasporti milanesi. Nell'attesa che la magistratura faccia il suo corso e si arrivi alla verità , ieri durante il consiglio che al posto occupato dall'ex-manager IBM ha piazzato Angelo Provasoli (presidente del Gruppo Rcs), qualcuno si è ricordato dell'"incidente" in cui è incappato Catania e si è chiesto se quell'operazione che ha coinvolto anche il giornalista Dimito non gli abbia sbarrato la strada per diventare presidente di Telecom in forza della sua indiscussa esperienza nel campo delle telecomunicazioni.
Con la pubblicazione oggi dell'accordo segreto tra Telefonica e Telco, si dimostra comunque che la fonte di informazioni del giornalista romano non era soltanto Catania. Forse la ricerca delle manine va estesa dentro BancaIntesa e nella stessa Telecom dove il lancio dei pugnali ha sempre avuto vecchi e recenti maestri.
2. CAPOLAVORO DI IMPUDENZA E DI PRESUNZIONE âINTERVISTE DI CORRADINO PASSERA A "PANORAMA"
In un Paese in cui bastano due parole di Giovanardi per far salire la Borsa e si analizza con scrupolo la cacca del cagnolino Dudù per capire gli umori del Cavaliere asfaltato, c'è ancora chi si prende la bega di leggere le interviste di Corradino Passera.
Nessuno finora ha avuto il coraggio di dire all'ex-banchiere comasco che invece di esternare velleità potrebbe continuare nella politica del silenzio che in certi momenti paga più delle parole. Se poi il "suggerimento al potente" che fino a pochi mesi fa ha fatto il ministro fosse davvero disinteressato, allora bisognerebbe suggerirgli di riposare il suo pensiero debole dentro la villa cinquecentesca che si trova a pochi passi da casa sua, in quel ricco perimetro dei Parioli dove abitano anche Lorenzo Bini Smaghi e il pallido Vittorio Grilli.
Tutti e tre insieme questi signori, che nello spazio di due anni si sono "suicidati" con le loro parole, potrebbero ammirare il panorama di Roma da villa Balestra, il giardino comunale dei Parioli.
In realtà nessuno riuscirà a tappare la vanità di Corradino che prima ancora del famoso aforisma di Andreotti sul potere che logora, tiene nella massima considerazione le parole di Kissinger: "il potere è un afrodisiaco supremo". Da questi sentimenti è nata l'intervista che Passera ha rilasciato questa settimana su "Panorama" al giornalista Sergio Luciano un fan dell'ex-ministro. A questo punto, pur tenendo in massima considerazione le parole di Giovanardi che fanno salire la Borsa del 3%, bisogna leggere qualche passo della lunga conversazione perché è un capolavoro di impudenza e di presunzione.
Per il 59enne comasco che dopo la laurea alla Bocconi ha bevuto il latte di McKinsey e poi è finito come assistente alla corte di De Benedetti, l'intervista è un'occasione per ricostruire non solo gli indubbi successi riportati negli anni trascorsi alle Poste "dove tagliò 20mila teste", ma anche per fare il punto sulla gestione di IntesaSanPaolo accanto al presidente-patriarca Abramo-Bazoli.
Dalla lettura si capisce che Corradino è felice per la cacciata di Cucchiani e per il ritorno in campo a pieno titolo del trio Messina-Miccichè-Morelli, ma si percepisce anche il modo goffo e poco credibile con cui prende le distanze dai dossier sui quali la sua banca ha erogato miliardi. Con una faccia tosta degna di un bonzo dice che il capitalismo di relazione, quello che passava per i salotti buoni, "si è squagliato".
Formidabile Passera!, figlio naturale di quel capitalismo in base al quale è stato l'artefice dell'operazione Alitalia, la vicenda che finirà nella Treccani come esempio di insipienza totale. Eppure a distanza di cinque anni dal "progetto Fenice" che ha messo la Compagnia nelle mani di patrioti pieni di debiti e di guai con la giustizia, eccolo dire senza vergogna alcuna che quell'operazione "non è stata un fiasco, ha salvato 15mila posti di lavoro e malgrado un'eredita pesantissima ha consentito alla Compagnia di raggiungere l'equilibrio della gestione industriale".
Se per caso il cagnolino Dudù chiederà al suo padrone e alla signorina Pascale di andare a villa Balestra, rinuncerà ai suoi bisogni per scaricare la sua rabbia su questo manager bocconiano che continua a considerare l'Alitalia un'azienda in equilibrio.
Chi ha suggerito a Passera di esternare in maniera così spudorata gli ha anche detto di ricordare i meriti da ministro tralasciando qualsiasi parola su vicende come l'Ilva, il Sulcis e Telecom. In realtà Corradino su Telecom ha le idee chiare ed è letteralmente sdegnato per l'inerzia del governo che rischia di mettere a repentaglio la sovranità economica e politica del nostro Paese. Poche righe dopo però parla del rischio di cessione di Avio Spazio, e contraddicendosi clamorosamente afferma: "ciò che importa non è la nazionalità azionaria, ma l'impegno a sviluppare l'azienda".
Potrebbe bastare, ma un cenno va fatto al pronunciamento politico con il quale il marito di Giovannona Salza e padre di quattro figli meravigliosi (Giovanni, Sofia, Luigi e Luce) annuncia di lavorare a un "progetto coraggioso" che potrebbe mettere da parte la sua ansia per il declino del Paese.
Il giornalista gli chiede se tanto coraggio si tradurrà in un partito oppure in una Fondazione oppure in un movimento, oppure (diciamo noi) in una minchiata personale che serve soltanto a rimetterlo in gioco. Nell'ottobre 2011 il banchiere Passera fu acclamato al convegno segreto di Todi come il " papa nero" nella politica del mondo cattolico. Non è diventato papa, ma è rimasto nero, per la delusione, e per le sue idee prive di una luce credibile.
3. IL MINISTRO DELLA DIFESA MARIO MAURO INVECE DI PRECIPITARSI A LAMPEDUSA HA PREFERITO CHIACCHIERARE NEL SALOTTO DI SANTORO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che il ministro della Difesa Mario Mauro forse non ha compreso del tutto la tragedia cio' che e' avvenuto ieri a Lampedusa.
Invece di precipitarsi sull'isola con un contegno meno esibizionista del collega Alfano, l'esponente di Scelta Civica ha preferito chiacchierare nel salotto di Santoro. Come buon cattolico e come ministro responsabile, prima di vedere con i suoi occhi l'immensa tragedia, avrebbe potuto fare un salto al suo Paese d'origine San Giovanni Rotondo per pregare sulla tomba di padre Pio.
Forse avrebbe avuto il tempo necessario per decidere che una piccola parte dei 30 miliardi destinati alle spese militari potrebbe essere destinata a rafforzare i radar delle motovedette e il pattugliamento notturno degli elicotteri che a una certa ora si interrompe lasciando soltanto ai pescatori il compito di salvare le vite delle donne incinte e dei bambini".
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