
UN MOTO DI COMPRENSIONE PER I TELESPETTATORI DI CANALE5 CHE HANNO AVUTO LA SFORTUNA DI INTERCETTARE…
1. LE PRIME 10 DEI 40 MILIONI DI RAGIONI PER CUI GROM HA VENDUTO A UNILEVER
Prima che il rosiGrometro schizzi alle stelle vi spieghiamo le 10 ragioni per cui Grom ha venduto a Unilever.
1. Grom non cresceva più: dai 22 milioni di fatturato nel 2012 si è arrivati nel 2013 a 23,5 milioni e nel 2014 a 25 milioni. Una crescita annua del 6% è un po' pochino per un'azienda appena nata, segno che è necessario apportare investimenti più importanti nello sviluppo.
2. Grom perdeva soldi: dopo aver praticamente raggiunto il break-even nel 2013, Grom ha generato 1 milione di perdita di esercizio nel 2013 e 2 milioni nel 2014.
3. 40 milioni di euro, ovvero quanto avrebbe pagato Unilever, è un prezzo giusto per vendere, più o meno due anni di fatturato meno i debiti, che è poi lo stesso criterio con cui comprare la trattoria tramite tecnocasa.
4. La gente ormai si era accorta che il gelato di Grom non è artigianale, ma industriale: infatti anche il Codacons aveva diffidato Grom per l'utilizzo improprio del termine artigianale, in quanto Grom prepara le miscele in un unico centro produttivo, in provincia di Torino, e da lì viene smistato ovunque, nei rivenditori italiani e all'estero.
5. Le commesse di Grom avevano smesso di fare la manfrina di arieggiare il gelato mentre lo servono (proprio perchè non è artigianale), adesso quando c'è coda due palate e splaf te lo servono.
6. Vendere a Unilever aprirà a Grom nuovi mercati, quello della GDO per esempio. Così all'Esselunga vicino al cuore di panna Algida (sempre di Univeler) si potrà trovare la crema come una volta (ehehe) di Grom.
7. Il nome rimarrà Grom, anche perchè, differentemente da quanto si potrebbe pensare, Grom è il vero nome di uno dei due fondatori. Esattamente il contrario di Häagen-Dazs, il gelato in fondo più simile a Grom: Häagen-Dazs sono due nomi inventati per sembrare scandinavi, sebbene in nessuna lingua scandinava ci siano i digrammi äa e zs, una tecnica conosciuta nell'industria del marketing sotto il nome di foreign branding.
8. Grom era solo più 70esimo su 106 nella classifica dei gelatai di Torino di Tripadvisor :(
9. Adesso i neoassunti saranno molto più orgogliosi quando devono mettersi la maglietta della vergogna "conista in training".
10. Martinetti non sapeva più che gusto del mese inventarsi.
2. ANCHE GROM FINISCE ALL'ESTERO
Andrea Montanari per ''Milano Finanza''
Guido Martinetti e Federico Grom 2
Era dall'autunno del 2013 che Federico Grom e Guido Martinetti cercavano capitali o nuovi soci, oltre al gruppo Illy (5%), alla giapponese Lemongas Fukuoka (6,74%) e alla turca Ikfram (5,66%) per il loro progetto, cioè la catena di gelaterie Grom, nata esattamente dieci anni prima. Una necessità che era emersa anche al momento dell'approvazione del bilancio al 30 settembre 2014, chiuso con un giro d'affari di 27,6 milioni (+4,8%), un ebitda di -240 mila euro e una perdita di 2,4 milioni (in crescita rispetto al rosso di 1,7 milioni dell'esercizio fiscale precedente).
Nella relazione di gestione, come riferito da MF-Milano Finanza lo scorso 23 giugno, si faceva esplicito riferimento a «nuove operazioni di carattere straordinario a sostegno delle esigenze finanziarie». Tradotto: «O una nuova ricapitalizzazione o il ricorso a un bond».
I due imprenditori, titolari entrambi di una quota del 41,3%, alla fine hanno rinunciato a queste opzioni, accettando l'offerta del colosso anglo-olandese Unilever (48,4 miliardi di fatturato con un utile netto di 5,17 miliardi 2014), cedendo così il controllo della catena di 67 gelaterie in Italia e all'estero (Dubai, Jakarta, New York, Hollywood, Malibu, Osaka e Parigi) che tuttavia continueranno a gestire.
Guido Martinetti e Federico Grom
Il controvalore dell'operazione non è stato reso noto ma lo si può calcolare prendendo a riferimento l'enterprise value assegnato a Grom dal gruppo Illy quando, nel 2011, entrò nel capitale rilevando il 5% per 2,5 milioni. All'epoca, quindi, la società valeva complessivamente 50 milioni.
Una cifra decisamente superiore alla valutazione attuale se è vero che, secondo indiscrezioni di mercato, negli ultimi anni alcuni fondi d'investimento si sono fatti avanti mettendo sul piatto un enterprise value di 30 milioni. Ma visto che negli ultimi due esercizi fiscali il trend era stato negativo, almeno in termini di margini e risultato netto, è plausibile mantenere il controvalore dell'operazione tra 30 e 35 milioni. Anche perché al 30 settembre 2014 Grom presentava debiti nei confronti del sistema bancario per 7,2 milioni e una posizione finanziaria netta negativa di 5,5 milioni, a fronte di un patrimonio netto di 4,6 milioni.
Va però detto che in tutti questi anni la società, i soci e il management hanno investito risorse nello sviluppo industriale e nell'espansione internazionale. Al punto che nei piani di Grom e Martinetti c'erano lo sbarco a breve negli Emirati Arabi e, negli Usa, a Los Angeles, Chicago, e in altre località della Florida e del Nevada.
Un'attività che ovviamente richiede massicci capitali, così come l'altra diversificazione di natura commerciale, ovvero l'approdo nei centri commerciali e nelle stazioni ferroviarie. Nel frattempo, sul versante industriale, uno degli obiettivi era l'allargamento al business dei gelati confezionati. Forse un modo anche di superare la sconfitta subita a luglio nella disputa con il Codacons, che ha diffidato l'azienda Grom dall'utilizzo della definizione «gelato artigianale», scatenando diverse polemiche sul web.
E proprio l'arrivo in grande stile del colosso Unilever (è presente in più di 190 Paesi, con più di 400 marchi e un bacino di 2 miliardi di consumatori al giorno) potrebbe accelerare la diversificazione produttiva e l'ampliamento della presenza a livello globale. Senza confondere il marchio Grom con quello Algida o con quello dell'americana Ben&Jerry's.
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