
DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI…
DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”
TINA A. COMMOTRIX per DAGOSPIA
Il finanziere che non volle farsi occulto Gnomo, si chiama Francesco Micheli. Nato a Parma nel 1937, milanese per vocazione, ha superato senza affanni (e inciampi) l’asticella degli ottantasette anni e oggi si racconta dando alle stampe il suo memoire intimo, dedicato ai nipoti e dal titolo audace (un po’osé?), “Il capitalista riluttante”, edito da Solferino.
Il sottotitolo ammiccante, “Confessioni dal cuore del potere”. Duecento trentacinque pagine, le ultime cinque dedicate ai ringraziamenti, al prezzo allusivo di 17,90 e non 18 euro, da offerte speciali negli scaffali dei supermercati.
L’arco della vita è innanzitutto il diario di bordo del bucaniere della finanza, che salito sull’albero più alto del vascello ha osservato il nostro secolo breve e la sua esperienza personale diventa pure testimonianza collettiva.
E non è merito da poco, nonostante nel suo journal (privato) sono segnalati gli approdi toccati dall’esperto navigatore, ma sfiorati a pelo d’acqua i fondali oscuri incontrati durante la sua navigazione nel mare magnum insidioso dell’economia, sommersa e spesso affondata.
Così, ci siamo presi il capriccio di riempire noi i fogli abbozzati nel brogliaccio delle sue carte marine così da giustificare, per dirla con lo storico Eric J. Hobsbawm, “una partigianeria legittima” dell’autore.
Alla libreria “Hoepli” di Milano, dove acquistiamo il libro, due delle otto copie da esporre sugli scaffali, “sono state prenotate dagli uffici di Mediobanca”, mi rivela la commessa quasi volesse rivelarmi un segreto di Stato.
Ma colpisce la foto in copertina, anch’essa d’autore firmata da Maki Galimberti, del sorridente Francesco con i suoi baffetti alla Clark Gable (o alla Rovelli dello scomparso petroliere Nino?). Una immagine quasi a volerci restituire tutta la sua identità, la sintesi perfetta dell’uomo che si racconta, sia pure con mano vellutata e senza lasciare impronte vistose, negli affari di cuore e di argent.
luciano fontana francesco micheli stella pende marco tronchetti provera ferruccio de bortoli 23
L’ex predone della finanza indossa un elegante doppiopetto sartoriale color panna che nell’amena Cetona provocherà l’invidia dell’ex banchiere Davide Croff, ribattezzato “l’indossatore delegato”. Parbleu! lo stesso look ostentato, anche lui impeccabilmente vestito di un bianco immacolato, dal creatore dell'espressione “radical chic”, Tom Wolfe. L’autore-icona del “Falò delle vanità”, in cui mette alla berlina certe mode politiche sinistrorse.
D'altronde, per l’illuminista Buffon ‘’lo stile è l’uomo stesso”, e con le sue confessioni di una vita spericolata, Micheli conferma nel lungo periodo di esserne una prova vivente, post-moderna. E se per Paul Auster, la verità delle vicende umane è anche nei dettagli intimi (e futili), la nostra cronaca ne è una riprova, pedinando una settimana che scuote la Milano degli affari. Il cui prologo si è celebrato alla Sala “Buzzati” del “Corriere della Sera” con la presentazione del memoire, fattosi evento mondano, dell’ex golden boys della Borsa.
davide croff alessandro profumo vincenzo de bustis
Un avvenimento, o - meglio ancora - una rimpatriata di sopravvissuti del demi-monde meneghino, trasformatasi in una sorta di seduta di autocoscienza alla vigilia di quel jeux de cartes (risiko) destinato a sparigliare l’antico assetto bancario e imprenditoriale all’ombra della Madonnina.
Un domino capace di ridisegnare - Micheli dixit fuori onda -, la mappa economica e geopolitica di un capitalismo in crisi e ormai senza più imprese leader nel settore privato se non quelle del mattone. E senza un Cuccia a tessere la sua trama in Mediobanca. Oggi sotto attacco dei barbari romani, le sorti del capitalismo famigliare con tutte le sue intime debolezze. Il “padrone dei padroni” amava ripetere profetico a Micheli: “Nessuno è immortale, ma attenzione ai replicanti”.
GIULIA MARIA CRESPI E FRANCESCO MICHELI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO
“E quando i gatti dormono a Palazzo Chigi i topi della finanza ballano”, amava chiosare Francesco Cossiga sulle scorribande dei Re dei denari (altrui) quando la politica latita oppure è debole. Proprio così. E parafrasando un altro proverbio popolare d’attualità “Calta(girone) canta e la villan Ducetta, sonnecchia…”.
Eccoli, allora, come usciti da una delle tavole grottesche del caricaturista tedesco George Grosz, i Lor Signori raccolti nella sala “Buzzati”. I reduci che nel bene come nel male, sono stati protagonisti della vita economica e finanziaria.
L’ex notaio di Mediobanca, Piergaetano Marchetti, ‘’Abramo’’ Bazoli protettore di Banca-Intesa che porta da dio i suoi 92 anni, il distinto Carlo Scognamiglio, Claudio Calabi in compagnia dell’editore Urbano Cairo. Tante eminenze grigie dell’imprenditoria, portaborse, faccendieri, giornalisti, magari ora rimpianti per le loro indiscusse capacità professionali. Un parterre che registra l’assenza di politici del vecchio e nuovo corso repubblicano.
La domanda da brividi che corre nella fila dei posti riservati agli ex vip dell’establishment è: riusciranno i “romani” connessi ai Palazzi della politica (Meloni e Giorgetti) a violare il Tempio custodito dallo Gnomo di via Filodrammatici dopo oltre mezzo secolo?
Una élite che da decenni invece di “ascoltare il cuore della città” - secondo la supplica di Alberto Savinio o il grido di dolore lanciato da Ornella Vanoni: “La mia Milano non c’è più” -, si mostra indifferente e spocchiosa fra i ricordi e le tragedie lasciati dietro di sé sul campo minato della finanza e delle banche. E non solo, ripensando al suo primato culturale.
Ecco qui rappresentata la Milano dalle basse ambizioni, a rimuginare amara su un passato che non passa, narrato senza rimorsi dall’ex ragazzo spazzola del mitico re Mida della Borsa, Aldo Rovelli.
E nell’attesa che i maestri recitativi (Luciano Fontana, Marco Tronchetti Provera, ‘’Flebuccio’’ de Bortoli e Stella Pende) salgano sul podio per una esegesi del Don Giovanni sentimentale, operetta semiseria del librettista nato nella città di Verdi, il brusio che arriva dalla platea rivela che è iniziata la caccia al nome tra chi è dentro e chi è fuori dal “vicious circle” dei fortunati menzionati da Francesco nelle pagine dei ringraziamenti.
Loro, i beneficiari della “Friendly list”, che nelle piccole vacanze (arbasiniane?) veleggiano sul suo veliero di 54 metri “Shenandoahy“ o si attovagliano nella “Sala dell’Ermellino”, sagomata in legno pregiato nella bellissima “Factory” milanese.
Del resto, per il poeta Hervé Bazin “Une vie sans amour, c’est une vie sans soleil”. E ancora lì dove tra un concerto, un recital di musica classica, si assegna il premio letterario “Bagutta”.
Toh, c’è pure il nostro Roberto D’Agostino tra i menzionati. Ma il tenutario di questo disgraziato sito non soffre della sindrome proustiana delle madeleine, a differenza delle estasiate madame e madamine dalla penna rosa che si pavoneggiano squittenti al momento del rituale della dedica al libro.
Il lettore curioso e smaliziato, non si aspetti però rivelazioni clamorose sui Capitani di sventura del capitalismo italiano, bazzicati per oltre mezzo secolo da Micheli. A chiarirlo è la stessa epigrafe al volume: “Jouer mal mais jouer vite”. D’altronde, spiegava l’aforista Stanislaw J. Lec: “Chi è di memoria corta supera più facilmente l’esame della vita”.
No, non è colpa della solita “damnatio memoria” se nelle sue pagine dedicate alle confessioni dal cuore del potere l’autore sembra aver fatto suo anche l’adagio andreottiano: “Chi non vuol far sapere una cosa, in fondo non deve confessarla neanche a se stesso, perché non bisogna mai lasciare tracce”.
«Io sono sempre stato un po’ il grillo parlante del potere», spiega Micheli nel suo libro. Ma quando ci sono di mezzo i poteri forti: “certe cose, dietro l’angolo, restano oscure”. Ma sarà lo stesso Micheli a far chiarezza sul giorno fatidico, dell’uscita di scena di Cefis nel 1977 a 56 anni, unico testimone oculare di quella scelta clamorosa del capo: “Sto andando da Cuccia a dimettermi dalla Montedison”, annunciò il boiardo al suo collaboratore.
SHENANDOAH OF SARK - IL VELIERO DI FRANCESCO MICHELI
E fu testimone pure della reazione a caldo di Cefis al rientro negli uffici di Foro Bonaparte. “Ma dottore, io ero convinto che lei volesse fare un colpo di Stato…”, racconta di come l’avesse apostrofato ghignando tra il serio e il faceto lo Gnomo di Mediobanca, lasciandolo senza parole. “Ma lei è matto”, fu la risposta quasi oltraggiosa di Cefis riferita poi a Micheli.
“Non rinnegherò mai la mia esperienza positiva nella Montedison, mi scocciava che per i miei amici di sinistra avessi aiutato Cefis nel presunto colpo di Stato”, ama replicare il Grillo parlante, a volte indossando i panni di Pinocchio.
La leggenda del golpista Cefis, smentita dalle carte documentali, ma rilanciata con il romanzo postumo “Petrolio” di Pier Paolo Pasolini, basato su documenti in parte “apocrifi”, una parte in causa, comunque, Micheli la ebbe: spifferare quella sortita di Cuccia all’ex direttore del “Corriere della Sera”, Piero Ottone, che la trascrisse nel suo libro “Poteri forti” del 1985.
“Non confondiamo Petronio con Petrolio”, scrisse tagliente sull’”Espresso” Alberto Arbasino, smontando anche lui la tesi che la sua morte violenta era figlia dell’elaborazione di quel libraccio. E tra i due amici s’interruppe un rapporto di lunga data. Una delle tante favolette complottistiche (o meno) che ancora si narrano sul mondo occulto degli affari.
francesco micheli stella pende marco tronchetti provera
Già la psicologia del complotto che per Umberto Eco “nasce dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non ci soddisfano perché ci fa male accettarle”.
Come sulla storia dei rapporti di lunga data tra Cuccia e il suo amicuzzi, Salvatore Ligresti, che non faceva comodo all’establishment e ai media paludati per nascondere un’altra verità scomoda. La racconteremo nella prossima puntata.
Ah, il sublime Giulio. Quando il suo amico giurista Guido Rossi, compagno di tante peripezie - anche lui con il cuore a sinistra e il portafoglio gonfio a destra - fu eletto senatore nelle liste del Pci si lasciò sfuggire, sarcastico: “Non dubitavo che finisse all’ombra del Capitale”.
Anche se Marx non usò mai la parola capitalismo”, giurava l’economista riformista Giorgio Ruffolo che aveva mosso i primi passi nell’Eni di Mattei. “In realtà ne parlò parecchio con afflizione sua madre: Peccato, che Karl, invece di parlare tanto di capitale, se ne fosse messo un po’ da parte”.
francesco micheli salvatore ligresti
Dunque, mai venire meno alla ferrea regola cucciana rispettata da Micheli: “Potete fare due tipi di peccato, uno veniale e uno mortale. Quello veniale è scappare con la cassa, quello mortale e fornire ad altri informazioni riservate”.
A nostra memoria, Francesco sarebbe venuto meno alla consegna soltanto una volta, non su un dettaglio storico o su una sfumatura da poco. Il fattaccio riguardava gli intenti golpisti di Cefis dopo la sconfitta di Fanfani al referendum sul divorzio del 1971 preceduta da un suo intervento forte all’Accademia militare di Modena, male interpretato dai suoi “nemici”, e conclusa con le sue clamorose dimissioni dalla Montedison.
L’ex boiardo di stato, successore di Mattei all’Eni prima di approdare alla Montedison, aveva grande stima e fiducia per Micheli, incontrato negli anni della sua dura gavetta in Foro Bonaparte.
Altro luogo d’affari misterioso, in cui politica e fondi neri ai partiti (compreso il Msi di Almirante negli anni dell’estremismo nero) erano una pratica corrente. Tant’è che Cefis, gran collezionista di “Ex Voto”, resterà socio nella sua Finarte anche dopo il suo rumoroso ritiro in Svizzera, rinunciando, secondo le aspettative di Cuccia - in un colloquio avvenuto a quattrocchi in Mediobanca -, a “un colpo di Stato”, sempre negato da Cefis e dalle carte che ne fanno fede.
(Fine 1 puntata, segue)
marcello boldrini giuseppe saragat e eugenio cefis
francesco micheli
PIANOFORTE ALL INTERNO DI SHENANDOAH OF SARK - IL VELIERO DI FRANCESCO MICHELI
silvio scaglia francesco micheli
Giannola Nonino Fabiola Giannotti Francesco Micheli Claudio Magris
silvio scaglia francesco micheli
francesco micheli fastweb
gili bae, francesco micheli 2
gile bae francesco micheli foto di bacco (2)
FRANCESCO MICHELI ALLA SCALA
francesco micheli annalisa chirico
francesco micheli carlo fuortes
francesco micheli
francesco micheli
luciano fontana francesco micheli
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