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Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
L’economia mondiale frena, con l’Italia fanalino di coda per la crescita fra i paesi del G7. Ma gli Usa in controtendenza corrono, e il presidente Obama rivendica questo successo, proponendo al paese di tornare a spendere per aiutare la classe media a rinascere.
Questo è il succo di una giornata segnata prima dalla pubblicazione del World Economic Outlook aggiornato del Fondo Monetario Internazionale, e poi dal discorso sullo stato dell’Unione, dove il capo della Casa Bianca ha sottolineato i progressi compiuti dall’America, invitandola a mettersi definitivamente la crisi alle spalle.
Le previsioni dell’Fmi non sono incoraggianti. La crescita mondiale sarà del 3,5% nel 2015, e 3,7% del 2016, ossia una riduzione dello 0,3% per entrambi gli anni. In questo clima già difficile, l’Italia va peggio di tutti gli altri paesi del G7. E’ vero infatti che dopo le contrazioni del 2013 e del 2014 tornerà ad espandersi, ma il nostro prodotto interno lordo aumenterà solo dello 0,4% durante l’anno in corso, e dello 0,8% durante il prossimo. In entrambi i casi una riduzione delle stime dello 0,5%.
Il ritocco in negativo ha riguardato l’intera eurozona, che ha visto ridurre la crescita dello 0,2 e 0,3% in entrambi gli anni. Il suo pil complessivo, però, aumenterà dell’1,2% nel 2015 e dell’1,4% nel 2016. Frenano anche gli emergenti, i produttori di petrolio come Russia e Arabia, la Cina, il Brasile e l’India, che però sembra destinata a scavalcare la Repubblica popolare come paese dalla crescita più rapida.
L’unica eccezione sono gli Usa, che invece hanno visto ritoccare verso l’alto le stime del loro pil per il 2015, dal 3,1 al 3,6%. In positivo anche la Spagna, che però partiva molto in basso. Troppo pessimismo, per l’ex membro della Bce Bini Smaghi, che prevede un rapido ritocco verso l’alto di queste stime a causa della discesa del costo del greggio.
Secondo Olivier Blanchard, capo economista del Fondo, il peggioramento delle previsioni globali dipende dal fatto che «i nuovi fattori favorevoli alla crescita, cioè il calo del prezzo del petrolio, ma anche la svalutazione di euro e yen, sono più che controbilanciati da forze negative persistenti, inclusa l’eredità della crisi e la crescita potenziale più bassa in molti paesi».
Quindi l’Fmi suggerisce alle banche centrali di mantenere politiche monetarie «accomodanti», per contrastare gli effetti deflattivi favoriti dal calo del greggio. E dove non c’è più margine per agire sui tassi, sollecita l’uso di altri strumenti, come l’acquisto di bond pubblici che la Bce dovrebbe annunciare domani. «Da un certo punto di vista - ha notato Blanchard - il quantitative easing europeo è già avvenuto. I mercati lo hanno anticipato, i tassi di interesse sono scesi e l’euro si è deprezzato. Vogliamo assicurarci che quando ci sarà l’annuncio, sarà dell’entità che i mercati si aspettano». Nello stesso tempo è necessario continuare le riforme strutturali, come quelle che l’Italia sta faticosamente avviando.
Gli Usa sono in controtendenza perché hanno fatto tutto questo prima degli altri, e stanno beneficiando di più del calo del petrolio, al punto che la Federal Reserve ha deciso la fine del suo programma di “quantitative easing”, e intorno al mese di aprile dovrebbe cominciare a rialzare i tassi per prevenire il rischio inflazione.
Obama ha usato queste notizie positive nel discorso sullo stato dell’Unione, tenuto ieri notte davanti al Congresso riunito in sessione congiunta. La sua popolarità è risalita al 50%, secondo un sondaggio del Washington Post, proprio grazie alla ripresa, e lui ha rivendicato questa «vittoria» sulla crisi economica. Quindi ha detto che è arrivato il momento di voltare pagina, tornando ad investire nel paese. Ha proposto un piano che aumenterà le tasse di chi guadagna oltre mezzo milione di dollari all’anno, per recuperare circa 320 miliardi in dieci anni per finanziare l’istruzione e altre iniziative, che aiutino la classe media a tornare ad essere il motore del paese.
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