DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Estratto dell’articolo di Cenzio Di Zanni per www.repubblica.it
Il leader degli operai del sindacato IgMetall, Thorsten Gröger, aveva avvertito i dirigenti Volkswagen alla vigilia della maratona negoziale che avrebbe dovuto scongiurare la chiusura di tre stabilimenti in Germania e i 6 mila esuberi stimati: “Il Paese si dovrà preparare a una mobilitazione come non se ne vedevano da decenni”. Domani, 2 dicembre, comincia lo stop nelle catene di montaggio dell’azienda tedesca, primo gruppo automotive in Europa. E Gröger è tornato ad alzare la voce al termine del dialogo sociale obbligatorio per 120 mila dipendenti del marchio. "Se necessario, questa sarà la battaglia contrattuale collettiva più dura che la Volkswagen abbia mai conosciuto", ripete il sindacalista.
Due giorni fa, la casa di Wolfsburg, che lavora a un drastico piano di ristrutturazione dei costi, ha respinto la controproposta dei sindacati, disposti a rinunciare ai bonus, agli aumenti di stipendio – a ogni livello, dirigenti compresi – e alla riduzione dell'orario di lavoro pur di salvare dalla scure dell’azienda le fabbriche in bilico. Insomma, alla mano tesa dei sindacati il management ha risposto picche e la temperatura del confronto è tornata a salire. Fino allo sciopero di domani. “Un avvertimento”, secondo IgMetall. Il primo. Che toccherà tutte le fabbriche tedesche Volkswagen.
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Soltanto in Germania, Volkswagen conta dieci stabilimenti e circa 300 mila dipendenti, di cui 120 mila impegnati nelle catene di montaggio del principale brand del gruppo, il più colpito dal piano di risparmio. Fiore all'occhiello dell'industria automobilistica tedesca, la Volkswagen soffre, secondo gli esperti, a causa del rallentamento del mercato del nuovo, della concorrenza cinese, dei modelli di batterie non sufficientemente attraenti e del costo del lavoro più elevato rispetto ai concorrenti.
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