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Carlotta Scozzari per Dagospia
Oltre a Giovanni Bazoli, tra gli indagati nell'inchiesta su Ubi Banca, che questa mattina ha condotto alle perquisizioni nella sede di Bergamo e negli uffici dei diretti interessati, spicca il nome di Giampiero Pesenti, capostipite della famiglia nota per avere un piede nei salotti finanziari che contano, da Rcs a Mediobanca.
Pesenti è indagato nell'inchiesta su Ubi Leasing, controllata del gruppo guidato da Victor Massiah. Ma che c'entra il grande capo del gruppo industriale cementiero con base a Bergamo, Italcementi, e di Italmobiliare, la holding di famiglia quotata in Borsa che ha in pancia le principali partecipazioni nei salotti finanziari, con le presunte operazioni irregolari su cui la Procura sta indagando?
Dietro all'imprenditore, sembra celarsi una complessa quanto controversa operazione di leasing nautico, su cui già quasi due anni fa si era concentrato il faro della Banca d'Italia, e che in un primo momento aveva riguardato Massimo Crespi, l'imprenditore degli yacht arrestato nel luglio del 2012 per evasione e frode fiscale.
Già Bankitalia, nei suoi rilievi dopo l'ispezione avviata nel 2012, puntava il dito su tale posizione creditoria, "da tempo a sofferenza e oggetto di procedimenti giudiziari", dalla quale era scaturita una denuncia all'Autorità giudiziaria per "truffa", "in relazione - scriveva Palazzo Koch - tra l'altro, alla circostanza che il valore iniziale dell'operazione era di 10,1 milioni oltre Iva a fronte di un bene che sarebbe stato pagato 6,5 milioni".
In particolare, la magistratura starebbe indagando sulla vendita finale di questa imbarcazione, per poco più di 3 milioni, a una società cipriota che sembra riconducibile alla famiglia Pesenti, dal momento che la cifra si allontana parecchio dai 10,1 milioni più Iva che erano stati pagati dalla stessa Ubi Leasing.
Dopo l'insolvenza di Crespi, una prima perizia aveva valutato lo yacht circa 6 milioni, mentre una seconda perizia poco dopo aveva abbassato l'asticella a circa 4 milioni. Ora, l'attenzione degli inquirenti si sta concentrando sul fatto che questa seconda perizia sarebbe stata realizzata dal comandante della barca dello stesso Pesenti, Alessandro Miele.
Quest'ultimo ha anche una società di brokeraggio, che sembra abbia agito come intermediario per la cessione dello yacht a una società riconducibile a Italo Lucchini, consigliere di sorveglianza di Ubi che pure figura tra gli indagati. Lucchini, da ultimo, avrebbe "girato" l'imbarcazione a Pesenti attraverso una società cipriota.
Ma questa presunta operazione irregolare con Ubi Leasing non è certo l'unico legame tra i Pesenti e la Popolare guidata da Massiah. La famiglia lombarda è, infatti, azionista storica di Ubi, attraverso la holding Italmobiliare, che al 31 dicembre scorso custodiva in portafoglio lo 0,257% della Popolare.
In ogni caso, sembra essercene abbastanza perché saltino in aria i poteri finanziari legati agli ambienti della finanza cattolica che da anni si identificano con la famiglia Pesenti e l'ex presidente di Ubi Emilio Zanetti, per quel che riguarda l'anima bergamasca della banca, e con Abramo Bazoli per quanto concerne l'ala bresciana. Zanetti, tra l'altro, da sempre vicino ai Pesenti tant'è che siede nel consiglio di amministrazione di Italcementi, risulta pure nel registro degli indagati.
Gli inquirenti, inoltre, stanno tentando di fare luce su un presunto patto parasociale occulto, che, se fosse appurato, potrebbe condurre alla nullità dell'assemblea dei soci della primavera del 2013 che aveva rinnovato gli organi di Ubi. E, a riguardo, sarà interessante capire l'esito dell'udienza in calendario per il 5 giugno, al Tribunale di Brescia, in cui si discuterà la richiesta di annullamento dell'assise presentata da Giorgio Jannone, ex deputato del Pdl che proprio l'anno scorso aveva tentato senza successo di rottamare i vertici del gruppo del credito lombardo. Forse adesso per la rottamazione di Jannone i tempi sono maturi.
GIAMPIERO PESENTI GIOVANNI BAZOLI E JOHN ELKANN ubi bancaVICTOR MASSIAH UBI BANCA
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