AMAZON SALVACI TU – IL GIGANTE AMERICANO DELL’E-COMMERCE SAREBBE PRONTO A LANCIARSI SUL CIBO ITALIANO – POTREBBE ESSERE UN VOLANO FONDAMENTALE, VISTA LA NOSTRA DEBOLEZZA SULLA GRANDE DISTRIBUZIONE

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Dario Di Vico per il “Corriere della Sera

 

Amazon non commenta le indiscrezioni di mercato ma gli operatori sono convinti che il gigante americano stia per entrare nell’e-commerce del cibo italiano. Ci si attende, dunque, una svolta per un mercato come quello del food che è strategico per la qualificazione della nostra industria e per l’aumento dell’export. 


I dettagli dell’operazione non sono secondari: bisognerà vedere tempi di consegna dei prodotti e margine di contribuzione che le aziende del made in Italy dovranno pagare. C’è chi pensa che possa essere una vera rivoluzione destinata a cambiare i rapporti tra industria alimentare e distribuzione e chi invece sostiene che Amazon riuscirà a intermediare solo qualche punto percentuale di vendite, la sostanza però rimane quella di un settore che esporta troppo poco rispetto alle sue potenzialità.

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Qualche numero: nel 2013 abbiamo venduto oltrefrontiera per 33 miliardi di euro contro i 68 della Germania e addirittura i 34 del Belgio. Senza dimenticare che dovendo importare gran parte delle materie prime (39 miliardi) la bilancia commerciale segna -6. Nei convegni di questi giorni all’Expo il tema è ricorrente e le proiezioni si sprecano. Se riuscissimo a passare dal 25% di vendite all’estero sui ricavi complessivi a quota 33% (come la Germania) avremmo 17 miliardi in più di fatturato e una stima di 100-150 mila posti di lavoro nuovi tra industria e agricoltura.

 

Tutti questi discorsi poggiano non solo sulla ribadita qualità del nostro cibo ma anche sui numeri dell’ italian sounding , le vendite di prodotti di imitazione e con marchio contraffatto che valgono da sole 54 miliardi. 

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Fin qui però si rischia di pestare l’acqua nel mortaio o semplicemente di dire che ci vorrebbe un’Ikea del cibo italiano, capace di far compiere ai nostri prodotti quel decisivo ultimo miglio per arrivare ai nuovi consumatori. E’ vero, infatti, che nel mondo ci sono 72 mila ristoranti italiani che rappresentano comunque un canale preferenziale per i nostri prodotti, ma non abbiamo né Carrefour né Auchan come i cugini francesi e così i nostri vini devono chiedere ospitalità in qualche angolo del supermercato rivale.

 

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 Una novità è stata rappresentata sicuramente da Eataly, per ora però le dimensioni internazionali della rete creata da Oscar Farinetti non sono minimamente paragonabili a quelle citate. Si aspetta il nuovo step quando, dal prossimo ottobre, Andrea Guerra diventerà presidente operativo di Eataly e, anche grazie alla quotazione in Borsa, varerà un piano di espansione internazionale della catena.

 

Nella stessa direzione sta andando anche l’azione del Fondo Strategico Italiano, controllato da Cassa Depositi e Prestiti, che ha già investito nel gruppo Cremonini proprio per utilizzare la ricca rete commerciale e logistica che gli emiliani vantano in America. Nuove iniziative sono attese a breve e si discute se non si possano utilizzare piattaforme fieristiche già rodate (ma da trasformare) come Vinitaly e Cibus con l’obiettivo di dare binari alle Pmi italiane per conquistare i consumatori stranieri.

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E’ chiaro che un’accelerazione da parte di Amazon costringerebbe tutti a fare i conti con la novità e del resto scontiamo come sistema Italia un lento avanzamento dell’offerta di e-commerce visto che l’unica piattaforma globale che abbiamo, per ora, è Yoox nella moda e nel design. Eppure nell’alimentare potremmo mettere in sinergia i nuovi modelli distributivi con il successo del «movimento degli chef» che rappresenta indubbiamente una novità dirompente capace di dare a valle ulteriore valore alla filiera e conferirle un sovrappiù di charme. 

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