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Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Non è finita anche quando sembra finita, recita il mantra dei duri degli sport più duri. Ma vale anche per certi processi che, di puntata in puntata, nei decenni sembrano acquisire una incomprimibile vita propria: come la saga giudiziaria del lodo Mondadori.
Che, per l'appunto, ora si scopre non è ancora finita anche se in Cassazione sono esauriti tutti i gradi di giudizio penale (dal 2001 al 2007) e anche i tre gradi di giudizio civile (questa estate) sulla corruzione giudiziaria che nel 1991, a scapito della Cir di Carlo De Benedetti, propiziò il controllo di Silvio Berlusconi sulla maggior casa editrice del Paese.
Per i «danni patrimoniali» arrecati all'editore del gruppo «Repubblica-Espresso» dalla tangente Fininvest di 400 milioni di lire al giudice Vittorio Metta, cioè all'estensore della sentenza della Corte d'Appello civile di Roma che nel 1991 ribaltò a beneficio del Cavaliere l'iniziale lodo di tre arbitri favorevole all'Ingegnere, lo scorso 17 settembre la Cir ha ottenuto in Cassazione di essere risarcita da Fininvest con 494 milioni di euro.
Ora, però, la Cir di De Benedetti ha avviato contro la Fininvest di Berlusconi un'altra causa civile da 30 milioni di euro nominali (in realtà circa 90 «veri») che nasce proprio da una coda della sentenza civile della Cassazione, laddove essa, respingendo l'undicesimo dei 15 motivi di impugnazione della difesa Fininvest, in settembre aveva fatto passare in giudicato anche la risarcibilità alla Cir di «danni non patrimoniali»: danni cioè come «conseguenze della lesione del diritto ad un giudizio reso da un giudice imparziale», sulla base dell'esclusiva constatazione, prima in sede penale e poi anche civile, appunto dell'accertamento di «un plurioffensivo fatto di corruzione».
La Cassazione stessa indicava nella motivazione che determinare in concreto il danno non patrimoniale sarebbe dovuto essere compito, per consolidata giurisprudenza, di un altro giudice.
Ecco perché adesso, essendo in possesso di questo titolo definitivo a essere risarcita anche per i danni non patrimoniali patiti, la Cir ha avviato contro Fininvest la successiva causa nella quale di nuovo prima il Tribunale civile di Milano, poi la Corte d'Appello e infine la Cassazione dovranno quantificarne l'entità . Cir propone 30 milioni di euro, che con rivalutazione e interessi legali arriverebbero in concreto a poco meno di 90 milioni.
Per Berlusconi, alle prese anche con l'onerosa causa di divorzio, si profila indirettamente un altro dispiacere patrimoniale in una vicenda nella quale invece nel 2001, grazie alla combinazione tra un vuoto normativo e una generosa prognosi della Corte d'Appello milanese, era stato l'unico dei protagonisti a schivare il rinvio a giudizio, poi costato nel 2007 all'avvocato Fininvest Cesare Previti e al giudice Metta la condanna definitiva a 18 mesi e a 33 mesi in continuazione con i 6 anni già incassati per Imi-Sir.
Le pene per il privato corruttore e per il magistrato corrotto erano infatti state equiparate dal 1992, ma il legislatore si scordò di prevedere una norma che, per i fatti commessi fra il 12 maggio 1990 e il 17 marzo 1992 (come appunto il 1991 del lodo Mondadori) punisse la «corruzione in atti giudiziari» commessa dal privato corruttore, che dunque restava punibile soltanto per «corruzione semplice», reato la cui prescrizione si dimezzava nel caso di concessione di attenuanti generiche.
E nel 2001, negate a Previti, le attenuanti vennero invece concesse (prima dai giudici d'Appello a Milano e poi dalla Cassazione) al solo Berlusconi, a motivo della transazione con Cir e soprattutto nel presupposto che egli avesse agito «nell'ambito di un'attività imprenditoriale le cui zone d'ombra non possono condurre a una preconcetta valutazione ostativa» a fronte delle sue «attuali condizioni individuali e sociali di oggettivo rilievo».
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