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Carlotta Scozzari per Dagospia
Le sofferenze, quei prestiti cioè che non vengono ripagati, continuano a fare soffrire i bilanci delle banche italiane. E in vista dei nuovi stress test che misureranno l'affidabilità dei conti dei gruppi del credito europei non è certo un problema da poco. Non stupisce perciò che ciascun istituto stia studiando la soluzione più indicata per risolverlo. L'Unicredit guidata da Federico Ghizzoni, ad esempio, tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014, ha già annunciato la cessione di due pacchetti di crediti di difficile esigibilità per un totale di quasi 2 miliardi.
E a muoversi sul dossier adesso sembra essere anche Intesa Sanpaolo. Il primo gruppo bancario italiano per numero di sportelli, secondo quel che scrive il "Financial Times", starebbe lavorando a un piano per mettere su una "bad bank" casalinga, vale a dire una società interna al perimetro di Ca' de Sass dove fare confluire i 55 miliardi di crediti lordi di difficile riscossione anche detti "non performanti" (in gergo finanziario npl).
Il consigliere delegato di Intesa, Carlo Messina, e il presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni "Abramo" Bazoli, dovrebbero discutere nelle prossime settimane il progetto con gli azionisti, primi fra tutti le Fondazioni Compagnia di San Paolo, dove sta per salire al potere il vicepresidente Luca Remmert in sostituzione di Sergio Chiamparino, e Cariplo, presieduta dal potente Giuseppe Guzzetti.
La bad bank di Ca' de Sass potrebbe essere annunciata il 28 marzo, insieme con i risultati finanziari del 2013 e con il nuovo piano industriale a cui Messina, che a settembre ha sostituito Enrico Tomaso Cucchiani, sta lavorando. Il nuovo piano industriale dovrebbe, tra l'altro, sancire per Intesa, sul modello di quanto già fatto da Mediobanca e Generali, l'annuncio della vendita delle partecipazioni un tempo strategiche in Telecom Italia e Alitalia, tutte operazioni risalenti alla vecchia gestione di Corrado Passera. In Europa, già Royal Bank of Scotland l'anno scorso ha messo in piedi una bad bank casalinga, dove ha fatto confluire 38 miliardi di sterline di attività a maggiore rischio.
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