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Giorgio Meletti per "il Fatto Quotidiano"
Da 13 anni, cioè dal 2000, le sofferenze bancarie non raggiungevano un livello così alto rispetto agli impieghi: secondo i dati di giugno dell'Abi (Associazione bancaria italiana) siamo al 7,1 per cento. Significa che, dei quasi 2 mila miliardi che le banche italiane prestano alle imprese grandi e piccole e alle famiglie, sono arrivati a 138 miliardi i soldi che gli istituti stentano a riavere indietro (aziende in crisi, famiglie in difficoltà che non riescono a pagare le rate del mutuo etc.).
Le banche soffrono, dunque, e il dato statistico riflette un quadro drammatico: alle difficoltà delle aziende e delle famiglie colpite dalla crisi economica si aggiunge l'esplosione dei casi di mala gestione o crediti facili di cui alle cronache di questi mesi, dal caso Zaleski al caso Banca Marche, dal Mps a Carige.
Due gli elementi preoccupanti. Il primo, ovvio, è che perdurando la crisi le possibilità di recupero di queste cifre appaiono basse, e dunque l'eventualità che sul sistema bancario si abbatta una tempesta da 100 miliardi non è remota. Il secondo è la progressione del fenomeno. Nell'estate del 2007, all'immediata vigilia della crisi finanziaria internazionale, i crediti in sofferenza del sistema bancario italiano erano attorno ai 16 miliardi.
In sei anni si sono moltiplicati di oltre otto volte, con un'accelerazione impressionante: triplicati in due anni (nell'estate del 2009 avevano toccato i 50 miliardi), ulteriormente raddoppiati nei successivi due anni (nell'estate del 2001 furono toccati i 100 miliardi), fino ai 138 miliardi di giugno scorso. La previsione dell'Abi e di Bankitalia è che l'ammontare delle sofferenze continuerà a salire. Un anno fa l'Abi formulò una previsione che oggi risulta ottimistica: le sofferenze sarebbero arrivate al 7,2 per cento degli impieghi nel 2014. A metà del 2013 siamo già al 7,1 per cento.
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