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Andrea Franceschi per “www.ilsole24ore.com”
La divergenza tra le politiche monetarie della Fed e la Bce è stato tema dominante sui mercati finanziari nell’ultimo anno. E in questi ultimi giorni è tornato a vivacizzare l’andamento dei mercati finanziari.
Se la notizia di ieri ha riguardato l’annuncio dei tempi e dei modi in cui sarà messo in atto il piano di Quantitative easing della Bce, oggi l’indicazione più attesa riguarda le statistiche ufficiali sul mercato del lavoro negli Stati Uniti, che da sempre sono cruciali nel determinare le scelte di politica monetaria della Fed.
I numeri che sono risultati decisamente positivi: i nuovi occupati per il mese di febbraio sono stati 295mila, in deciso rialzo rispetto ai 239mila di gennaio e ben oltre i 240mila attesi dagli analisti. Ha fatto meglio delle previsioni anche il tasso di disoccupazione che è sceso dal 5,7 al 5,5% oltre il 5,6% stimato alla vigilia dagli analisti.
Il miglioramento del mercato del lavoro Usa è un segnale importante per i mercati perché significa che la stretta monetaria, da tempo annunciata dalla Fed, ora si fa più vicina. Un’indicazione che, se rapportata all’orientamento opposto della Bce che è solo all’inizio della sua espansione monetaria, ha l’effetto di far salire il dollaro e scendere l’euro.
Non stupisce quindi la nuova svalutazione registrata dalla moneta unica che ha sfondato al ribasso quota 1,09 dollari subito dopo la pubblicazione dei dati sul lavoro Usa (qui il grafico di giornata del cambio euro-dollaro). Nelle ultime tre sedute la moneta unica ha registrato un’eccezionale flessione del 2,7% sul dollaro. All’apertura mercoledì la moneta unica si attestava ancora oltre quota 1,12. Nel giro di tre sedute ha sfondato al ribasso tre importanti soglie: 1,11, 1,10 e 1,09 dollari.
È stata soprattutto la forza del dollaro a muovere il cambio. Grossi scostamenti si sono poi visti sui titoli di Stato americani su cui sono scattate forti vendite alla pubblicazione del dato sull’inflazione.
Il rendimento del Tbond Usa biennale è balzato dallo 0,63 allo 0,70% mentre il tasso dei Treasury decennali è passato dal 2,11 al 2,22 per cento. Questo movimento ha avuto riflessi anche sul Bund tedesco, il cui andamento spesso è simile a quello del Treasury perché entrambi sono considerati titoli «rifugio».
Draghi, Barack e Michelle Obama
Anche se non con la stessa violenza dei Tbond Usa anche i tassi dei Bund sono risaliti alla pubblicazione del dato. È soprattutto a questa ondata di vendite sui governativi tedeschi che si deve il crollo dello differenziale di rendimento Italia-Germania (qui il grafico di giornata dello spread) che, nella seconda parte della seduta è arrivato a sfondare al ribasso la soglia dei 90 punti.
Contrastate le Borse europee (qui l’andamento dei principali indici). Frenata sul finale di seduta, nella prospettiva di un'accelerazione della Fed verso l'uscita dall'attuale contesto di politica monetaria straordinariamente accomodante: nell'ultima ora di contrattazioni sono stati annullati i guadagni della giornata.
A Piazza Affari, il Ftse Mib ha chiuso appena sopra la parità: +0,16%. L’indice Stoxx 600 europeo ha messo a segno il suo quinto rialzo settimanale consecutivo, viaggiando sui massimi da luglio 2007. Lo stesso non vale per Wall Street (qui il grafico dell’S&P500) dato che gli investitori non vedono con particolare favore un accorciamento dei tempi della stretta monetaria Usa.
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