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Andrea Greco e Vittorio Puledda per "La Repubblica"
La Carlo Tassara ha ottenuto altri tre anni di tempo, fino a tutto il 2016, per dismettere le attività in portafoglio e ripagare così i debiti alle banche. L'accordo, faticosamente raggiunto dopo un braccio di ferro che ha visto momenti di forte tensione, è stato firmato dalla holding alla fine di un cda convocato in serata e che ha portato ad accettare il
term sheet messo a punto dalle banche. A partire dal punto più caro ai creditori: la riforma della governance, che vedrà salire da 5 a 9 i consiglieri, di cui 6 indipendenti, indicati dalle banche.
Chi ha vissuto da vicino la parte finale della trattativa racconta che il negoziato si è svolto soprattutto con Unicredit e Intesa Sanpaolo (che insieme sommano circa 1,7 miliardi di crediti alla società che fa capo a Romain Zaleski). Oggi l'accordo sarà illustrato nel consiglio di gestione di Ca' de Sass, dove Carlo Messina farà il suo esordio come ad.
La riunione plenaria Tassara-banche sarà entro pochi giorni; seguiranno in successione i contratti bilaterali con gli istituti, esposti per 2,1 miliardi (oltre alle due big, Mps, Bpm, Ubi, Carige e Banco popolare). Se tutto andrà liscio, il nuovo riassetto prolungherà i debiti al 2016, con una scaletta di dismissioni - condizioni di mercato permettendo - fissata per classi di asset (tra le prime cessioni ci sarà il 34% della banca polacca Alior).
Ovviamente, l'attenzione è tutta per i pacchetti di società quotare a Piazza Affari, in larga parte delle stesse banche che hanno finanziato la Tassara. Gli istituti hanno accettato di trasformare 650 milioni di crediti in "strumenti partecipativi", una specie di azioni.
La percentuale di conversione è legata ai crediti chirografari: verrà svantaggiato chi ha meno pegni (come Ca' de Sass). Tassara ha invece ottenuto di mantenere certe attività industriali di Romain Zaleski (Metalcam, Terzo Salto e Finanziaria Valle Camonica).
Ma all'istituto primo creditore del finanziere polacco non è bastato chiudere l'accordo su Tassara, né anticipare il ricambio al vertice per schivare un altro ribasso. Ieri Intesa Sanpaolo ha perso il 3,54%, anche per l'instabilità del governo e dello spread.
Richiesta da Borsa spa, ha specificato in un'altra nota le ragioni del ricambio: «Cucchiani ha lasciato la carica di ad per la necessità della banca di una maggiore incidenza sulle dinamiche operative aziendali e di raccordo delle azioni strategiche e gestionali, per accelerare l'effettiva realizzazione delle potenzialità di gruppo»; e in banca hanno ritenuto il dg vicario Messina «il profilo ottimale per conseguire questi obiettivi». Cucchiani avrebbe ottenuto di prolungare di sei mesi il rapporto con la banca: rimarrà direttore generale, senza poteri o deleghe ma incassando 900mila euro e maturando requisiti pensionistici (è del 1950).
Il suo appannaggio per l'uscita sale così a 4,5 milioni. Ieri si sono poi incontrate le fondazioni socie Cariplo, Sanpaolo, Cariparo, Carifirenze, Carisbo, per fare il punto e convenire sull'abolizione della governance duale nella banca. Una semplificazione di modello e costi chiesta da tempo da alcune fondazioni, e cui il presidente Bazoli avrebbe accennato nel Cds domenica. Ma tempi e modi del ritorno al cda unico (e di una connessa presidenza onoraria per l'avvocato bresciano) restano da definire.
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