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Vittorio Malagutti per il "Fatto quotidiano"
"Io juventino per contratto? Ma stiamo scherzando? Mi sono avvicinato alla Juve all'età di cinque anni e quando posso vado allo stadio, specialmente adesso che ne abbiamo uno nuovo e spettacolare". Così parlò Sergio Marchionne, poco più di un mese fa, nel tentativo di accreditare la sua fede calcistica. Solo che domenica, nel giorno del trionfo e dell'orgoglio bianconero, il capo della Fiat non era in tribuna a festeggiare insieme agli Agnelli.
Affari urgenti a Detroit? Macchè, mentre il popolo juventino celebrava lo scudetto, l'uomo dal maglioncino nero era in città , al Lingotto, e si è fatto vedere alla presentazione del libro del giornalista Massimo Gramellini (gran tifoso torinista, peraltro). Marchionne non ha perso l'occasione di attaccare i sindacati osservando che "in Italia il clima è molto teso" (ma va?).
Questioni importanti, certo. Di sicuro più serie del campionato di calcio. Ai più, però, la scelta di disertare lo stadio in una giornata tanto importante non è sembrata casuale. Sostengono gli esperti di cose torinesi che il manager dal maglioncino nero, personaggio ingombrante e controverso, si sarebbe fatto volontariamente da parte per lasciare il palcoscenico agli Agnelli. E soprattutto ad Andrea, il presidente della Juve tagliato fuori anni fa dalla successione ai vertici della Fiat per scelta di suo zio Giovanni, l'Avvocato, che gli preferì il cugino John Elkann.
L'erede di Umberto Agnelli fin qui ha vissuto di luce riflessa e la vittoria calcistica, accompagnata dai proclami sulla terza stella e gli scudetti vinti sul campo, serve a riconquistare visibilità agli occhi dell'opinione pubblica. Lo scudetto, in realtà , porta anche soldi, molti soldi, a cominciare da sponsor, tv e incassi della Champions League. Sono decine di milioni di euro, più che mai necessari per una società come la Juventus che l'anno scorso, a giugno , ha chiuso il bilancio con 95 milioni di perdite e in nove mesi ha già accumulato un deficit di altri 40 milioni.
Chi paga il conto? Molti ricordano che l'estate scorsa il capo della Fiat lasciò trapelare una forte irritazione per la scelta degli Agnelli di investire, attraverso la holding Exor, oltre 70 milioni nella Juve. Ma come, la Fiat arranca e gli azionisti di maggioranza pompano nuovi capitali nelle casse esauste di una squadra di calcio? Un mese fa è arrivata un'altra sorpresa. Per i prossimi tre anni sarà la Fiat a versare altri 35 milioni alla Juve, che fino al 2015 avrà sulle maglie il marchio Jeep, controllato dalla Chrysler. Il contratto di sponsorizzazione è stato annunciato in aprile.
Fu in quell'occasione che Marchionne fece la sua dichiarazione d'amore al club bianconero. Ci hanno creduto in pochi, a dire il vero e l'assenza del manager alla festa scudetto ha dato ragione agli scettici. La questione di sostanza però è un'altra. Molti analisti finanziari avevano accolto con scetticismo la scelta della Fiat di finanziare la Juventus.
Una scelta in pieno conflitto d'interessi, perchè finisce per dare una mano a una società controllata dagli azionisti di maggioranza della casa automobilistica. Per le migliaia di piccoli azionisti della Fiat i vantaggi dell'operazione sono invece quantomeno aleatori. Va anche detto che il contratto targato Jeep è più generoso rispetto a quello precedente firmato con la Betclic, gruppo internazionale delle scommesse sportive. E questo ha finito per aumentare i dubbi negli ambienti di Borsa. Così, se adesso Marchionne non va allo stadio, prende implicitamente le distanze da un business, quello calcistico, che riguarda la famiglia e non l'azienda automobilistica.
Adesso tutti si chiedono se la Juventus sarà in grado di camminare sulle proprie gambe. Per quest'anno ci sono poche speranze. L'aumento degli incassi non sono stati sufficenti a coprire i costi degli ingaggi per i calciatori approdati in bianconero con l'ultima campagna acquisti. A giugno, quindi, il bilancio chiuderà ancora in forte perdita.
Se però i proventi della Champions League non fossero sufficienti a tappare le falle è difficile pensare a un nuovo intervento finanziario della famiglia. Il presidente bianconero Andrea Agnelli, nominato solo due anni fa, ha già ricevuto tutto il necessario per vincere lo scudetto a tempo di record. Difficile che il cugino John Elkann sia disposto a fare il bis. Per non parlare di Marchionne.
SERGIO MARCHIONNE A SIXTY MINUTESJohn ElkannMassimo GramelliniAndrea Agnelli Logo "Fiat"logo jeep
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