DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Girolamo Di Francia per www.lettera43.it
* Dirigente di ricerca Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile.
stender ei panni sui fili elettrici
La nostra bolletta elettrica sta cambiando, con effetti su tutte le utenze cosiddette domestiche del Paese (circa 30 milioni): quasi la totalità degli italiani. Il primo cambiamento, che ha avuto inizio nel 2016 e che è previsto termini nel 2018, riguarda il sistema tariffario e comporta la scomparsa della tariffazione secondo scaglioni di consumo (in pratica, quello basato sul principio del “più consumi, più paghi”) e, soprattutto, un aumento sostanzioso (prossimo anche al 100%) dei costi fissi, quelli che ci vengono imputati solo per il fatto di avere un contatore dell’energia elettrica a casa nostra.
VERSO NUOVE TIPOLOGIE DI CONSUMO.
Come determinato dalla Aeegsi, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, il sistema tenderà a privilegiare le utenze che consumano più energia elettrica con l’obiettivo, dichiarato, di sostenere la diffusione di nuove tipologie di consumo elettrico (si pensi ad esempio agli impianti di climatizzazione o alle cucine ad induzione) a scapito, soprattutto, dell’utilizzo di fonti energetiche fossili (il gas, innanzitutto).
Si è molto dibattuto, e ancora si discute, se questo genere di misure sia socialmente equo e, ancora, se l’adozione di questo nuovo sistema tariffario non comporti, come effetto indiretto, la diffusione di comportamenti poco virtuosi in termini, ad esempio, di scarsa attenzione ai temi dell’efficientamento energetico o della diffusione delle fonti rinnovabili.
Al momento non si può ancora esprimere un giudizio netto, ma c’è di che essere preoccupati. Se gli effetti di questa misura saranno positivi o negativi dipenderà infatti soprattutto da come il sistema politico disegnerà la nostra transizione energetica verso le fonti energetiche non fossili e, vista la scarsa capacità di programmazione sul medio-lungo termine dei recenti governi, qualche dubbio è legittimo.
L’altro cambiamento è, per certi versi, ancora più importante. Il disegno di legge sulla concorrenza recentemente approvato prevede, tra l’altro, che dal 2019 sparirà il servizio di “maggior tutela” che determina il prezzo del chilowattora che viene pagato da quegli utenti (sia privati sia piccole aziende) che ancora oggi hanno deciso di non passare al cosiddetto mercato libero. È un cambiamento di grande impatto perché riguarderà circa 26 milioni di utenze e vale oltre 10 miliardi all'anno.
Le ragioni che spingono verso questo nuovo scenario fanno riferimento soprattutto al completamento di quel processo di liberalizzazione del mercato dell’energia iniziato ormai oltre 15 anni fa col decreto Bersani e sostengono che, nell’innovativo scenario che si prefigura, dalla concorrenza tra gli operatori del settore (oggi ce ne sono alcune centinaia) conseguirebbe un effettivo risparmio per i consumatori.
Tuttavia, se è vero che il passaggio dal mercato tutelato a quello libero sta avvenendo forse troppo lentamente nel nostro Paese, questo è anche il risultato del fatto che le tariffe proposte dal servizio di maggior tutela risultano generalmente migliori, spesso inferiori anche del 20%, rispetto a quelle riscontrabili al mercato libero. Dunque se gli utenti, fino ad oggi, hanno deciso di non optare per il mercato libero questo è accaduto semplicemente anche perché il passaggio non era conveniente.
E se oggi il servizio di maggior tutela serve anche a definire una specie di prezzo di riferimento col quale gli operatori del mercato libero sono comunque obbligati a confrontarsi per la definizione delle loro proposte, cosa accadrà quando questo riferimento non ci sarà più? Siamo proprio certi che il meccanismo della libera concorrenza, che finora non ha dato una gran prova di sè, sia, da solo, tanto efficace da assicurare poi un effettivo risparmio per i consumatori? Il dubbio non può non presentarsi soprattutto quando si tiene conto del fatto che oltre l’83% del mercato elettrico domestico è oggi nelle mani di tre soli operatori.
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