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BOLLORE’ NON SI FERMA, VUOLE SALIRE AL 30% DI MEDIASET, ED IL TITOLO VOLA IN BORSA - BERLUSCONI ALLE CORDE, PUNTA SUI MAGISTRATI PER CONGELARE I DIRITTI DI VOTO DI VIVENDI - POTEVA DIFENDERE IL BISCIONE, MA PER AVIDITA’ SUA E DEI FAMILIARI HA VENDUTO IL 7,8%, SCENDENDO AL 33% - GLI ERRORI ENDEMOL E PREMIUM (GRAZIE PIERSILVIO!)

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Da Ansa

 

Apertura col botto in Piazza Affari per Mediaset che dopo sospensioni per eccesso di rialzo ha avviato gli scambi con un aumento del 14%. Al momento della riammissione, il titolo ha toccato un +16%.

 

Ettore Livini per la Repubblica

 

L’arrocco e le battaglie legali, alla fine, non sono servite a nulla. Vincent Bolloré, come previsto, tira dritto per la sua strada, non aspetta che gli avversari - Mediaset da una parte, il governo e il Sistema Italia dall’altra - si organizzino e arriva fino alla soglia dell’Opa su Mediaset. Il raider bretone ha raggiunto il primo obiettivo: la famiglia Berlusconi è sotto scacco e con le mani - al netto delle opzioni giudiziarie - quasi legate. Aprire negoziati tra le due parti è quasi impossibile, visto che qualsiasi intesa rischia di far scattere l’obbligo di Opa.

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Una sfida a colpi di offerte pubbliche d’acquisto su Cologno tra Fininvest e Vivendi sarebbe complicatissima per il Biscione causa disparità di mezzi in campo, visto che i transalpini hanno in cassa 2 miliardi di liquidità. E gli eventuali “aiutini” del governo, se mai arrivassero e se avessero il disco verde della Ue, rischiano di arrivare a frittata ormai fatta, vista la scalata a tappe forzate di Bolloré viaggia molto più veloce dei tempi della politica: il bretone, una volta arrivato al 30%, potrebbe puntare al bersaglio grosso in attesa che le inchieste giudiziarie, le indagini della Consob e la politica facciano la loro strada.

 

Gli advisor e i legali di Mediaset e Fininvest sono al lavoro giorno e notte per stabilire una strategia di difesa. Ma quella più praticabile (e detto da casa Berlusconi suona quasi come una nemesi storica) è sperare nell’intervento dei giudici per il congelamento dei diritti di voto della quota francese nelle tv italiane. Gli esposti presentati in Consob e Tribunale dal Biscione puntano a dimostrare che Bolloré - come ha fatto in Premafin facendosi bacchettare dalle autorità di controllo con multa da 3 milioni e interdizione di 18 mesi ai pubblici uffici - ha scalato la società di nascosto contraendo contratti di acquisti a termine non dichiarati con altri investitori.

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L’umore ad Arcore è insomma abbastanza cupo. E allo stato - salvo che Fininvest non riesca a tirar fuori un coniglio dal cilindro - le opzioni sembrano essere due. Trattare una resa onorevole, sedendosi a un tavolo e lasciando la gestione ai francesi ricavandosi uno strapuntino azionario nel fantomatico “polo di media e produzione dell’Europa del sud” sognato da Bolloré. Oppure vendere cara la pelle a suon di Opa per obbligare Vivendi ad alzare il prezzo e mettersi in tasca un bel gruzzoletto.

 

Per l’ex-premier sarebbe però un epilogo drammatico e inatteso viste le energie umane e imprenditoriali che ha investito nelle tv e la coincidenza con l’altro dolorosissimo passaggio dell’addio al Milan. Senza contare i possibili contraccolpi negli equilibri familiari di una sconfitta di questo tipo.

berlusconi confalonieri mediasetberlusconi confalonieri mediaset

 

Piangere sul latte versato, dice la saggezza popolare, è quasi sempre inutile. Con il senno di poi però, davanti all’arrembaggio di Bolloré, Fininvest e Mediaset hanno ora qualche errore strategico da farsi perdonare. Quelli industriali sono da tempo sotto gli occhi di tutti: L’avventura in Endemol,la società di produzione del Grande Fratello, pagata 2,6 miliardi e poi venduta perdendo in sostanza quasi tutto l’investimento. Poi la telenovela di Mediaset Premium, nata per contrastare lo strapotere nella pay-tv di Sky e rimasta - malgrado tutte le previsioni - una voragine per i conti del gruppo (100 milioni persi nei primi sei mesi di quest’anno) oltre a diventare il Cavallo di Troia che ha regalato a Vivendi l’assist per la scalata.

 

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Qualcosina però ha da farsi perdonare pure Fininvest: a inizio 2015 la cassaforte dei Berlusconi aveva oltre il 41% di Mediaset, quota da cui oggi potrebbe controllare con grande facilità l’affondo transalpino. Ma per pagare i dividendi ai piani alti della famiglia ha poi collocato il 7,79% sul mercato scendendo al 33%, convinta che sarebbe bastato per scoraggiare scalate. Oggi i fatti dicono, purtroppo per Silvio, che non era così.