BPM UNA POLTRONA PER TRE BANCHIERI - STRADA PIÙ DIFFICILE PER ARPE, IN BILICO PONZELLINI. MA MOLTO DIPENDERÀ DA BANKITALIA - MUCCHETTI ATTACCA PESANTEMENTE “LE CLIENTELE DI PIAZZA MEDA” E, TRA LE RIGHE, SI CAPISCE CHE ALLA BPM AVREBBE GRADITO ARPE - DI SICURO HA RAGIONE QUANDO IRONIZZA SUL RICORSO DEI SINDACALISTI-AZIONISTI A VECCHI ARNESI BANCARI COME SALVATORI E CROFF IN VESTE DI FOGLIE DI FICO….

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1- BPM UNA POLTRONA PER TRE BANCHIERI - STRADA PIÙ DIFFICILE PER ARPE, IN BILICO PONZELLINI. MA MOLTO DIPENDERÀ DA BANKITALIA
Francesco Manacorda per "la Stampa"

L' Esule rischia di restare sull'uscio di piazza Meda; il camaleontico manager che passò indenne dalla prima alla seconda Repubblica pensa che sarà difficile sfangarla pure questa volta; il Re di denari del private equity si sente invece più vicino alla soglia della banca, con un investimento che potrebbe però non essere tra i più facili della sua carriera.

Tre protagonisti e tre destini incrociati per la saga Bpm che da mesi - mentre da New York ad Atene la tempesta finanziaria spazza i mercati - si snoda puntata dopo puntata come una telenovela di provincia in un palazzone degli Anni ‘30 al centro di Milano. Un palazzone dove i conti vanno male, tanto che la Banca d'Italia ha chiesto una ricapitalizzazione sostanziosa, ma dove non si muove foglia senza il benestare dei sindacati che rappresentano i 8.570 dipendenti-azionisti.

Ecco dunque che Matteo Arpe, per l'appunto l'Esule che nel 2007 fu costretto ad abbandonare Capitalia, schiacciato e scacciato dall'abbraccio di Cesare Geronzi con l'Unicredit di Alessandro Profumo, appare al momento svantaggiato nella corsa all'ingresso nella Bpm. Da Londra, dove quattro anni fa riparò per dar vita al fondo Sator con un manipolo di fedelissimi, Arpe ha tessuto in queste settimane le trattative con gli onnipresenti sindacati della banca, chiedendo mano libera sulla gestione in cambio di un investimento da 200 milioni di euro.

A loro ha raccontato proprio la «success story» di Capitalia, che sotto la sua guida decuplicò la quotazione in Borsa arrivando agli 8 euro. Per ora non pare essere bastato: un po' perché in quel tempio del consociativismo che è piazza Meda l'idea di affidare il bastone del comando a un solo manager suona blasfema, un po' forse perché la congiuntura astrale per i titoli bancari pare cambiata definitivamente. La stessa Banca Profilo, primo passo del ritorno in patria di Arpe, ha perso circa un terzo del suo valore di Borsa di inizio anno e - ha fatto notare il commentatore Alessandro Penati - nel primo semestre ha avuto una redditività peggiore di quella della Bpm.

In corsa contro Arpe, e adesso con un'attaccatura di vantaggio c'è proprio Bonomi. Qualche generazione di finanza milanese alle spalle, un solido presente alla guida di un private equity che spazia dalle moto Ducati ai trasporti della Eliario passando per le compravendite di Gardaland e Permasteelisa, il Re di Denari con la sua Investindustrial ha partecipazioni per circa 2 miliardi nell'Europa meridionale.

Ora, desideroso di mettere un piede nel settore del credito da cui tanti azionisti vorrebbero invece fuggire - sarebbe disposto a investire anch'egli in banca un importo compreso tra i 100 e i 200 milioni. Vuole spazio di manovra ma non necessariamente i galloni del comando. I sindacati ieri gli hanno aperto le porte.

Tra i due contendenti resta non per molto, assicura il tam tam di piazza Meda - Ponzellini. Gran mediatore, gran simpatico, grande teorico e pratico del potere applicato senza troppe ipocrisie, Ponzellini ha saputo muoversi benissimo con i sindacati finché le esigenze di dare nuovo patrimonio alla banca - chiedendo dunque anche ai dipendenti-azionisti di mettere mano al portafoglio - non hanno segnato la spaccatura. Se lascerà rischia di farlo con il marchio della lottizzazione politica sulla pelle.

Colpa di qualche comparsata di alto valore simbolico, come la «cena degli ossi» del 4 gennaio scorso, quando il banchiere raggiunge a Calalzo di Cadore Umberto Bossi e Giulio Tremonti, nonché di qualche dichiarazione dello stesso Bossi che rivendicava l'insediamento di Ponzellini in banca come opera sua. In maggio e con il governo già in crisi, il presidente della Bpm ha preso le distanze dalla politica proprio in assemblea: «Non ho mai votato Lega e non credo che la voterò».

Tre storie distinte di potere finanziario, tre mondi diversi, che s'intrecciano proprio in piazza Meda. Con conclusioni che è presto per definire scontate. Ancora ieri c'era chi ipotizzava un possibile asse Ponzellini-Arpe, che pure violerebbe molte leggi della fisica tradizionale, contro l'ingresso di Bonomi. E poi nella partita c'è anche un arbitro che si chiama Bankitalia. Dovrà decidere se con il passaggio di ieri la partita Bpm si avvia alla chiusura o se invece è il caso di fischiare qualche rigore.


2- LE CLIENTELE DI PIAZZA MEDA E L'ALTOLÀ DI ARPE...
Massimo Mucchetti per il "Corriere della Sera"

La Banca popolare di Milano va allo show down, mentre la Banca d'Italia riaccende il faro. La crisi non consente più di subìre il peso degli Amici della Bipiemme, un'associazione di dipendenti che, grazie al voto capitario, domina l'assemblea. Gli Amici fingono di volere la riforma e adottano la governance dualistica, ma poi pretendono di avere la maggioranza assoluta (11 membri su 19) del consiglio di sorveglianza e la totalità (5 su 5) del consiglio di gestione. Per rendere presentabile l'arrocco, cercano di coinvolgere vecchi banchieri come Salvatori e Croff, e manager come Razzano, che alla Piaggio non ebbe fortuna.

E tuttavia, le carte dei sindacalisti aziendali dicono che gli Amici intendono continuare a decidere le carriere interne, promuovendo soltanto i fedeli. Nonostante la condanna dei sindacati nazionali, la meritocrazia viene piegata al clientelismo correntizio di un centro di potere che agisce nell'ombra, senza assumersi nessuna responsabilità civile e penale. I patti di sindacato delle spa, criticati da giuristi quali Guido Rossi perché ledono l'autonomia degli amministratori, almeno rappresentano la maggioranza del capitale e non si occupano della bassa cucina.

E le cooperative vere hanno un ben più decente tasso di democrazia. Fino a quando i conti tornavano, la singolarità Bipiemme poteva essere tollerata. Ma oggi la banca fa acqua e per ridurre l'aumento di capitale conserva i Tremonti bond che sarebbe saggio rimborsare. D'altra parte, gli Amici si rivolgono al mercato promuovendo il manager che l'ha ferito con il convertendo. La prima reazione è quella di Matteo Arpe. Era pronto a investire 200 milioni e ora dice: «Finché non si rimuoveranno i condizionamenti di certi soggetti, mancano i presupposti razionali di un qualsiasi investimento». Non è un no per sempre, ma gli spazi per i compromessi sono esauriti.

 

MASSIMO PONZELLINI 5rf27 matteo arpeCROFFCarlo SalvatoriMassimo Mucchetti