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Francesco Grignetti per "la Stampa"
Sembrava una frase inoffensiva quella di Gianpaolo Tarantini, l'altra notte, uscendo dal carcere di Poggioreale dopo venticinque giorni di cella. «Voglio solo andare a casa e abbracciare le mie bambine». E invece tanto inoffensiva non era. Nel tetro piazzale davanti al carcere napoletano, Gianpi non ha fatto nemmeno un accenno alla moglie Nicla che pure non vedeva da un mese. Mai sentita in questi giorni, nemmeno al telefono per il divieto di colloquio che era stato imposto dal magistrato. Eppure Gianpi l'avrebbe incontrata di lì a qualche ora rientrando nell'appartamento di Roma dove la donna è stata ai domiciliari nell'ultimo mese.
Il fatto è che la lettura delle intercettazioni non è stata piacevole per nessuno a casa Tarantini. E se lui un anno fa si raccomandava ai magistrati che lo interrogavano perché, spiegava, «quando mia moglie scoprirà che andavo a letto con le sue migliori amiche mi lascerà », analizzando gli atti giudiziari ha scoperto che era stato ripagato con la stessa moneta. Anche la signora Tarantini si era data da fare. Nei mesi scorsi aveva infatti intrecciato una relazione clandestina con l'«amico» di famiglia Valter Lavitola. Relazione monitorata a ogni passo dagli investigatori.
Di qui la gran rabbia che è montata in Gianpi nelle ultime settimane. La speranza di una svolta giudiziaria si è accompagnata in lui con un rancore crescente per quel Lavitola che nonostante tutto se la godeva all'estero («conservando» per di più in banca il mezzo milione di euro che Berlusconi gli aveva destinato) mentre lui languiva nel carcere di Napoli. Così, quando alle cinque del mattino la macchina dell'avvocato Ivan Filippelli s'è fermata davanti al portone del palazzo di via Gramsci, a Roma, dove i Tarantini abitano da qualche tempo, l'avvocato s'è guardato bene dal salire in casa con il suo assistito.
Ha accampato la scusa della stanchezza. Ma in cuor suo ha pensato che fosse meglio che moglie e marito s'incontrassero senza terzi incomodi. Gianpi intanto era euforico per la scarcerazione, ma allo stesso tempo in gran tensione per il ritorno a casa. «Per quegli aspetti di gossip che ben conoscete...», si limita a dire il legale.
Che cosa si siano detti i coniugi Tarantini, non si sa. Ed è bene che un pizzico di privacy venga rispettata in questa vicenda che di rispetto per la privacy ne ha vista davvero poca. à un fatto che poche ore dopo Tarantini faceva il primo gesto da uomo libero: il fratello Claudio è andato a prenderlo a casa e i due hanno fatto colazione in un bar lì vicino, festeggiando la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli. Una breve passeggiata spavalda, circondato da giornalisti, a cui si è ben guardato dal rispondere.
à apparso ai cronisti che lo aspettavano in strada pulito e sbarbato, camicia bianca, jeans e maglione adagiato sulle spalle. Ha dato un pizzicotto alla guancia del portiere e via a passeggio sul marciapiede. Cornetto e cappuccino, qualche parola all'orecchio con Claudio, e poi subito di nuovo a casa. Alle 17 sarebbe uscito di nuovo e sempre a testa alta. Senza sfuggire allo sguardo delle telecamere, s'è diretto con passo volutamente lento verso la stazione dei taxi, per poi tornare a casa dopo poco.
Quasi contestualmente è uscita la moglie. Angela «Nicla» Devenuto è arrivata camminando a testa bassa. Indossava maglietta e pantaloni aderenti di color nero e aveva un taglio di capelli a caschetto. Era visibilmente dimagrita, nervosa, il volto nascosto dietro un paio di occhialoni scuri. Accompagnata da due amiche, giovani come lei, ha dapprima comprato un pacchetto di sigarette al tabaccaio del palazzo di fronte, poi s'è infilata a precipizio in un'auto parcheggiata di fronte di casa, una Ford Ka nera.
«Siamo sereni», ha sibilato ai giornalisti. E per dimostrarlo, per far vedere al mondo che s'è recuperata la tranquillità in famiglia, verso sera i due sono scesi, mano nella mano, a fare un giro in strada. Il carcere è alle spalle. Ma con la giustizia non è finita.
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